Il brainch della domenica: Qualcuno stacchi la spina alla Sinistra

Promesse e disfide, mirabolanti prospettive, gioiosi appelli e attoniti silenzi, rabbia e insulti, profezie, apocalissi. Non ci si fa mai mancare nulla, a Sinistra: del resto il fronte eterogeneo e spacchettato composto da Liberi e Uguali, Potere al Popolo, Partito Comunista e Sinistra Rivoluzionaria ha raccolto le preferenze di appena un misero 5% di elettori, ma il dibattito sembra ancora impantanato sull’attribuzione di colpe e responsabilità. E allora sgomberiamo il campo per bene fin da subito: la colpa è di tutti.

Il Brainch della domenica
Illustrazione a cura di Antonella Monticelli

Tra analisi del voto e analisi del sangue

Cari lettori, neppure la sonora batosta rimediata nelle urne il 4 marzo è servita a infondere una presa di coscienza. Le analisi del voto lette in giro – sacrosante nella forma, più discutibili nella sostanza – sembrano degli stucchevoli e artificiosi citazionismi autoreferenziali: tutti sapevano dove si stava sbagliando, nessuno è intervenuto a farlo notare quando sarebbe stato necessario.

L’intelligencija del ceto politico ha avuto gioco facile nell’individuare le cause della disfatta e a rovesciarsele addosso come in una sorta di commiserevole battesimo delle intenzioni, una catarsi del pensiero infusa di post-modernità e senni del poi. Altrove, la base che aveva a vario titolo sostenuto e lottato per guadagnare voti e terreno si rammaricava dello scarso risultato, facendo spesso trasparire una rabbia e una frustrazione a tratti comode come allori.

Il fallimento di Liberi e Uguali, Potere al Popolo e degli altri schieramenti di sinistra non è certo figlio di un motivo solo, né nasce da una causa unica: tuttavia, il gioco facile all’insulto, la caccia alle streghe dell’oscurantismo mediatico, dei poteri forti, della nomenclatura schierata a difesa di se stessa, non aiutano ad interpretare e a correggere gli sbagli, ma soltanto a solcare più a fondo la ferita dell’irrilevanza.

Il popolo che la Sinistra cerca non è più tra gli astenuti

Una prima considerazione: fare appello all’agognato bacino elettorale degli “astenuti” non è una strategia vincente. Quel 28% di elettori che ha scelto di non recarsi ai seggi è forse recuperabile in minima parte; per il resto, si tratta di fisiologica astensione, uno zoccolo duro di delusi e sfiduciati che non andrebbe a votare neppure se gli apparisse in sogno Lenin sventolando un drappo rosso.

In realtà, quel popolo che la Sinistra dice di inseguire ha già preso ben altre direzioni, ingrossando le fila dei partiti percepiti come anti-sistema, ovvero Movimento 5 Stelle e Lega, che hanno saputo appropriarsi degli strumenti dialettici adatti a solleticare gli appetiti elettorali delle masse: il rifiuto di una classe politica identificata come “casta” e la paura dell’immigrazione.

La narrazione operaista, ecologista ed egualitarista della Sinistra è stata soppiantata da ben altre interpretazioni della realtà. Basti pensare che per larga parte dell’immaginario collettivo è il Partito Democratico a contrapporsi alla destra, a rappresentare “lo spauracchio comunista”. Già soltanto fermarsi a riflettere su questo concetto dovrebbe portare ad un’autocritica profonda e radicata. E invece.

Che fare?

E invece la reazione sembra muoversi in direzione ostinata e contraria al buonsenso. Le prospettive, al momento, sembrano divergenti. Da un lato, Liberi e Uguali si accinge a portare a compimento la nascita di un partito comune, attraverso lo scioglimento di Articolo 1 – MDP, Sinistra Italiana e Possibile; ma lo fa continuando a logorarsi in faide interne e conseguenti emorragie. Dall’altro, le componenti che animano Potere al Popolo, su tutte Rifondazione Comunista e PCI, sembrano intenzionate a mantenere la propria identità partitica distinta e separata, ma anche a portare avanti convintamente il progetto.

