Festival di Sanremo 2020, Amadeus
Fonte immagine: ilsecoloxix.it

Che la cultura televisiva italiana plasmasse la figura della donna era già appurato. Procedendo in maniera retroattiva, non sarebbe sbagliato ritenere Berlusconi e il familismo tanto diffuso in Italia responsabili dell’immagine della donna come “oggetto decorativo in carne ed ossa” molto radicata nella nostra società. Immagine creata, piuttosto, per valorizzare uomini insignificanti e noiosi, come nel caso di Amadeus, conduttore del Festival di Sanremo 2020.

Durante la sua prima conferenza stampa, svoltasi il 14 gennaio, e poco dopo aver introdotto il Festival di Sanremo, Amadeus è passato alle presentatrici e “alla scelta di averne più di una”. “La presenza femminile è importante. Ci possono essere tante donne che raccontano tante storie” spiega, aggiungendo che “ovviamente sono tutte belle” – ovviamente, perché è da prassi categorizzare le donne e consolidare vecchi cliché per rendere più difficile la posizione della donna nella nostra società.

A turno, le conduttrici sono state presentate come altro da quello che essenzialmente è la loro identità: le “fidanzate di” che sono state scelte per la loro capacità di stare vicino ad un grande uomo ma un passo indietro in quanto “donna che è stata un’icona sexy tanti anni fa, ma che ancora oggi può raccontarci qualcosa”. Che sia il tentativo di ricreare la metafora di un harem per affermare il dominio maschile?

Ma d’altronde, l’ondata di polemiche che si è sollevata per la possibile presenza della giornalista italo-palestinese Rula Jebreal come conduttrice, assieme ad Amadeus, del Festival di Sanremo 2020 la dice lunga: in fondo parlare di politica e di attualità sarebbe troppo per un canale come la Rai, retta da sovranisti; soprattutto se a farlo è una donna colta, libera, impegnata, che da anni si batte per la parità di genere, i diritti, contro ogni forma di razzismo, xenofobia, contro la violenza sulle donne, per l’accesso alla cultura e all’informazione.

Come se non bastasse, questo linguaggio accondiscendente è stato utilizzato per sviluppare un discorso che tratta (o almeno, ci prova) temi come la violenza sulle donne e l’importanza della presenza femminile. La questione è che non ce ne frega nulla della “presenza” se l’identità viene meno, soprattutto perché quest’ultima viene ridotta a puro estetismo. L’annullamento di qualcuno offusca e nasconde il soggetto e il ruolo subalterno della donna è ormai dato per scontato in qualsiasi programma televisivo che coinvolga il grande pubblico. E il risultato è che le donne stesse diventano incapaci di vedersi con i propri occhi se non con quelli di chi le rende puro ornamento.

“Mamma Rai”, in fondo, preferisce piuttosto personaggi la cui misura dell’impegno politico è quella dei loro tweet, come Rita Pavone che tra commenti infelici su Greta Thunberg e la bufala dei vu cumprà sulla Rambla ci ha fatto comprendere che il sovranismo è di regime, e quindi piace. Non importa chi sei, le tue capacità e la tua competenza non contano: conta solo odiare dalla parte giusta.

Ana Nitu

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