coronavirus e austerità
Fonte: Wired

Che il COVID-19, meglio conosciuto come Coronavirus, fosse una delle questioni più sensibili agli occhi dell’opinione pubblica lo si è capito già dagli albori del fenomeno, da quando Wuhan sembrava essere diventata una qualsiasi città degna di scenari post-apocalittici alla The Walking Dead o Resident Evil. Con la diffusione del contagio, che ha portato l’Italia ad essere il secondo Paese per numero di contagi dopo la Cina, la preoccupazione iniziale si è trasformata in una vera e propria psicosi collettiva originata da allarmismi vari e fake news di ogni tipo che si è tradotta in vere e proprie quarantene volontarie indotte, acquisti massicci di mascherine e corsa ai rifornimenti di cibo, quasi ci fosse un embargo economico. Inoltre, l’incapacità degli Stati membri dell’UE di elaborare una posizione comune per affrontare la questione COVID-19 non ha fatto altro che intensificare le tensioni tra gli Stati e mettere in evidenza tutte le contraddizioni delle politiche di austerità portate avanti negli anni: mentre alcuni Paesi cercavano di limitare l’ingresso dei voli diretti dalla Cina, l’area Schengen non solo è rimasta aperta, ma i controlli effettuati sugli arrivi sono risultati inefficaci e insufficienti.

Qual è la reale portata del fenomeno?

Per avere un quadro più chiaro della situazione, abbiamo analizzato i dati forniti dal China CDC Weekly, piattaforma cinese creata per tenere costantemente sotto controllo i dati derivanti dai casi di contagio da Coronavirus, che ha studiato nel tutti i 72.314 casi di COVID-19 segnalati fino all’11 febbraio. 

Tra i 72.314 casi segnalati fino a quella data in Cina, 44.672 (61,8%) sono stati confermati, 16.186 casi (22,4%) sono sospetti, 10.567 casi (14,6%) sono stati diagnosticati clinicamente e 889 casi (1,2%) erano asintomatici.

I 44.672 casi si distribuiscono in tal modo:

coronavirus

È facilmente osservabile che il virus si manifesta con più efficacia nel caso di persone anziane o che hanno già problemi di salute come nel caso di malattie cardiovascolari. Se questa può sembrare una cosa scontata, non lo è sicuramente il prossimo grafico che andiamo a mostrarvi.

COVID-19

In questo caso viene descritta quella che è l’evoluzione dei contagi in Cina: mentre questi sono andati quasi sempre crescendo in maniera più o meno lineare fino all’inizio di febbraio, si noti che nell’ultimo mese i casi di nuovi contagi diminuiscono a vista d’occhio.

Eppure la tendenza in Italia sembra andare in tutt’altra direzione, mentre l’8 marzo in Cina è stata la giornata dell’ottimismo in cui non si sono registrati nuovi contagi in ben 24 regioni, in Italia questi continuano ad aumentare vertiginosamente: è evidente che, a differenza della Cina, l’austerità economica non ci permette di affrontare la questione come si dovrebbe.

Superare Maastricht per affrontare il COVID-19

Ciò che sta emergendo in questi giorni è che il vero problema sollevato dal Coronavirus non è il virus in sé, ma gli strumenti inadeguati che abbiamo a disposizione per contrastarlo. Mentre a Wuhan, in seguito all’aumento dei contagi, è stato costruito un maxi-ospedale in dieci giorni, in Italia l’aggravarsi della portata del fenomeno potrebbe portare una situazione di caos generale sia a livello logistico che organizzativo. Carenza di infrastrutture, personale sempre meno numeroso e contratti lavorativi precari sono le condizioni entro le quali la sanità pubblica è costretta a operare per affrontare l’emergenza COVID-19; contesto che si aggrava drammaticamente nelle zone del sud Italia. In questo contesto non si può non tenere in considerazione le politiche economiche scellerate portate avanti dall’Unione Europea che, con l’adozione del Trattato di Maastricht nel 1992, ha deciso di sposare a tutti gli effetti la causa neoliberista introducendo forti vincoli all’autonomia degli Stati in materia di bilancio: 30 anni di austerità e di tagli alla sanità per rientrare nei parametri del Fiscal Compact e più in particolare del pareggio di bilancio potrebbero risultare fatali se il contagio dovesse intensificarsi.

Ciononostante, è proprio l’UE che in questi frenetici giorni sta aprendo alla possibilità di ricorrere a investimenti in deficit in maniera del tutto straordinaria per fronteggiare il Coronavirus, contraddicendo in toto il paradigma economico di riferimento. Sulla stessa lunghezza d’onda sembra esserci anche il Governo italiano: il ministro Gualtieri ha annunciato che l’Italia potrebbe sforare i vincoli di bilancio – e quindi rifiutare le dinamiche di austerità imposta – per fronteggiare l’emergenza. Che la spesa in deficit sia allora qualcosa a cui si può ricorrere nei momenti di emergenza? E allora perché questa ipotesi viene considerata un tabù quando si parla di lavoro, disoccupazione, povertà e crisi aziendali? La risposta è che ci troviamo difronte a una mera questione di interessi: la tutela di un investitore che vede il proprio capitale messo a rischio dall’incertezza dei mercati causata dal Coronavirus è, sia per l’UE che per il nostro Governo, molto più importante della questione del precariato, delle disuguaglianze sociali, dei salari mortificanti che non permettono alle persone nemmeno di uscire dalla soglia di povertà.

Diviene dunque fondamentale sottolineare che tutti i problemi che la collettività si ritrova a dover affrontare, Coronavirus compreso, vengono affrontati sempre e solo dal settore pubblico ed è proprio per questo motivo che bisogna superare l’ideologia economica suicida derivante da Maastricht per poter aspirare a servizi efficienti e di qualità. Col COVID-19 la morte è un’ipotesi possibile – fortunatamente piuttosto remota – con l’austerità è una certezza. Ricordiamolo.

Nicolò Di Luccio

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