Un semplice gesto, una corsa come tante altre verso l’area di rigore avversaria, alla ricerca di un sogno. Uno scatto come quello di Piermario Morosini il 14 aprile 2012, in quel Pescara – Livorno che diventerà la sua ultima partita. Dopo quello scatto, il 26enne si accasciò al suolo dopo uno scatto, colpito da una crisi cardiaca. L’ingresso per l’ambulanza ostruito da una vettura, il mancato utilizzo del defibrillatore ed una rara malattia non diagnosticata, la cardiomiopatia aritmogena, gli stroncarono la vita alle 16:45 di quello che doveva essere un pomeriggio di calcio.
Si parla troppo poco di prevenzione nel calcio, e spesso soltanto riguardo alla struttura fisica e muscolare degli atleti ma mai nello specifico di malattie che, con qualche semplice esame in più, potrebbero essere diagnosticate in tempo ed evitare tragedie che troppo spesso si sono consumate sui campi di gioco. Come quella di Antonio Puerta, deceduto il 28 agosto 2007, a soli 22 anni, dopo 3 giorni di lotta tra la vita e la morte, contro quella cardiomiopatia aritmogena mai scoperta ma che poteva essere diagnosticata in anticipo, come nel caso di Morosini ed in quello del 21enne Felice Natalino, nel 2013, operato d’urgenza dopo una crisi cardiaca proprio per la stessa malattia e per fortuna salvato dall’intervento dei medici. Tristemente noto anche il caso di Cheick Tioté, ex Newcastle deceduto il 5 giugno di quest’anno durante una sessione di recupero con la sua squadra, il Beijing Enterprises, a seguito di un arresto cardiaco.
La mancata presenza allo Stade de Gerlands di Lione di un defibrillatore ed una malattia congenita, la cardiomiopatia ipertrofica (molto diffusa in Africa), furono la causa della morte del centrocampista camerunense Marc-Vivien Foé, colpito da un attacco cardiaco al minuto 71 della semifinale della Confederations Cup del 2003 tra il suo Camerun e la Colombia, proprio in quel campo che lo aveva visto protagonista per due anni con la maglia dell’OL, prima di trasferirsi al Manchester City (che ha ritirato la maglia numero 23 in sua memoria). Un altro episodio purtroppo noto è quello dell’attaccante ungherese Miklós Fehér, attaccante del Benfica. Entrato a partita in corso contro il Vitória Guimarães, il 24enne si sentì male durante i minuti di recupero per via di una fibrillazione ventricolare causata, anche per lui, da una cardiomiopatia ipertrofica. Una statua ed il ritiro della maglia numero 29 commemorano la sua memoria.
Come Foé, un altro centrocampista camerunense (che per triste coincidenza, iniziò la carriera nello stesso club dell’ex Citizen, il Canon Yaoundé), Patrick Ekeng, è deceduto il 6 maggio 2016 in seguito ad un arresto cardiaco e ad una ambulanza che, secondo gli inquirenti, non possedeva i mezzi per soccorrerlo, poche ore prima di Bernardo Ribeiro, deceduto meno di 24 ore dopo sempre in seguito ad un arresto cardiaco. Ultimo triste caso, in ordine di tempo, è quello del 17enne Joel Lobanzo, deceduto il 31 ottobre di quest’anno durante un allenamento con il Rotal Antwerp a causa di un arresto cardiaco.
Non è solo il cuore a stroncare queste vite, ma anche la negligenza delle squadre che spesso ignorano i segnali lanciati dagli atleti, come nel caso di Andrea Fortunato, per mesi accusato di essere un malato immaginario dai giornali e che, solo dopo diverso tempo venne sottoposto ad analisi approfondite che rivelarono la presenza di una leucemia linfoide, malattia che gli stroncò la vita il 25 aprile 1995, all’età di 23 anni. Altro killer silenzioso nel mondo del calcio è il morbo di Lou Gehrig, noto soprattutto come sclerosi laterale amiotrofica, che ha colpito molti ex calciatori come Stefano Borgonovo e Gianluca Signorini, ma anche atleti ancora in attività come Lauro Minghelli, deceduto all’età di 31 anni.
Atleti spremuti all’inverosimile, come Gabriel Batistuta, che oggi fa fatica anche a camminare, le cui vite vengono spezzate giovanissime dalla semplice mancanza di esami più approfonditi da parte delle società, nonostante gli enormi mezzi a disposizione e tutti i tristi esempi che circondano il mondo del calcio, che purtroppo continuano a non fare da monito e di cui rimangono solo le lacrime versate ed il ricordo di quelle corse alla ricerca del pallone, che si trasformano nell’ultimo gesto di una vita.
Andrea Esposito