Liberi e Uguali e senza Speranza

Un ricambio totale ed immediato dell’attuale classe dirigente sembrerebbe la precondizione minima per avviare un qualsiasi discorso futuribile. Accade invece in Liberi e Uguali che si scarichi la croce addosso a Pietro Grasso colpevole di “non bucare lo schermo” (non ce n’eravamo mica accorti!), che le dimissioni di Fratoianni in Sinistra Italiana vengano respinte seduta stante senza neanche un accenno di discussione programmatica e che la nuova leadership venga già attribuita a Roberto Speranza, il quale non ha perso tempo per tornare ad ammiccare al PD adesso libero dal giogo renziano. L’ennesima decisione calata dall’alto, ex abrupto, in spregio di ogni forma di quella partecipazione democratica di cui gli stessi promotori di LeU si facevano portavoce.

Pietro Grasso (Foto ANSA)
Vi si è bucato lo schermo? No? Appunto.

Potere al Popolo che non c’è

D’altro canto, lo schieramento di Potere al Popolo ha annunciato la prosecuzione del progetto e convocato una nuova assemblea generale a Roma. Ma lo scollamento è totale ed evidente: al punto da propinare talune celebrazioni entusiastiche per un risultato che è oggettivamente risibile, e da proseguire sulla linea degli attacchi verbali al nemico renziano e dalemiano mentre il Paese si appresta a sperimentare un’alleanza tra Movimento 5 Stelle e Lega.

È in questa profonda, e a tratti insanabile, astrazione dalla realtà che si consuma la disfatta; nella perdita di una connessione sentimentale, prima che politica, con un popolo stremato, scoraggiato e impaurito, che vive profonde contraddizioni e che il più delle volte esprime una sensibilità in aperto contrasto con i valori fondanti della Sinistra.

Un popolo che non è interessato a paradigmi ideologici né a certificati di purezza, ma solo a una vicinanza concreta nella miseria del quotidiano. Un popolo da non giudicare né condannare, se incapace di recepire le istanze proposte, ma da comprendere e rieducare. Un popolo a cui la Sinistra attuale è incapace di dare risposte ed alternative spendibili. E non lo sto dicendo io, ma le urne.

Forse per questo sarebbe meglio, per una volta, accettare la sconfitta ed evitare di prolungare l’agonia di un fallimento. Staccare la spina adesso e interrompere il cortocircuito di masochismi e miopie, fermarsi a riflettere, ricominciare daccapo con le idee chiare, non su nomi e simboli da utilizzare, ma sull’identità da costruire e sull’obiettivo da realizzare, potrebbe essere una decisione saggia.

Anche perché continuando di questo passo, la prossima volta che verrà staccata la spina sarà anche l’ultima. Buona domenica, lettori cari.

Emanuele Tanzilli
@ematanzilli

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2 Commenti

  1. Lei probabilmente non ha minimamente idea di cosa sia potere al popolo e forse anche la politica. Parla per pregiudizi e stereotipi cosa che non è bene per un giornalista. Potere al popolo ha avuto la forza di prendere 370.000 voti in tre mesi di vita proprio cambiando il linguaggio e rivolgendosi ai bisogni della gente. Caro Tanzilli noi continueremo che a lei piaccia o no (ce ne faremo una ragione).
    P.S. lei nomina Lenin. Secondo me non ha letto una riga del pensiero di Lenin. Infatti se avesse ragionato come lei in Russia ci sarebbe ancora lo zar.
    Saluti

  2. Trovo inverosimile che l’autore di questo banale e inutile articolo dica di staccare la spina e definisce fallimento le 4 formazioni nuove o quasi che quindi non avevano nulla da perdere, non avevano e non hanno ancora responsabilità verso il popolo italiano e non affronti la debacle del partito al governo, il defunto Partito Democratico, a cui presto non rimarranno neanche gli occhi per piangere. Certo, dimenticavo che l’articolo era sulla sconfitta della sinistra e giustamente non si può includere il PD in questo discorso non essendo da sempre un partito di sinistra. Potere al Popolo non ha bisogno di autorizzazioni da parte di nessuno per andare avanti eccetto quella del popolo che sta dimostrando un’attenzione sempre maggiore verso questa formazione. Non c’è cosa peggiore di un giornalista che scrive solo perchè deve riempire la colonna.

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