In fondo, non c’è da meravigliarsi così tanto se alla fine Simone Verdi ha preferito restare a Bologna (ancora un po’). Il web e i migliori opinionisti continuano ad avanzare riflessioni legate alla poca personalità del ragazzo e alla oscura presenza dietro l’angolo di altri top club, mentre dall’altro lato c’è chi parla di un treno perso che non passerà più dalle sue parti. La realtà è che la scelta del talento 25enne, sebbene possa formare oggetto di critica sotto qualche aspetto, possiede qualche fondamento.
Preliminarmente, occorre sgomberare il campo dalle polemiche scatenatesi soprattutto sul web e legate allo zampino messo nella vicenda da altre big come Inter, Juventus o Milan, che, si dice, sarebbero pronte ad offrirgli un contratto nel mercato estivo. Difficile pensare che eventuali promesse future fatte da altri top club possano aver condizionato l’ex Milan, così come è difficile pensare che le stesse siano state realmente avanzate da parte delle società in questione.
È bene sgombrare il campo anche dalle critiche legate alla mancanza di personalità del giovane attaccante del Bologna. Qualcuno parla di scelta dettata dalla paura. Paura di indossare la maglia della prima della classe. Paura di confrontarsi con i tre insostituibili di Sarri che insieme formano una formidabile macchina da gol. Paura di addossarsi maggiori responsabilità.
In realtà, più che di paura, sarebbe meglio parlare di una attenta valutazione di opportunità. Simone Verdi rappresenta una pedina insostituibile nell’11 di Roberto Donadoni, l’ambidestro a cui è affidato il compito di saltare l’uomo, di creare superiorità, di tirare i calci da fermo e di mettere i compagni in condizione di segnare. Gioca molti più palloni di tutti gli altri suoi compagni, gode di libertà in campo e va spesso al tiro. Insomma, è un punto fermo della formazione rossoblù, di cui, non a caso, è anche il capocannoniere con 6 reti all’attivo. Spesso si parla di lui, delle sue giocate, del ruolo determinante che riveste per la squadra. A Bologna, piazza abbastanza tranquilla come è normale che sia per una squadra di metà classifica, gli vogliono bene.
Ebbene, perché mai un giocatore che gode di tali “prerogative” dovrebbe decidere di lasciare la squadra e la piazza che gli permette tutto ciò? Scegliere il Napoli avrebbe comunque significato preferire ad una città come Bologna, una piazza calda e molto difficile, che spesso ti becca al primo sbaglio, ti bersaglia e non ti permette di giocare con serenità. Oltretutto, il Napoli, in lotta per lo scudetto, in questo momento errori non se ne può permettere. In altre parole, Simone Verdi con la maglia del Napoli non sarebbe stato il Simone Verdi con la casacca del Bologna, e, verosimilmente, non sarebbe stato in grado di esprimere al meglio il suo potenziale.
Insomma, perché lasciare i compagni a metà di un campionato sin qui per lui abbastanza divertente e piacevole con il fine di ritrovarsi, da un giorno all’altro e nel bel mezzo del campionato in corso, ad indossare la maglia della prima in classifica con l’ansia e la preoccupazione di far bene che prendono il posto della serenità? Perché lasciare la sua squadra dopo che si è già iniziato un percorso insieme, con risultati, tra l’altro, per nulla deludenti? Meglio continuare a “mettersi in mostra” ancora per un pò e prepararsi per una big (che, prima o poi, arriverà) con più tempo a disposizione e, possibilmente, a campionato finito, quando il percorso di integrazione in una nuova squadra potrà avvenire con più efficacia. Ci piace pensare che Verdi abbia riflettuto a fondo su tali questioni, ed abbia fatto, oltre che una scelta intelligente, anche una scelta di cuore.
Perché è vero, il cuore ha sempre ragione… o quasi sempre. Invero, non mancano, in minima parte, i motivi per criticare la scelta dell’attaccante in forza al Bologna. Nonostante la scelta di prepararsi nel migliore dei modi al salto di qualità non possa essere criticata nella sua integrità, va comunque detto che per Verdi il Napoli di Sarri avrebbe rappresentato, in questo momento, la destinazione ideale. Così come, per il Napoli e per Sarri, Verdi sarebbe stato il profilo di giocatore ideale. E il numero 9 rossoblù lo sa. Sa che, probabilmente, non sarebbe stato soggetto al classico e lungo periodo di inserimento che Sarri (più volte definito il suo maestro) normalmente applica ai nuovi acquisti del Napoli, considerata la esperienza che i due hanno condiviso ad Empoli tra il 2013 ed il 2015, la quale avrebbe senza dubbio reso più veloce e pratico l’inserimento del talento del Bologna, già a conoscenza di molti degli schemi del suo ex mister. Dall’altro lato, Verdi sa che Sarri, tra i vari profili che circolano, lo ha sempre considerato la prima scelta. Una scelta dettata proprio dalla circostanza della pregressa conoscenza del suo metodo di gioco. Infatti, anche lo stesso Sarri è consapevole dei tempi che necessita per inserire i nuovi profili nel suo sistema di calcio, ecco perché gli avrebbe fatto comodo avere a disposizione un giocatore che di quel sistema fosse già a conoscenza.
Ebbene, da questo punto di vista si può dire che Verdi abbia perso un treno importante per la sua crescita. Sarri sarebbe stato l’allenatore che più di tutti lo avrebbe aiutato ulteriormente nella sua crescita professionale. Si dirà che potrebbe sempre ripensarci a giugno, ma non va dimenticato che la politica di De Laurentiis su questi episodi è molto rigida: difficilmente riapre le porte in futuro a coloro che hanno rifiutato il Napoli.
Tuttavia, se c’è un dato certo che può essere ricavato dalla vicenda Verdi è che il Napoli si è dimostrata (ancora una volta) inconsistente sul piano dell’attuazione delle tattiche di mercato. E siamo sicuri che ciò non dipenda dalla incompetenza di Giuntoli o di De Laurentiis, ma dallo scarso appeal, nazionale ed internazionale, di cui gode il club partenopeo. È opinione diffusa tra i napoletani, ma anche tra i sostenitori di altre squadre, che Verdi avrebbe accettato qualunque altra destinazione che non fosse Napoli. E a questo punto ci viene da pensare che ciò non dipenda tanto dalle problematiche di cui sopra, quanto dal fatto che il Napoli, nonostante il primato in classifica e la sua presenza ai vertici della classifica italiana da alcuni anni a questa parte, non sia dotata dello stesso prestigio proprio di top club rivali come Inter, Juventus e Milan. L’impiego delle seconde linee e lo stadio vuoto in occasione degli incontri di Champions ne sono la causa e la dimostrazione allo stesso tempo. Un club e una tifoseria che non guarda oltre i propri confini, che si chiude a volte nel proprio provincialismo e che ha come unico interesse quello di distinguersi all’interno del proprio campionato, senza, peraltro, riuscirci sempre con successo. La telenovela Verdi ne è l’ulteriore conferma.
Insomma, a prescindere dalle varie cause e dai vari scenari che si svilupperanno a giugno, sarà il tempo a dirci se per Verdi sarà stato un treno perso. Nel frattempo, al Napoli ed alla sua tifoseria non resta che farsi scivolare addosso quanto accaduto, mettere fine alle sterili politiche e ridimensionare presto l’eccessiva ingombranza acquisita da una normalissima vicenda di mercato, magari andando alla ricerca di un serio sostituto. Un po’ come fanno i grandi club.
Amedeo Polichetti