Un viaggio tra verità e sogno, un percorso formativo che si risolve nella lotta contro il mondo e soprattutto contro se stessi. Jackie Morse Kessler con il romanzo ”Angeli dell’Apocalisse, tra il bene e il male” scrive di disagi, incomprensione e incomunicabilità, del desiderio di controllare ogni cosa, di proiettare l’inadeguatezza che una persona può avvertire all’interno del proprio contesto sociale sul proprio corpo e sul proprio essere.
Lisabeth ha diciassette anni e si odia. Il suo è un odio viscerale, vorrebbe vedersi diversa, cambiare anche se non ha idea di come si faccia, vorrebbe essere felice e godersi la sua giovane età. Apparentemente la sua vita è normale, ma la sua anima cova un forte malessere che la porta all’isolamento e al desiderio di autocontrollo.
Quando le certezze vacillano e la vita sembra scorrere via rapida dalle tue mani, lasciandoti indietro, non si può far altro che cercare un’unica certezza, un modo per sentirsi vivi e paradossalmente sembra che il cervello umano riesca a creare questa condizione con il cedere ai vizi e alle ossessioni più disparate. Il controllo del corpo dà questa sensazione di rilassamento e di tranquillità, dà regole da seguire, costruisce una routine che seppur non sana crea dipendenza e sicurezza. Kessler ci racconta tra le righe come smettere di mangiare diventa la cosa più semplice del mondo, un andare contro i propri bisogni, sentirsi forti perché si sopravvive con il nulla, rifiutare la compagnia degli altri e i classici riti dello stare insieme a tavola. I dettami della sana alimentazione si conoscono e vengono consapevolmente ignorati perché qualcosa nella testa si attiva e quelle calorie contate per una dieta sana ed equilibrate sembrano d’un tratto inammissibili.
Kessler prende questa tematica, comprende la sua grandezza e la veste di fantasia e di mito. Così Lisabeth viene sorpresa da un giovane dall’aspetto tenebroso e sfuggente, pronto a portarla via dalla sua realtà e a catapultarla in un’avventura che le farà tirare fuori il coraggio. Questo ragazzo è la Morte, a capo degli Angeli dell’Apocalisse e sta offrendo a Lisabeth di far parte della sua squadra, come personificazione di Carestia. La ragazza abbandonerà suo padre, i suoi amici e il suo ragazzo, tutte quelle persone che non hanno saputo capirla, che non vedevano la spirale che la stava risucchiando. Ora, con una bilancia e un destriero nero, Lisabeth si sente libera, ha un’importante compito e vuole portarlo a termine, marciando su territori devastati dalla fame e dalla miseria e su altri in cui a regnare è l’opulenza.
Inizia così un’importante parallelismo tra la carestia sentimentale e alimentare, di un’anima che si porta all’autodistruzione, e la devastazione che fa inginocchiare interi popoli, tra le piaghe della fame, finché Lisabeth non riuscirà a vedere il mondo con occhi nuovi, a riconoscere i demoni della sua vita e a scegliere da che parte stare, tra la vita e la morte.
Kessler riesce a trattare di disturbi dell’alimentazione con molta semplicità e a spiegare, seppur tramite metafore, quello che c’è dietro la rinuncia di una sana alimentazione, lo spezzettare una patatina fritta in mille pezzettini per poi rinunciarci per dell’insalata. Si tratta di un disagio che si nasconde dietro una scelta netta indotta dalla non accettazione di se stessi, del tutto differente dal solito cliché sociale di semplice diete troppo drastiche, capricci per essere più belle o per attirare l’attenzione degli altri.
Anche la migliore amica di Lisabeth, Tammy, soffre di disturbi dell’alimentazione. In una mentalità ossassionata dal cibo e che fa ruotare ogni scelta ed azioni intorno ad esso, Tammy diventa un modello da invidiare, perché lei è capace di mangiare qualsiasi cosa, lei è bulimica. «Trasudava una sicurezza, una sorta di potere, che Lisa non avrebbe mai avuto, come col cibo, perché Lisa non riusciva a farsi salire niente».
Due facce della stessa medaglia, due realtà che si incontrano nella loro diversità e che cercano di far da portavoce di un problema che attanaglia milioni di persone, ma che invece di essere urlato viene nascosto e camuffato.
La denuncia di Kessler si lega ad un tipo di letteratura che ha visto spiccare personalità come la giornalista Susanna Kaysen, autrice di “La ragazza interrotta” (da cui è stato tratto l’omonimo film), Laurie Halse Anderson che ha commosso con il suo romanzo “Wintergirls”, Margaret Mazzantini che con “Nessuno si salva da solo” crea un forte connubio tra l’anoressia sentimentale e quella alimentare.
Tante voci che fanno capolino per cercare di spiegare chi in modo diretto, chi in modo più velato, quei meccanismi irrazionali che modificano ogni tipo di percezione di chi li prova. Si tratta quindi di problemi radicati e profondi, raccontati tramite voci diverse e provenienti da altrettante varie situazioni. Si viene a formare in questa rete di romanzi una ricostruzione di piccole realtà di cui l’alimentazione diventa solo uno, seppur il più vistoso, tra i tanti sintomi di declino. Per tale risoluzione (quindi l’accostamento del non mangiare a semplice sintomo di un malessere) e per nuove ricerche mediche entrate in campo che vedono i disturbi dell’alimentazione essere più presenti in soggetti passivi di dismorfofobia e di un cattivo funzionamento di un’area cerebrale chiamata “insula” atta al controllo dell’ansia, si pensa che un’importante educazione alimentare nelle scuole e da parte dei propri genitori sia particolarmente importante per l’approccio e il legame che un bambino può assumere con il cibo, ma non è indicativo per la prevenzione totale del problema.
Alessia Sicuro