Il consumo di suolo colpisce una risorsa limitata non rinnovabile che ci dimentichiamo di possedere. In Italia i dati presentati nel report del 2020 dell’SNPA, “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici”, avvisano che il consumo di suolo procede inesorabile con particolari preoccupazioni verso le zone urbane. Proposte di legge utili a regolamentare questo processo sono sul tavolo già da diverso tempo e hanno ricevuto recentemente un nuovo impulso con il Green Deal, il piano di transizione verso un’economia sostenibile portato avanti dalla nuova Commissione europea presieduta da Ursula von der Leyen.
Il suolo è una risorsa
Il suolo permette di spostarci, fornisce cibo e materie prime, ma è fondamentale anche nella regolazione del clima, per lo stoccaggio del carbonio dell’atmosfera e nella protezione da dissesti idrogeologici causati da piogge e alluvioni. È sul suolo, una risorsa fragile che deve essere tutelata, che si creano le condizioni ideali per la vita.
Stando agli ultimi dati SNPA, il consumo di suolo in Italia procedere ad un passo di 57,5 km2 l’anno (16 ettari al giorno). L’impermeabilizzazione del terreno dovuta a coperture artificiali è la principale, e più visibile, causa del degrado di questa risorsa che colpisce soprattutto le zone urbane sotto forma di strade, edifici e infrastrutture. Non solo minaccia la biodiversità, ma aumenta il rischio di alluvioni, causa la perdita di terreni coltivabili e di ecosistemi naturali e riduce la capacità di regolazione del clima.
Il consumo di suolo nelle zone urbane peggiora anche la vita di chi vi risiede. Nel rapporto dell’SNPA si legge, ad esempio, che la temperatura media diurna nei mesi estivi cambia a seconda della zona: «al livello nazionale le aree con elevata densità di suolo consumato hanno temperature superiori di oltre 6°C rispetto alle aree non cementificate». Una buona distribuzione di aree verdi potrebbe aiutare a mitigare le elevate temperature che si registrano nelle zone urbane.
Le percentuali del consumo di suolo
In Europa circa tre quarti della popolazione risiede all’interno di zone urbane che si stanno progressivamente allargando. Anche in tutte le regioni italiane le aree rurali si stanno lentamente trasformando in zone urbane e suburbane.
Secondo il report del 2020 dell’SNPA, il suolo consumato nel 2019 in Italia riguarda il 7,10% del territorio, un dato in continua crescita negli ultimi anni. Le regioni che hanno consumato più ettari di terreno nell’ultimo anno sono il Veneto (+785 ettari), la Lombardia (+642), la Puglia (+625), la Sicilia (+611) e l’Emilia-Romagna (+404). La Valle d’Aosta è invece la prima regione a consumo quasi zero, con un aumenti di “solo” 3 ettari.
Guardando alle province, Monza e Brianza sono quelle con la percentuale di consumo di suolo più ampia (circa il 41%), seguite da Napoli (34%) e Milano (32%). Inoltre, quasi un quinto di tutto il suolo artificiale realizzato in Italia nel 2019 è concentrato nelle quattordici città metropolitane: Roma è, in termini assoluti, la provincia con il maggior numero di ettari consumati al 2019 (69.686 ettari); al secondo posto Torino (58.570) e al terzo Milano (49.742).
Quale legge?
Porre un limite al consumo del suolo è un tema rilevante sia per l’Unione Europea che per le Nazioni Unite, che hanno incluso la tutela della suddetta risorsa nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. L’Italia, come altri Stati, è invitata ad agire per raggiungere alcuni obiettivi ben specifici dell’UE:
- Azzerare il consumo di suolo netto entro il 2050;
- Riconoscere il suolo come una risorsa essenziale del capitale naturale entro il 2020;
- Allineare il consumo di suolo alla crescita demografica reale entro il 2030;
- Fare sì che entro il 2030 il degrado del territorio non aumenti.
Prima del Green Deal della Commissione Von der Leyen c’erano già stati alcuni segnali da parte dell’Unione Europea atti alla protezione di questa risorsa. Nel 2006 l’UE aveva adottato la Strategia tematica per la protezione del suolo, focalizzata sulla prevenzione del degrado del suolo e sulla promozione di buone pratiche per la lotta all’impermeabilizzazione e ad altre forme di consumo, e seguita nel 2011 da una Tabella di marcia che inseriva la lotta al consumo di suolo nella Strategia 2020 dell’Europa e ha posto l’obiettivo di consumo zero di suolo entro il 2050, mentre nel 2014 venne approvato il Settimo Programma di Azione Ambientale, . Con il 2019 e il Green Deal, la strategia europea si è allargata comprendendo non solo la protezione e il ripristino del suolo, ma anche una strategia per la biodiversità e un piano di azione per l’inquinamento zero dell’aria, dell’acqua e dello stesso suolo.
L’Italia, secondo l’SNPA, è in una situazione particolarmente critica a causa della fragilità del nostro territorio. Gli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU sono stati messi su carta nella Strategia Nazionale dello Sviluppo Sostenibile (SNSvS) presentata dal Ministero dell’Ambiente nel 2017 e approvata dal Consiglio dei Ministri nello stesso anno. Nel marzo del 2018 sono state presentate al Senato due disegni di legge inerenti il consumo del suolo, il ddl n. 86 e il ddl n.164, proposti rispettivamente dal gruppo Misto e dal M5S, che ancora oggi sono in corso di esame. Sotto il Governo Conte-bis sono già state approvate alcune leggi a tema ambientale, come il decreto clima e il decreto Salvamare, ma è con il nuovo disegno di legge collegato ambientale 2020 (il primo era stato emanato con la legge n. 221 del 2015), non ancora approvato ufficialmente e che dovrebbe rientrare nella nuova Legge di Bilancio, che si prenderà una vera posizione sul consumo di suolo rispetto agli obiettivi europei e dell’ONU seguendo i principi della green economy e dello sviluppo sostenibile.
Carlotta Merlo