200 anni dopo il “Viaggio in Italia”, il ritorno di Goethe a Napoli

Era il 1816 quando Johann Wolfgang von Goethe pubblicava “Viaggio in Italia”. Sotto le parvenze di un libro, si delineava il profilo di un diario di viaggio, un resoconto di quei due anni trascorsi nella nostra penisola, attraversata da nord a sud, alla scoperta delle grandi città. Ed oggi, 200 anni dopo, per celebrare l’anniversario, il Polo museale della Campania e il Goethe-Institut pubblicano il volume “Goethe: i miei giorni a Napoli”, edito dalla libreria Dante&Descartes.

All’interno del libro, troviamo la selezione di alcuni brani del “Viaggio in Italia”: l’obiettivo, infatti, è quello di ripercorrere il viaggio di Goethe nella nostra Napoli, dove soggiornò per circa un mese, tra il febbraio e il marzo 1787, durante il regno di Ferdinando IV.  Alloggiò presso Palazzo Filangieri d’Arianello  e Palazzo Sessa.  Quest’ultimo, dal 2012, è diventato sede del Goethe Institut di Napoli.  A Napoli, Goethe visitò Pompei, Ercolano, Portici, Torre Annunziata, Caserta, Pozzuoli, Salerno, Paestum, rimanendo fortemente colpito da Cava de’Tirreni.  Per due volte, salì a guardare il Vesuvio in eruzione.

“Alla nostra sinistra avevamo sempre il Vesuvio col suo poderoso fumacchio, e io gioivo tra me di poter finalmente contemplare quello straordinario spettacolo con i miei occhi. […] Man mano che ci avvicinavamo a Napoli l’atmosfera si faceva sempre più pura; ormai ci trovavamo davvero in un’altra terra. La città stessa di Napoli si presenta piena d’allegria, di libertà, di vita; il re va a caccia, la regina è in attesa del lieto evento, e meglio di così non potrebbe andare. (25 febbraio 1787 – Arrivo di Goethe a Napoli)

Goethe dipinge magnificamente la nostra Napoli, con quel sentimentalismo tipico dei grandi autori nordici, ma non solo. Egli si rende capace di interpretare il carattere del popolo partenopeo, con la sua vivace spontaneità e il suo calore, se ne cala all’interno, si confonde con esso: “insomma, se si vive in mezzo al popolo non mancano mai occasioni originali di divertimento; la sua naturalezza è tale da rendere naturali anche noi. Subisce il fascino caotico di una città abituata da una massa confusa, d’indole felice, sorridente dinanzi ai mali effimeri, laboriosa, non certo per ambire a grandi ricchezze, ma per fuggire la povertà. Una città capace di cambiare irreversibilmente chi la visita e Goethe lo sapeva. Sapeva perchè suo padre dopo aver visto Napoli non era più capace di essere felice altrove, perché il suo pensiero lo riportava “alla terra feconda, al mare immenso, alle isole vaporose, al vulcano fumante”.

“Napoli è un paradiso dove ciascuno vive in una sorta d’ebbrezza obliosa. Così è per me; non so riconoscermi, mi par d’essere un altro. Ieri pensavo: <O eri matto prima, oppure lo sei adesso>. Se a Roma si studia volentieri, qui si desidera soltanto vivere. Ci si scorda di noi e del mondo, e l’aver rapporti solo con chi è dedito al godimento mi dà una curiosa sensazione. […]”

Nel libro “Goethe: i miei giorni a Napoli” troviamo anche un testo nel quale Giuseppe Montesano immagina un colloquio a quattr’occhi con Goethe, dal titolo “E dove potrei nascere se non qui?”. È possibile trovare inoltre, una mappa dei luoghi settecenteschi visitati dal letterato di Francoforte, “l’ultimo uomo universale a camminare sulla terra”. Che forse, aveva ragione: Napoli non si può spiegare, Napoli non si può capire. Napoli è la voglia di vivere, ma mai lontani da Lei. Aveva ragione Goethe, aveva ragione suo padre, avevano ragione i nostri conterranei…“Vedi Napoli e poi muori”.

Sonia Zeno

Quotidiano indipendente online di ispirazione ambientalista, femminista, non-violenta, antirazzista e antifascista.

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