A poche ore dall’assegnazione del Nobel, una rassegna dei grandi autori che non lo hanno mai vinto.
Il Premio Nobel per la Letteratura 2016 è andato a Bob Dylan. Philip Roth, Haruki Murakami, Thomas Pynchon, Don DeLillo, Milan Kundera erano dati tra i possibili vincitori. Senza dubbio qualcuno sarà rimasto deluso dal verdetto.
È il destino di ogni premio, quello di far discutere e, nella natura stessa dello scegliere, sta l’escludere. Tra i grandi esclusi della storia del Nobel, del resto, si annoverano tra i migliori autori del novecento. Un’ipotetica biblioteca formata solo dai “grandi esclusi” potrebbe tenere impegnato a lungo il lettore più esigente.
In questa biblioteca immaginaria troverebbe certamente spazio Jorge Luis Borges. Il poeta, critico e autore di racconti argentino ha prodotto una delle opere più affascinanti del secolo scorso. Nei suoi libri ha riscritto miti (La casa di Asterione), ridato linfa al sonetto (si pensi alla raccolta L’altro, lo stesso) e dato profondità filosofica al racconto di suspense (Il giardino dei sentieri che si biforcano). Come critico, ha sempre seguito il proprio gusto eclettico piuttosto che le mode letterarie (testimonianza ne è Biblioteca personal, nella quale figura il nostro Papini). La portata di questo autore è così imponente che, in un’intervista, lo scrittore cileno Roberto Bolaño, non ricordandosi se Borges avesse detto o no una certa cosa, disse semplicemente: “deve essere stato lui, perché Borges ha detto praticamente tutto.” (Roberto Bolaño – L’ultima conversazione, p.37).
Tra il Nobel e Borges sono stati di ostacolo i suoi apprezzamenti nei confronti della dittature sudamericane. Infatti, pur firmando petizioni per fare chiarezza sulla questione dei desaparecidos, all’inizio degli anni ottanta avrebbe comunque fatto dichiarazioni nelle quali considerava la dittatura un male necessario, secondo quanto riporta Edwin Williamson in Borges: A Life.
Nabokov, autore di un’opera che comprende romanzi come Lolita, Pnin e Il dono venne candidato nel 1974, inutilmente. Poco importa che lo scrittore russo, che dal romanzo The Real Life of Sebastian Knight (1941) era passato a scrivere in inglese, sia considerato uno dei maggiori innovatori del romanzo novecentesco in questa lingua. Non sappiamo se, a ostacolare Nabokov, sia stato lo stesso Lolita, pubblicato nel 1955. Il romanzo risultò così controverso da venire bandito sia in Francia che in Gran Bretagna. Questo non impedì a Graham Greene, in un articolo per il London Sunday Times, di definirlo uno dei migliori libri dell’anno.
Coincidenza significativa, perché Greene sarebbe stato nominato per il Nobel proprio insieme a Nabokov (e a Bellow). Quell’anno il premio andò a Eyvind Johnson e Harry Martinson, due scrittori svedesi relativamente sconosciuti fuori dalla loro terra. Dei tre, solo Bellow riuscì ad aggiudicarsi il premio, nel 1976.
Il ceco Karel Čapek (1890-1938), drammaturgo, romanziere, saggista e fotografo fu nominato ben sette volte, senza mai vincere. Nel 1920, aveva pubblicato R.U.R., un’opera teatrale distopica. In questa inventò, per la felicità di un secolo di scrittori e lettori di fantascienza, la parola robot, derivandola dal ceco “robota” (lavoro forzato).
E che dire di tre mostri sacri come Proust, Tolstoj e Joyce? Di fronte a queste assenze, anche chi conosce questi nomi solo per sentito dire rimane basito. Oppure parlando di poesia, come giustificare l’assenza di Auden? Qual era la sua colpa, l’omosessualità? E, all’interno di una stessa tradizione poetica, quella polacca, perché la Szymborska e non Herbert? Perché Quasimodo e non Ungaretti?
Difficile rispondere a questi interrogativi, forse oziosi. Del resto, è di certo sbagliato cercare “oggettività” in questo campo. Il Nobel è stato spesso criticato per il peso che questioni extraletterarie hanno sulle decisioni dei giurati. Si pensi alla scelta “svedese” del ’74 o all’esclusione di candidati per motivi apparentemente politici. Quest’ultima è una tendenza comprensibile, quando si parla di autori legati in qualche modo a dittature. Tendenza che però più di una volta è stata tradita.
Il Nobel per la Letteratura 2016 è andato a Bob Dylan per aver “creato una nuova espressione poetica nell’ambito della tradizione della grande canzone americana”. Lo ha comunicato il Comitato dei Nobel a Stoccolma. I bookmaker, come ogni anno, avevano stilato liste di favoriti. Alcuni di questi sono destinati a rimanere “favoriti”. Forse per sempre. In ogni caso, tutti coloro i quali ne sono usciti sconfitti si troveranno in ottima compagnia.
Luca Ventura