Se ci venisse chiesto di immaginare la vita che conducono i calciatori, nella nostra mente rimbalzerebbero immediatamente scene di ragazzi ricchi e oziosi, il cui unico scopo è giocare a calcio. Una vita da nababbi, senza il minimo sforzo e soprattutto senza alcuna preoccupazione, con milioni di euro di retribuzione per fare ciò che molte persone pagano invece per fare con gli amici nel tempo libero. Tuttavia, mentre è sicuramente vero che i guadagni dei calciatori sono molto più elevati di quelli di tantissimi altri lavoratori, bisognerebbe ogni tanto ricordarsi che, nonostante l’agio in cui vivono, il Calcio rimane un lavoro e soprattutto i calciatori rimangono esseri umani.
Come esseri umani e come lavoratori, anche i calciatori possono vivere periodi bui nella loro vita, lavorativa e non. Il sindacato dei calciatori nel 2015 lanciò un campanello d’allarme sul problema della depressione nel calcio, indicando come il 26% dei calciatori, molti dei quali militanti nei campionati maggiori, soffrissero di ansia e stress a causa del proprio lavoro. Le ricchezze e la popolarità di cui dispongono possono difatti essere anche una condanna per molti di loro, come accaduto ad esempio ad Emmanuel Adebayor, calciatore togolese ex Arsenal e City, che ha dichiarato di aver pensato diverse volte al suicidio, in conseguenza dei rapporti tesi con la sua famiglia e per le pressanti richieste di denaro da parte della stessa, oppure per Gianluigi Buffon, che nella sua biografia ha scritto di aver avuto bisogno di aiuto da parte di una psicologa per venir fuori, tra il 2003 ed il 2004, da un periodo buio della sua vita. La depressione diventa un avversario troppo forte anche per i campioni; anche per chi, secondo una convenzione quasi mai giusta e veritiera, non avrebbe nulla di cui lamentarsi.
Ultimo della lista è il centrocampista del Barcellona, André Gomes, che dopo i primi mesi positivi si è trovato in “un inferno”, che spesso lo porta a non voler uscire nemmeno di casa per la vergogna e vivere il campo di gioco come un incubo. Dichiarazioni che fanno da eco a quelle di Per Mertesacker: il difensore tedesco, all’ultimo anno di carriera, si sente finalmente libero della pressione vissuta prima di ogni match, che lo portava a giramenti di stomaco e sensazione di vomito, e dalla quale si sentì libero anche dopo l’eliminazione della sua Germania nel Mondiale 2006. Nonostante l’ex Werder Brema sia “consapevole di essere un privilegiato”, sorridere dei time-out che i suoi infortuni gli hanno concesso e sentirsi libero di non dover giocare a calcio, corrispondono comunque ad un campanello d’allarme da non ignorare, non solo per Mertesacker ma per molti altri calciatori che vivono la sua situazione.
Il problema depressione nel mondo del calcio è un fenomeno assolutamente da non ignorare: fece scalpore diversi mesi fa il caso di Aaron Lennon, finito in ricovero in un ospedale psichiatrico dopo esser stato ritrovato per strada in stato confusionale dovuto allo stress. Famoso in Italia è anche il caso di Adriano: l’ex Imperatore dell’Inter è entrato nel tunnel della depressione – dal quale, secondo il suo capitano Javier Zanetti, in è mai uscito – dopo la scomparsa di suo padre nel 2004 e, come ha confessato nel 2009, la notizia drammatica della scomparsa di Robert Enke lo stava portando al suicidio. Proprio quel Robert Enke, portiere della Nazionale Tedesca, che soffriva di depressione da 6 anni e per il quale la morte della piccola figlia Lara fu un colpo troppo duro da sopportare: il suo suicidio ha aperto gli occhi su un fenomeno ancora sconosciuto ai più, e che nemmeno il tragico tentato suicidio di Gianluca Pessotto nel 2006 e quello purtroppo avvenuto di Agostino di Bartolomei nel 1994 erano riusciti a fare.
I calciatori vengono lasciati soli nel proprio malessere, spesso se ne ride sui social, spesso invece li si critica dicendogli che non avrebbero nulla di cui essere depressi per ciò che guadagnano. Nell’epoca dei social, questi idoli che prima erano lontani ed inarrivabili si sono avvicinati alla gente comune e possono dialogare direttamente con loro. Ciò comporta però anche una conseguenza “grave”: ovvero l’esser continuamente bersagliati da critiche ed insulti al minimo errore compiuto, e per una personalità più fragile leggere continui rimproveri e minacce di morte da ogni lato (come avvenuto per Cristiano Biraghi, terzino della Fiorentina per una mera questione di Fantacalcio) può risultare fatale. Le società sportive e gli appassionati devono pur sempre ricordarsi che i calciatori sono prima esseri umani che fenomeni di un mondo ricoperto di denaro nel quale al primo errore sei punito con eccessiva cattiveria e che la depressione può esistere anche se guadagni cifre con svariati zeri, perché la felicità passa esclusivamente attraverso una grande serenità ed il raggiungimento dei propri obiettivi, non certamente attraverso il gonfiore del proprio portafogli.
Andrea Esposito
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