Anna Maria Bernini
Credit: Wikimedia Commons

L’Italia del nuovo governo Meloni ci presenta una serie di volti nuovi, o forse no. Dal 22 ottobre 2022 per il Ministero dell’Università e della Ricerca è il turno della docente universitaria e Senatrice Anna Maria Bernini, la quale, avvicinatasi alla politica nel 2008 tra la schiera di Fini, convinta berlusconiana poi, colpisce per essere, almeno apparentemente, una delle poche voci non “allineate” al partito per le sue battaglie a sostegno dei diritti civili.

Chi è Anna Maria Bernini

Originaria di Bologna, Anna Maria Bernini è figlia del giurista, accademico e politico Giorgio Bernini, deputato e ministro del commercio con l’estero durante il primo governo Berlusconi.

Seguendo le orme del padre, Anna Maria Bernini ha studiato Giurisprudenza all’Università degli Studi di Bologna, conseguendo la laurea con lode nel 1991. Dopo il periodo universitario ha partecipato a diversi programmi di studio all’estero, in particolare in America, e dal 1995 è iscritta all’Albo degli Avvocati presso la Corte di Appello di Bologna.

Sempre a Bologna ha proseguito la carriera accademica e oggi è Professore Associato di Istituzioni di Diritto Pubblico Comparato presso la sede di Forlì, al momento in aspettativa per incarichi istituzionali. Precedentemente, presso la Facoltà di Economia dell’Università di Bologna è stata Docente di Diritto dell’Arbitrato Interno e Internazionale e delle procedure alternative per circa dieci anni, e Docente di Istituzioni di Diritto Pubblico. È membro dell’Associazione Italiana Costituzionalisti ed è autrice di numerose pubblicazioni e monografie, soprattutto su temi come l’arbitrato e metodi alternativi di composizione dei conflitti.

In parallelo all’attività accademica, continua a esercitare la professione di avvocato, in particolare in materia di diritto civile e amministrativo, presso lo studio di famiglia. È qui che la Bernini ha iniziato la sua carriera d’avvocato nel 1995, diventando poi Local Partner dello Studio Bernini associato a Baker & McKenzie dal 2005 e Partner dello Studio Bernini e Associati dal luglio 2008.

Attività politica

foto:https://forzaitalia-emiliaromagna.it/2021/02/anna-maria-bernini-nuova-vice-coordinatrice-nazionale-di-forza-italia/

Il volto della Bernini sarà noto ai molti soprattutto per essere stata parte della schiera del governo Berlusconi IV (2011), quando è stata eletta Ministro per le Politiche europee. Ma la sua carriera politica è iniziata qualche anno prima accanto a Gianfranco Fini. La Ministra è stata infatti tra i soci promotori della Fondazione Farefuturo, voluta proprio da Fini, ed è successivamente diventata membro del “Comitato dei Trenta”, espressione liberale della politica che ha avuto un ruolo fondamentale nel porre le basi del Pdl.

Risale al 2008 la prima elezione alla Camera in una circoscrizione dell’Emilia-Romagna per il Popolo della Libertà, in quota Alleanza Nazionale. Due anni dopo si candida come esponente di centrodestra alle Regionali dell’Emilia-Romagna e nel 2011 è Ministro per le Politiche dell’Unione Europea dal 28 luglio al 16 novembre. Nel 2013 viene eletta Senatrice e, nello stesso anno, aderisce alla rinata Forza Italia, svolgendo fino a oggi un ruolo fondamentale nel coordinamento del partito.

Rieletta a Palazzo Madama, dal 2018 ricopre la carica di capogruppo dei senatori azzurri e affianca Antonio Tajani come vicecoordinatrice nazionale del partito.

Aspettative

Pur essendo un’esponente di centro destra, Anna Maria Bernini si è scostata in più occasioni dalle posizioni estremamente conservatrici dei suoi colleghi, sposando con fermezza posizioni più liberali soprattutto in materia di diritti civili e quelli della comunità LGBTQ. In particolare, controcorrente rispetto ai suoi colleghi di partito, nel 2016 si dichiarò favorevole al DDL Cirinnà sulle unioni civili, votando a favore dello stesso. Promettente, se non fosse che nel momento in cui venne richiesto dal governo Renzi di esprimere il voto di fiducia sul DDL, la Senatrice votò contro in quanto la norma toccava “diritti sensibilissimi”.

