Pochi ci riflettono, ma l’uomo sta riempendo di rifiuti anche lo spazio. A circa sessanta anni dal lancio del primo satellite artificiale dell’ex URSS le successive missioni spaziali hanno, di fatto, riempito l’orbita prossima a quella terrestre di materiali di vario genere. La quantità di questi detriti è aumentata a dismisura tanto che si cerca di lavorare sul loro smaltimento o riutilizzo.

L’argomento è diventato particolarmente importante a causa del fatto che i detriti lasciati nello spazio sono ormai troppi e sono diventati pericolosi anche per le future missioni in cui i nuovi satelliti potranno essere danneggiati in maniera seria dall’urto con i detriti stessi.

Tali detriti, anche se di piccole dimensioni, a causa delle enormi velocità spaziali diventano letali per qualsiasi strumentazione tecnologica che dovesse collidere con gli stessi. Il problema assume particolare rilevanza se si considera che circa il 70% della tecnologia di oggi dipende da strutture ed infrastrutture spaziali.

A cavalcare l’onda della dilagante preoccupazione sull’argomento è stata la start up innovativa D-Orbit che propone strategie a lungo termine per l’utilizzo intelligente dell’ambiente spaziale. Tale progetto prevede la realizzazione di supporti motore da installare sui satelliti spaziali che restano dormienti fino a quando il satellite non si spegne. A quel punto il motore si attiva e porta il satellite artificiale su orbite di sicurezza.

In realtà il problema poteva essere affrontato già in fase di sviluppo dei progetti di lancio del passato, ma le logiche di profitto hanno preferito ridurre al minimo i quantitativi di carburante da mettere in orbita, limitandosi a quello minimo per garantire la messa in orbita dei sistemi spaziali.

Il successivo step sarà poi quello di recuperare, riciclare tutti i satelliti artificiali, le strumentazioni e le apparecchiature dislocate su queste orbite di sicurezza. Riutilizzo e riciclo che potrebbe avvenire direttamente nello spazio.

Salvatore Annona

 

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