Era il 12 ottobre del 1896 quando le Muse, discese in terra ligure, scelsero di infondere la propria finezza creativa nello spirito nascente di colui che avrebbe tracciato un segno indelebile tra le pagine del Novecento poetico italiano: proprio oggi, infatti, nasceva il genio imperituro di Eugenio Montale, incarnazione dell’ancora di salvezza della lirica tra le acque impietose del male di vivere.Eugenio Montale

Protagonista indiscusso del secolo scorso e vincitore del Premio Nobel per la Letteratura, Eugenio Montale dimostra fin dagli esordi una sensibilità intellettuale poliedrica, capace di muoversi tra spinte letterarie contrastanti che, dopo esser state affinate in modo originale, s’immergono rinate in un sistema di pensiero coerente ed elegante che contempla i valori dell’intelligenza e della cultura contro il processo irrisorio di massificazione sociale installatosi tempo addietro. L’essere profondo e poeticamente aristocratico di Montale si sprigiona già nella raccolta Ossi di seppia che ,pubblicata nel 1925, inaugura la lunga carriera dell’autore ligure,lasciando intravedere il futuro intenso che lo attende.

Permeata dalla condanna della società e dal rifiuto dell’uomo in quanto essere sociale, la raccolta rivela con quanto vigore l’eredità leopardiana abbia scosso l’universo riflessivo del poeta che torna ad evidenziare la frattura insanabile tra l’uomo stesso e la natura, essendo esso,al pari degli ossi di seppia, un inutile relitto sbattuto dal mare sulla spiaggia desolata del mondo.

“Ma l’illusione manca e ci riporta il tempo
nelle città rumorose dove l’azzurro si mostra
soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.” (Da ‘I limoni’)

È poi in ‘Le occasioni’ che Eugenio Montale avverte nuovamente un sussulto di speranza, confidando nella concretizzazione di attimi fatali, giunti a rivelare una realtà differente da quella scorta quotidianamente. Montale, sulla ben visibile scia dantesca , invoca la religione cristiana calandola però, in un contesto laico e letterario dal quale egli lancia messaggi spesso oscuri ed indecifrabili. E proprio in questo stesso contesto fa la sua prima apparizione Clizia, la donna angelo portatrice di Valore e di Salvezza, presente anche in ‘La Bufera e altro’, collezione poetica successiva nella quale Montale,  segnato ormai dall’esperienza giornalistica e dai fatti storico-politici non sempre felici, decide di mettere in versi la guerra che unita ad altre dolorose problematiche sociali, determina l’allontanamento della stessa Clizia in una sorta di oltrecielo nel quale si rifugia pure la poesia, non essendoci più posto nemmeno per essa nel fango della vita.

Arrivano allora gli anni del silenzio poetico: dal 1956 al 1966, Eugenio Montale smette di scrivere,convinto del tragico destino di morte riservato alla lirica.

Dovranno, dunque passare dieci anni prima che il poeta possa ritornare sui propri passi: l’evento che scuoterà emotivamente il Montale sarà la morte della moglie Drusilla Tanzi, meglio nota come Mosca,soprannome col quale viene evocata e ricordata nel quarto libro montaliano ‘Satura’; nonostante sia portatore di una fredda ventata prosastica nell’universo lirico dell’autore, il volume s’impregna delle sfumature affettive più cariche forgiando così i versi più belli e toccanti di Eugenio Montale:

“Oggi è sciopero generale.
Nella strada non passa nessuno.
Solo una radiolina dall’altra parte del muro.
Da qualche giorno deve abitarci qualcuno.
Mi chiedo che ne sarà della produzione.
La primavera tarda alquando a prodursi.
Hanno spento in anticipo il termosifone.
Si sono accorti ch’è inutile il servizio postale.
Non è un gran male il ritardo delle funzioni normali.
E’ d’obbligo che qualche ingranaggio non ingrani.
Anche i morti si son messi in agitazione.
Anch’essi fanno parte del silenzio totale.
Tu stai sotto una lapide. Risvegliarti non vale
perché sei sempre desta. Anche oggi ch’è sonno
universale.” (Nel Silenzio)

In una società meccanicizzata andata in tilt, la solitudine dell’autore diventa motivo di riflessione e di viaggio nelle vie del cuore,quelle invase dal ricordo sempiterno di Mosca, costantemente ‘desta’ nel mezzo dell’immobilità della compagine esterna spiritualmente morta. E insieme all’amata Eugenio Montale, nonostante la massificazione circostante, continua a scrivere rianimando la lirica dall’interno e affidando ai posteri un bagaglio di versi taglienti e pieni di significato. La poesia resta così, un veicolo di comunicazione fondamentale tra gli esseri umani: soltanto coloro che sapranno coglierla, potranno salvarsi dall’oblio della spersonalizzazione e dall’azione erosiva del tempo.

Fonte immagini: Google

Anna Gilda Scafaro

 

Anna Gilda Scafaro
Laureata in Filologia Moderna presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, sogno da sempre di tramutare la mia passione per la Letteratura in un mestiere. Mi emozionano la poesia, gli affreschi e le tinte rosate del tramonto. La scrittura è il mio rifugio, il mezzo con il quale esprimo liberamente la mia essenza e la visione che ho del mondo. Attualmente coordino la sezione Cultura di Libero Pensiero News.

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