Entrerà in vigore dal 1 gennaio 2018 il Reddito di Inclusione, misura nazionale di contrasto alla povertà approvata dal Consiglio dei Ministri lo scorso agosto.
Grazie a questo provvedimento le famiglie beneficiarie potranno usufruire di una somma di denaro mensile, dall’ammontare variabile, in cambio di una serie di garanzie come l’attivazione lavorativa, la frequenza scolastica e la tutela della salute.
Il Reddito di Inclusione, però, rischia di escludere dal beneficio ancora tanti italiani che vivono sotto la soglia di povertà.
La misura, infatti, prevede una fase iniziale in cui il beneficio sarà riservato alle famiglie in cui, oltre alle limitazioni economiche, è presente una delle seguenti condizioni: un componente di minore età, una persona con disabilità, una donna in stato di gravidanza o un componente disoccupato e con età non inferiore a 55 anni. In questa prima fase, si stima che tra le 400mila e le 550mila famiglie potranno usufruire del provvedimento, per un totale di circa 1.8 milioni di persone.
Nella seconda fase verranno eliminati i requisiti familiari, e la scelta dei beneficiari verrà effettuata unicamente in base ai requisiti economici: valore ISEE non superiore a 6mila euro, valore ISRE ai fini del ReI non superiore a 3mila euro, patrimonio immobiliare non superiore a 20mila euro e patrimonio mobiliare che non superi i 10mila euro.
Attenendosi unicamente a queste limitazioni, il beneficio dovrebbe allargare il proprio raggio d’azione fino ad interessare 700mila famiglie e 2.5 milioni di persone.
Cifre che tuttavia non si avvicinano nemmeno a coprire la totalità degli italiani che vivono sotto la soglia di povertà che, secondo un sondaggio ISTAT del luglio 2017, si attestavano intorno ai 4.7 milioni nel 2016.
E che diventano ancora più irrisorie se si pensa che, sempre stando ai dati ISTAT, circa un italiano su 3 (il 30%) è a rischio povertà ed esclusione sociale.
Siamo quindi sicuri che la scarsa efficacia del Reddito di Inclusione nella lotta alla povertà giustifichi il suo peso piuttosto oneroso sulle casse dello Stato?
L’ammontare del Reddito di Inclusione si calcola in base al valore ISR (Indicatore della situazione reddituale) e al numero di componenti del nucleo familiare, e può arrivare ad un massimo di 485 euro mensili per la durata di 18 mesi; tuttavia, la legge di bilancio ora all’esame del Parlamento prevede un aumento del tetto massimo fino a 534 euro per nuclei da 5 persone o più.
L’impatto sul bilancio nazionale nella fase iniziale è stimato intorno a 1.8 miliardi di euro, cifra che potrà però aumentare nel corso degli anni grazie ai fondi europei fino a raggiungere una somma tra i 2.7 e i 3 miliardi annui.
Numeri sicuramente inferiori rispetto, ad esempio, alla proposta di Reddito di cittadinanza avanzata dal Movimento 5 Stelle, che ipotizzava una spesa pubblica intorno ai 15 miliardi di euro. Ma che rischiano di risultare ugualmente eccessivi se rapportati alla ristretta fascia di popolazione che ne andrà ad usufruire.
Tirando le somme, i lati positivi di questo provvedimento — riordino del sistema di ammortizzatori sociali con l’eliminazione dell’ASdI e del SIA, vantaggi maggiori per le famiglie più numerose — non sembrano sufficienti a giustificare quello che sembra un “vorrei ma non posso”; un intervento che cerca di combattere la povertà senza risultare troppo dispendioso, ma che alla fine non riesce concretamente in nessuna delle due cose.
Simone Martuscelli