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Ci meritiamo davvero Marek Hamsik?

“Why always me?” recitava la maglietta di Mario Balotelli, dopo il gol nel derby contro il Manchester United, in merito all’accanimento che tifosi e giornalisti avevano nei suoi confronti. “Why always me?” si sarà chiesto anche Marek Hamsik, dopo l’ennesimo attacco gratuito che la Napoli calcistica gli ha riservato, dopo il crollo di Udine. Le accuse sono, ancora una volta, quelle che abbiamo sentito per anni: senza carattere, senza leadership, inadatto ad essere il Capitano di questa squadra. La questione però non è se Hamsik abbia i difetti che gli imputano, ma un’altra: ci meritiamo davvero un giocatore come lui?

In un’epoca storica, in cui i soldi vengono prima di qualunque altra cosa, Hamsik non ha mai chiesto di essere ceduto, nemmeno sotto la sciagurata (a livello personale) gestione Benitez, che ci aveva fatto dimenticare che giocatore fantastico fosse lo slovacco, costretto a giocare spalle alla porta e solo per 60/65 minuti, indipendentemente da come stesse andando la partita. Nemmeno quando il Milan lo cercava con insistenza, nel lontano 2011, ed il suo agente, Mino Raiola, lo spingeva ad accettare. Nemmeno quando, quest’estate, la Juventus voleva portarlo in bianconero, con Champions League ed un ruolo da protagonista garantito. Hamsik è sempre rimasto con noi, in silenzio ed umiltà, com’è nel suo stile. Non ha mai cercato aumenti di stipendio vertiginosi, non ha mai voluto cambiare aria, non ha mai criticato apertamente un allenatore che è stato, purtroppo, la sua rovina per due lunghissimi anni. È fatto così, non ha bisogno di reazioni esagitate per imporsi, lascia parlare il campo.

Ed il campo racconta di 396 presenze in tutte le competizioni (primo tra gli stranieri, terzo in totale), con 97 gol (quinto di sempre) ed 89 assist, che lo rendono il miglior centrocampista, numeri alla mano, che il Napoli abbia mai avuto, disposto a scendere in campo anche non in perfette condizioni (come nella trasferta di Palermo, o in un Juventus-Napoli della gestione Mazzarri). Nonostante ciò è continuamente in discussione, perché non urla con gli arbitri, perché non segna, perché nel brutto episodio della rissa ad Udine, non è andato a sbraitare oppure a fermare la furia di Gonzalo Higuain, bensì è andato a discutere con Irrati, sempre con l’innata educazione che lo ha contraddistinto in tutti questi anni in azzurro. È davvero questo ciò che serve per essere un Capitano?

Hamsik è sempre il primo ad assumersi le sue responsabilità, a mettere il bene della squadra prima di ogni cosa, il primo sul banco degli imputati, quando le cose vanno male. Così risulta tristemente normale leggere “Hamsik non è buono manco per fare la mozzarella”, “lo dobbiamo vendere, ha scocciato” oppure “la fascia deve averla Reina o Higuain, Hamsik non ha le palle” ogni volta che questa squadra cala con le prestazioni. Eppure quando la squadra va male in campo è nel suo Capitano che cerca aiuto, per far girare palla o per osare un passaggio che altri non farebbero in quel momento, perché lui è disposto anche a sbagliare, per il bene di questa squadra, senza prendersela con i compagni per una mancata chiusura in difesa o un passaggio in ritardo in attacco.

Hamsik è un leader silenzioso, che applaude i compagni e che si sacrifica per loro, non ha bisogno di spintonare, aggredire l’arbitro o agitarsi con veemenza per essere il Capitano del Napoli. È un incondizionato amore lungo 9 stagioni per questa maglia, unito all’affidamento che gli altri fanno su di lui, a renderlo tale. Noi non ci meritiamo Marek Hamsik, perché non sappiamo apprezzarlo per quello che è: un campione.

Andrea Esposito

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