Da qualche mese le donne del Texas stanno vivendo una vera e propria odissea circa il loro diritto all’aborto. Lo scorso maggio, infatti, il governatore Repubblicano del Texas Greg Abbott ha firmato la Senate Bill 8, la nuova legge restrittiva che mina il diritto all’aborto delle donne che risiedono nello Stato, entrata effettivamente in vigore lo scorso settembre. Tale legge vieta alle donne di ricorrere all’aborto dopo la sesta settimana di gravidanza, quando molte di loro non sanno nemmeno di essere incinte; non permette di ricorrervi in caso di stupro e incesto e incentiva chiunque a denunciare medici, infermieri e tutti coloro che possono offrire una mano alle donne ad abortire. La Senate Bill 8 del Texas ha sollevato numerose polemiche e proteste ed ha fatto sorgere numerosi dubbi circa la sua costituzionalità.
Mercoledì 6 ottobre il giudice federale Robert Pitman, nominato anni fa da Barack Obama, ha temporaneamente bloccato la legge del Texas contro l’aborto, affermando che “Dal momento in cui il Senate Bill 8 è entrato in vigore, alle donne è stato illegalmente impedito di esercitare il controllo sulla propria vita in modi protetti dalla costituzione” e “Che altri tribunali possano trovare un modo per evitare questa conclusione, sta a loro decidere; questa corte non sancirà un altro giorno di questa offensiva privazione di un diritto così importante”.
Sul diritto all’aborto delle donne del Texas si sta giocando una vera e propria battaglia politica tra Democratici e Repubblicani. La temporanea sospensione della legge contro l’aborto in Texas è frutto della battaglia intentata dall’amministrazione Biden contro il governo Repubblicano del Texas e contro tutti gli altri Stati conservatori che potrebbero decidere di seguire il modello texano. Mercoledì sera, appena dopo la sospensione della Senate Bill 8, è subito intervenuta la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki, dichiarando che “La sentenza di stasera è un importante passo avanti verso il ripristino dei diritti costituzionali delle donne in tutto lo stato del Texas. La lotta è appena iniziata, sia in Texas che in molti stati di questo Paese dove i diritti delle donne sono attualmente sotto attacco.”
Ma la sospensione della legge antiaborto texana è durata solo un giorno. Le restrizioni al diritto all’aborto, in Texas come in altri Stati, fa parte di una più ampia strategia messa in atto dai repubblicani al fine di spingere per ottenere severe limitazioni di tale diritto anche a livello nazionale. La risposta del governo Repubblicano del Texas non si è fatta attendere e così il procuratore generale Ken Paxton ha fatto appello alla Corte federale di New Orleans, una delle più conservatrici degli Stati Uniti, che ha stabilito il ripristino temporaneo della Senate Bill 8. Nella stessa serata Paxton ha twittato la “grande notizia” e che avrebbe combattuto “gli eccessi del governo federale in ogni momento”.
Sicuramente la battaglia tra Democratici e Repubblicani non finirà qui: è molto probabile che il governo federale si rivolga alla Corte Suprema degli Stati Uniti, la stessa che nel 1973 rese legale l’aborto in tutto il Paese con la storica sentenza Roe v. Wade. Di fatto, però, non esiste negli Usa una legge che disciplini in modo chiaro ed univoco il diritto all’aborto in tutta la nazione, per cui ogni Stato degli Usa lo regola secondo proprie norme e, dunque, secondo il proprio orientamento politico; ne consegue che ad essere più penalizzate sono proprio le donne che vivono in Stati dall’orientamento politico conservatore.
La situazione sul diritto all’aborto in Texas è in divenire e continuerà ad essere incerta ancora per un po’; quel che è certo è che questo si configura come l’ennesimo caso di speculazione politica sui diritti delle donne, alle quali non rimane altro che un’arma: la lotta.
Martina Quagliano