Il referendum del 1 ottobre ha spaccato in due lo stato spagnolo, inasprendo ulteriormente la divisione tra il popolo della Catalogna e il governo di Madrid, che è intervenuto con il pugno durissimo durante le votazioni. In quello stesso giorno, si disputava la sfida tra Barcellona e Las Palmas, vinta 3-0 dai blaugrana in un Camp Nou spettralmente deserto (la partita si è giocata a porte chiuse), costretti a giocare dalla Liga per non incappare in una sconfitta a tavolino ed in una penalizzazione di 6 punti, come ha dichiarato il presidente Bartomeu a fine match. Lo stesso club si è poi schierato a favore del popolo in strada, che affrontava la dura repressione della polizia spagnola, facendo comparire sul tabellone del Camp Nou la parola “democrácia” e scioperando come tutta la Catalogna il 3 ottobre. Ci ha pensato poi Gerard Piqué, in lacrime durante il post-partita, a ribadire che il popolo catalano vuole solo avere la possibilità di scegliere e di votare. Tralasciando i fatti di cronaca che lasciamo raccontare a chi di competenza, concentriamoci sull’aspetto puramente calcistico della questione: cosa accadrebbe con la nascita dello stato della Catalogna?
Facciamo un passo indietro a circa un mese fa, quando il presidente della Liga, Javier Tebas, intervenendo sulla questione dell’indipendenza dichiarò: “Se questo processo va avanti i club catalani non potranno giocare nella Liga“. Una chiara e netta chiusura da parte dei vertici del calcio spagnolo al Barcellona ed alle altre squadre catalane, che verrebbero immediatamente escluse dal campionato. Si andrebbe quindi a creare una prima e semplice questione, ovvero dove giocheranno Messi e compagni nella prossima stagione. Il ministro dello sport catalano, Gerard Figueras, ha proposto di emigrare verso la Serie A o la Premier League, portando ad esempio società come il Monaco e lo Swansea che limitano rispettivamente il Ligue 1 e Premier. Un eventuale spostamento sarebbe però decisamente anomalo rispetto ai casi sopracitati, visto e considerato che le due società militano storicamente in quei campionati dagli anni ’20, in più la UEFA ha già in passato rifiutato varie proposte di unire squadre di diversi stati in un singolo campionato (ad esempio, le squadre belga nel campionato olandese), come dovrebbe accadere in questo caso. La soluzione più facilmente percorribile sarebbe quella di istituire quindi un campionato catalano (che peraltro è già esistito dal 1901 al 1940, prima di essere proibito nella dittatura di Franco) con protagoniste le due squadre di Barcellona, ovvero i blaugrana e l’Espanyol, il Girona, il Gimnàstic de Tarragona e il Sabadell, la cui importanza sarebbe paragonabile a quella degli ultimi anni del campionato scozzese, con i Rangers fuori dalla SPL, ed il livello sarebbe infinitamente più basso sia per qualità delle avversarie che il Barcellona si troverebbe ad affrontate, che per il bacino di utenza del neonato campionato in termini di diritti tv. I blaugrana hanno infatti guadagnato 202 mln dai soli diritti tv della scorsa stagione, il 33% sul totale degli introiti, dati che verrebbero ridotti inevitabilmente in un campionato giocato da una sola squadra.
