Napoli Carnevale
Fonte immagine di copertina: http://www.artemagazine.it/old/arte-classica-e-moderna/101337/vienna-e-cracovia-in-guerra-per-dipinto-di-bruegel/

Le origini delle tradizioni legate al Carnevale sono, a Napoli e in ogni altro luogo, intrise del proprio valore cristiano ma strettamente connesse all’antico substrato pagano greco-romano. Nello specifico si parla della venuta del solstizio invernale in onore di Saturno, dio dell’agricoltura, cerimonia che era vissuta con esaltazione, danze, maschere, abbandono o rovesciamento degli obblighi sociali e riti dionisiaci.

Il Carnevale a Napoli ha inizio il 17 gennaio, il giorno della festa di Sant’Antuono, e termina il Martedì Grasso giorno in cui, dopo una prima purificazione col fuoco e l’inizio della Quaresima, si può ricominciare a mangiare qualsivoglia prelibatezza.

La prima documentazione del Carnevale (col suo carattere prettamente cristiano) risale al XVI secolo ed era appannaggio solo dei ceti più alti che erano soliti organizzare ricchi balli in maschera che con il tempo assunsero sempre di più le sembianze di vere sfilate in cui a regnare era lo sfarzo e la vanità.

A questo periodo storico risale anche una delle più caratteristiche cerimonie carnascialesche partenopee. In linea con tutta la simbologia legata al passaggio del vecchio al nuovo, il voler esorcizzare la malattia, la morte e la precarietà e quel senso dell’orrido baroccheggiante tipico del popolo di Napoli, si ricorda la non convenzionale tradizione della Morte di Carnevale celebrato il martedì che precede l’inizio della Quaresima. Si tratta di una effettiva mise en scene teatralizzante, durante la quale tutti sono chiamati a partecipare fungendo da corteo funebre. Carnevale viene personificato da un fantoccio di paglia dagli abiti sgargianti donati dai cittadini, è sdraiato supino su di un carro trainato a mano da un uomo (o come seconda opzione da un asinello) e addobbato dai cibi più svariati, simbolo di abbondanza e di speranza per il futuro. La processione è accompagnata, come ogni funerale che si rispetti, da canti e lamenti per il defunto, ma coloro che la alimentano invece di piangere e di disperarsi sono solitamente intenti a mangiare o bere vino.

Il fantoccio Carnevale non è altro che il simbolo di tutte le negatività e delle sciagure e in tali vesti va condannato, come se si tenesse un reale processo giuridico a cui segue l’esecuzione della morte in pubblico. Carnevale in vita ha però anche goduto di tutte le bellezze terrene e di queste gioie è composto il suo testamento che lascia ai posteri cioè i cittadini di Napoli.

Nella zona amalfitana, la stessa tradizione è stata trasposta con delle modalità leggermente diverse. A morire non è Carnevale in persona, ma Tatillo (termine dialettale per “nonno”, “persona anziana”), un uomo volontario vestito in nero con bombetta e bastone, trasportato su un carro coperto da un lenzuolo e circondato da lasagne e salsicce. Segue la processione Quaresima, interpretata da un uomo grosso vestito da donna, rimasta vedova e incita che, in ricordo delle greche prefiche, si dimena e si strappa i capelli per la disperazione. Il popolo segue il carro per poi e giunti a destinazione, il feretro si trasforma in una tavola imbandita per cominciare l’ultimo pasto di Carnevale.

Alessia Sicuro

Alessia Sicuro
Classe '95, ha conseguito una laurea magistrale in filologia moderna presso l'Università di Napoli Federico II. Dal 2022 è una docente di lettere e con costanza cerca di trasmettere ai suoi alunni l'amore per la conoscenza e la bellezza che solo un animo curioso può riuscire a carpire. Contestualmente, la scrittura si rivela una costante che riesce a far tenere insieme tutti i pezzi di una vita in formazione.

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