Quattro anni più tardi è il momento della battaglia contro l’omotransfobia e, come di consueto, Anna Maria Bernini non tarda a manifestare la sua vicinanza alla comunità Lgbtq attraverso un post sui social, nel quale scrive: “Oggi ricorrono 51 anni dalla rivolta di Stonewall, un momento fondamentale per l’affermazione dei diritti lgbtq. Sarò sempre dalla parte di chi lotta per i propri diritti e la libertà. Yes Pride, No prejudice. Together“. Ma, come si suol dire, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, e i social non sono certo il Parlamento. Anche questa volta la Bernini infrange le speranze di chi desidera un’Italia al passo con i tempi non sostenendo la causa con il voto, l’unica azione concreta che avrebbe fatto la differenza.

Come si legge sulla sua pagina web personale, la Ministra afferma di battersi per un’“Italia più Libera, Giusta e Moderna” e, in quanto Ministro dell’Università e della Ricerca, è proprio libertà, giustizia e modernità ciò di cui ha bisogno il nostro paese, un modello di istruzione in cui si stimoli il pensiero libero, si dia spazio alla giustizia e si stia al passo con i tempi. Tuttavia, se questi appellativi vengono attribuiti all’Italia di “Io sono Giorgia” e della “famiglia tradizionale”, si crea un evidente ossimoro.

“Un paese in cui l’istruzione sia vista come il miglior investimento, perché il sapere è libertà”, “Un’Italia nuova, libera e liberale”, questi e tanti altri slogan simili abbelliscono i discorsi e le pagine web e social della Ministra, eppure tutta questa novità sa di stantio, è un dejà vu. È lo stereotipo del politico italiano colui che si autoproclama portavoce di un progresso che tale non è, di un andare avanti trascinandosi dietro il passato, guardando alle fatidiche pietre miliari che mai come ora hanno il sapore dell’unico nemico della Costituzione italiana, il Fascismo.

Se la Ministra volesse davvero aiutare a realizzare un’Italia libera dovrebbe allora cominciare a far sentire la sua voce. Con gli interventi circa il rave a Modena si è assistito ad un primo accenno di repressione culturale del governo Meloni, e la neo Ministra del MUR precisa:

“Da ministro dell’Università dico che questa norma non si applica a manifestazioni di dissenso che potrebbero avvenire nelle università e nelle scuole, qualunque forma di dissenso non ha alcunché a che spartire con questa norma. […] Una proposta che io considero largamente condivisibile perché è doveroso, non opportuno, doveroso, garantire la libera manifestazione del pensiero, la libertà di opinione, ma non l’illegalità”

Negli ultimi anni l’università, e il sistema scolastico per intero, ha subito un rapido processo involutivo ed è divenuto uno strumento in mano alla politica, rendendola da questa dipendente. È per questo motivo che l’azione del MUR per realizzare la proclamata Italia libera non deve limitarsi a fornire fondi alle Università. L’università è nata per stimolare le menti dei giovani, ma nel contesto attuale sorge spontaneo chiedersi se sarà possibile ridare all’università il ruolo di luogo del pensiero critico, dove non ci si piega sotto il peso della politica.

Date le premesse, ci si aspettano importanti novità per il MUR. D’altra parte, nell’Italia del 2022, l’Italia della Meloni, in cui si mette ancora in dubbio la necessità di leggi coma quella sul diritto all’aborto, c’è poco da sperare.

Nunzia Tortorella

Avida lettrice fin dalla tenera età e appassionata di ogni manifestazione artistica. Ho studiato Letterature e culture comparate all'università di Napoli L'Orientale, scegliendo come lingue di studio il tedesco e il russo, con lo scopo di ampliare il mio bagaglio di conoscenze e i miei orizzonti attraverso l'incontro di culture diverse. Crescendo, ho fatto della scrittura il mio jet privato.

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