Il problema non sarebbe però solamente del Barcellona, poiché anche la stessa Liga perderebbe di prestigio (dal 2004 ad oggi, se escludiamo il miracolo Atletico nel 2013, è stato un dominio di Real e Barça) e di introiti derivanti dai diritti tv. La scorsa stagione, il Barcellona ha rappresentato l’11,7% della totale ripartizione dei diritti (149 mln) ma soprattutto, assieme al Real Madrid, rappresenta il 43% dei 2.8 miliardi di fatturato aggregato, per un totale di circa 600 mln di introiti. Cifre astronomiche che la Liga andrebbe a perdere in caso di indipendenza da parte della Catalogna, se la linea di Tebas rimane quella della esclusione. Ciò andrebbe paradossalmente ad intaccare anche le entrate degli acerrimi rivali del Real Madrid, che senza una degna rivale (non ce ne vogliano Atletico e Siviglia), vedrebbe inevitabilmente rosicchiata anche la sua fetta di diritti tv, per via della mancanza del Barcellona che terrebbe ovviamente in bilico il campionato fino alle ultime giornate. In più, con i blaugrana fuori, El Clasico smetterebbe di esistere, tagliando milioni e milioni di ricavi per le tre parti chiamate in causa, private di un match che lo scorso 23 aprile ha fatto registrare 1 milione e 600 di contatti nella sola Italia, quasi 650 milioni in tutto il mondo. Ultimo, ma non per importanza, l’addio di Lionel Messi dalla Liga comporterebbe un calo vistoso di sponsor e di introiti legati alla vendita di merchandising riguardante il numero 10, sia per la Liga che per lo stesso Barcellona, anche in caso di permanenza dell’asso argentino (che, va detto, la partita con il Las Palmas voleva giocarla) in maglia blaugrana, privando così il calcio spagnolo e mondiale dell’eterno scontro tra lui e Cristiano Ronaldo, che rappresenta anch’esso una fonte di guadagno per tutti.
Altro fattore da considerare con l’eventuale lega catalana è quello della Champions League. Nel caso in cui il campionato della Catalogna venisse riconosciuto dalla UEFA, si ritroverebbe ovviamente nel punto più basso del ranking, come è successo per il campionato del Kosovo, costringendo così il Barcellona ad iniziare il cammino nella massima competizione europea nel mese di giugno per diversi anni, dovendo recuperare parecchie posizioni nel ranking. Ciò comporterebbe non solo stagioni molto faticose che durano da fine giugno a maggio, ma anche un’enorme perdita di appeal per i blaugrana, che potrebbero quindi doversi privare dei suoi campioni, decisamente poco interessati a giocare contro società che non hanno mai visto nemmeno su FIFA ed in un campionato che non si disputa da 77 anni, e ritrovarsi ad essere una piccola squadra nell’enorme panorama del calcio europeo.
Doverosa parentesi extra-Barcellona riguarda anche la Nazionale spagnola. I catalani hanno da sempre rappresentato un’importante fetta della Spagna calcistica ed anche ora, i vari Iniesta, Piqué, Alba e Busquets sono l’ossatura della squadra che dal 2008 ha iniziato a dominare il calcio europeo e mondiale. L’indipendenza catalana porterebbe non pochi problemi alla rosa delle furie rosse (con Piqué che già si è detto pronto a fare un passo indietro) ed alla nascita della selezione catalana, che già ora si riunisce e disputa amichevoli non ufficiali. Una squadra che potrebbe annoverare tra le sue file, oltre ai 4 del Barcellona già citati, Deulofeu, Bartra, Bellerin, Thiago, Mariano Diaz, Fabregas e Keita Baldé (ovviamente con la rinuncia al Senegal) e con Pep Guardiola, dichiarato indipendentista, come allenatore.
Se lo scenario dovesse essere questo, con l’indipendenza e la lega catalana, dovremmo quindi aspettarci la fine del Barcellona nel calcio europeo, relegato in un campionato da dominare (anche con i soli prodotti della Masia) e da un ranking penalizzante in Europa, e l’ascesa della nazionale catalana, che grazie alla sua tradizione ed alla sua ossatura già buona potrebbe creare parecchi problemi. La situazione è però ancora bloccata: la Catalogna è pronta alla dichiarazione unilaterale di indipendenza ma difficilmente ci saranno sviluppi in tempi brevi, soprattutto riguardanti il mondo del calcio e la curiosità di capire se prevarrà l’aspetto economico di questo enorme circo che fattura quasi 3 miliardi l’anno, o l’orgoglio di nazionalisti e indipendentisti nel proseguire fino in fondo con la separazione, anche nel gioco del Calcio.
Andrea Esposito
fonte immagine in evidenza: nextquotidiano.it