Il 25 luglio scorso un gruppo di 218 parlamentari, provenienti da diversi schieramenti politici e guidati da Benedetto Della Vedova, il sottosegretario agli esteri, ex radicale che attualmente fa parte del Gruppo Misto, ha posto all’attenzione della Camera una proposta di legge sulla liberalizzazione della cannabis.

La discussione è incominciata nella mattinata del 25 luglio e ha creato crepe sia all’interno della maggioranza, dove ha trovato l’ostracismo degli alfaniani, che dell’opposizione.

Dopo la bocciatura della Fini-Giovanardi da parte della Corte Costituzionale nel 2014, la legge alla quale si fa riferimento per le droghe leggere è la Jervolino-Vassalli del 1990, che questa nuova proposta intende modificare.

Infatti la nuova proposta è volta alla legalizzazione del possesso di cannabis sia per scopi terapeutici che ricreativi. Se diventasse norma, i cittadini maggiorenni che intendono utilizzare cannabis con fini ludici potrebbero portarne 5 grammi fuori dal proprio domicilio e possederne 15 all’interno. Sarebbe sempre considerato illegale il piccolo spaccio, ma verrebbe depenalizzata la cessazione gratuita di una modica quantità a un maggiorenne.

Inoltre sarebbe possibile coltivare fino a 5 piante e usufruire del raccolto senza però poterlo vendere. Non servirebbe alcuna autorizzazione, ma bisognerebbe soltanto inviare una comunicazione all’Ufficio regionale dei Monopoli. La coltivazione sarebbe possibile in modo autonomo o associato, sul modello dei social club spagnoli, ma sempre con un massimo di 5 piante per membro e sempre senza poter vendere il raccolto.

Per quanto riguarda la vendita, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli autorizzerebbe i privati a vendere cannabis in locali specifici, come già avviene in Olanda.

La proposta prevede che una parte dei proventi annui della liberalizzazione, il 5%, sia da destinare ai progetti del Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga.

Secondo Walter Verini, deputato del PD, c’è il rischio di uno slittamento della discussione a settembre, infatti ha dichiarato:

«Oggi si comincia il dibattito senza ipocrisie ma poi l’esame si aggiornerà a settembre ed è lì che i partiti dovranno decidere l’approccio. […] Credo che non sia sbagliato che si faccia un dibattito aperto in Aula fin da oggi, dove emergerà la trasversalità delle posizioni all’interno dei partiti con opinioni opposte sul testo che non consente al momento di trovare alcuna sintesi. Ci sono 2.000 emendamenti presentati in gran parte da chi si oppone in modo radicale al ddl e questo ha costretto la commissione a dire: discutiamo in aula ma non c’è tempo per i pareri e rinviamo l’esame delle proposte di modifica a settembre. Secondo me man mano che il dibattito si svilupperà emergeranno chiaramente differenze che riguardano tutti i gruppi, compreso il nostro. E’ però plausibile che su alcuni aspetti della materia, tipo l’uso a fini terapeutici della cannabis, qualche passo avanti di sintesi possa esserci».

Anche all’interno della maggioranza ci sono posizioni contrarie alla liberalizzazione della cannabis, che difficilmente potranno aiutare la proposta a diventare legge. Un esempio chiaro è rappresentato dal ministro della salute Beatrice Lorenzin, che il giorno prima della discussione in aula scriveva così sulla sua pagina twitter: «Alcol e droga sono una piaga. Non diciamo solo no alla liberalizzazione della cannabis, diciamo no a tutte le dipendenze».

Appare dunque difficilissimo poter trovare una maggioranza per votare questa legge, ma non è matematicamente impossibile. Infatti se è vero che in questo caso non si può contare sui voti di NCD, lo è altrettanto che la proposta in causa  potrebbe essere gradita a SEL e M5S. Tuttavia quest’ipotesi prevede sia un’estrema compatezza del PD, sia che i 5 Stelle votino insieme al partito che per loro rappresenta uno dei maggiori referenti del potere precostituito. Insomma, l’ipotesi di una maggioranza trasversale formata da PD, M5S e SEL sembra quasi impossibile.

Ilaria Cozzolino

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