A cosa porterà la COP26? A otto mesi dalla ventiseiesima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici la domanda è più che lecita. Il fallimento della precedente COP25 di Madrid ha insegnato che l’insuccesso è dietro l’angolo, in agguato, pronto a rendere vano un intero anno di intense preparazioni, di dettagliate ricerche scientifiche, di combattute riunioni politiche, di verdi speranze. Il successo della Conferenza di Glasgow non è quindi affatto scontato, anzi. Lo denuncia la scienza, lo urlarlo le tante associazioni ambientaliste.
Neutralità climatica, diesel verde, carbone pulito, idrogeno blu, nucleare: il greenwashing è lo strumento con cui molti Governi stanno cercando di ritagliarsi il loro spazio in un mondo che corre verso il futuro e che necessita di cambiamenti ecologici radicali. Il greenwashing è il mezzo che renderà inconsistente ogni buon proposito per un futuro sostenibile. Per questi motivi alla COP26 di Glasgow sarà fondamentale mettere un freno all’ecologismo di facciata.
Neutralità climatica: un inno al greenwashing
La COP26 rappresenta l’evento clou nell’ambito della politica ambientalista. Dall’1 al 12 novembre più di 30.000 delegati provenienti dal tutto il mondo si riuniranno a Glasgow, nel Regno Unito, per stilare un piano d’azione volto a contrastare in maniera efficace i cambiamenti climatici. Nella “Piccola Valle Verde”, quarta città al mondo per sostenibilità turistica, i decisori politici avranno la possibilità e, allo stesso tempo, il dovere di concordare un programma fattivo contro la crisi climatica e libero da ogni tipo di demagogia ecologista. Il perpetrarsi di scelte scellerate nascoste dietro ipocrite dichiarazioni abbellite da termini ambientalisti potrebbero segnare non solo il fallimento della ventiseiesima Conferenza delle Parti, ma la débâcle di un’intera classe politica, il definitivo scacco matto alle future generazioni. In altre parole lo stop al greenwashing dovrà essere il primo obiettivo della COP26.
Se la speranza di un cambiamento radicale nelle politiche per la transizione ecologica è e dovrà essere l’ultima a morire, le proposte ecologiche dei vari Paesi chiamati a partecipare alla COP26 non sono di buon auspicio. Un esempio su tutti la ormai famosa neutralità climatica, termine che indica il processo di quantificazione, riduzione e compensazione delle emissioni inquinanti di CO2, che, secondo un articolo pubblicato su Nature, potrebbe essere considerata l’inno all’ecologismo di facciata.
Per Claudia Kemfert, esperta di economia nei settori di ricerca energetica e protezione ambientale, «La neutralità climatica, in cui le emissioni sono compensate da altre misure, ha portato a ossimori come “diesel pulito” e “carbone pulito”. Tutto ciò viene utilizzato come “greenwashing” per politiche dannose per l’ambiente». È stato dimostrato scientificamente che pratiche quali il CCS (cattura e stoccaggio delle emissioni di CO2) o come la produzione di idrogeno blu comportano un significativo aumento dell’uso già smodato di combustibili fossili. Anche l’utilizzo dei sempre più sponsorizzati biocarburanti si traduce in un maggior inquinamento atmosferico.
E a chi, come il ministro Roberto Cingolani, vorrebbe guardare al futuro con soluzioni del passato quali un massiccio ritorno al nucleare, il direttore del Programma Atmosfera/Energia e Professore di Ingegneria Civile e Ambientale presso la Stanford University Mark Z. Jacobson risponde che «La mediocrità è il nemico della soluzione». Secondo Jacobson infatti «La nuova energia nucleare non ha possibilità di aiutare a risolvere i problemi urgenti di clima, inquinamento e sicurezza energetica. Le nuove centrali nucleari impiegano dai 10 ai 19 anni tra la pianificazione e il funzionamento. […] Con un tempo nucleare medio di 15 anni, non un singolo nuovo reattore pianificato oggi potrebbe essere costruito entro il 2030, anno in cui l’80% di tutte le emissioni dovrebbero essere interrotte».
Queste soluzioni, rientranti nelle politiche di neutralità climatica, termine che mette d’accordo decisori politici e lobby petrolifere, sono l’emblema dell’ecologismo di facciata, piani per nulla ecologici che non assolveranno affatto ai compiti dettati dall’Accordo di Parigi. Il greenwashing è il nemico pubblico numero uno della tutela ambientale. Il successo della COP26 di Glasgow passerà anche dalle soluzioni utili a limitare ed eliminare definitivamente questa dilagante, triste strategia politica.
Marco Pisano