Non la sopportano, proprio non ci riescono. Ed è statistico, per carità, non si può piacere a tutti a questo mondo (finché ce ne sarà uno). Greta Thunberg è un personaggio di rottura, e il modo in cui ha rivoluzionato l’approccio alla causa ambientalista lo è altrettanto: uno sciopero scolastico, un atto di disobbedienza civile contro cui è difficile trovare argomentazioni logiche che ricadano al di fuori della semantica della banalità, o peggio dell’invettiva gratuita.
Alla stampa di destra sembra non essere rimasta che quest’opzione per tentare di delegittimare Greta, in quanto persona e in quanto emblema del movimento Fridays For Future. Un attacco impossibilitato a fondarsi su argomentazioni scientifiche, giacché l’intera comunità è ormai unanime nel riconoscere l’impatto antropogenico del cambiamento climatico; né su basi politiche, se appare ormai evidente che il negazionismo non rende più il consenso di una volta. Effetto-Thunberg, mi verrebbe da dire; di sicuro non effetto-Serra (quello de l’Amaca).
Ecco allora la mossa della disperazione, che definirei piuttosto la melma incrostata che resta sotto le unghie dopo aver raschiato il fondo del barile. Ecco l’insulto, l’oltraggio, la somministrazione di notizie e commenti talmente superficiali da non meritare la superficie terreste. Ecco lo scherno, la derisione, la regressione dell’intelletto a uno stadio primordiale che oltre a Greta Thunberg fa dispetto pure a Darwin.
Prendiamo la pagina di apertura di Libero di oggi. “La Rompiballe va dal Papa”, si legge sul quotidiano di Feltri. “Vieni avanti Gretina”, con destrezza degna di gran parolieri, occhieggia l’occhiello, ma è difficile credere che quelle siano parole di Bergoglio. Greta è stata accolta da Papa Francesco durante la sua tappa italiana, e incoraggiata a portare avanti la sua missione. Qualcun altro, invece, dovrebbe essere incoraggiato a fermarsi, e non dal Papa ma dall’Ordine dei Giornalisti.
A fare eco all’apnea arriva Il Tempo con dissimulata ironia. “Anche al Papa tocca benedire Greta”, con trionfalistica esposizione di un’immagine della pagina satirica Osho. “Dice che a Pasquetta piove”, è la pièce del fotomontaggio, e d’improvviso la rivelazione sul nome della testata: in effetti con la meteorologia se la cavano abbastanza bene. Solo con quella.
Ma la macchina del fango è inarrestabile e non ha bisogno di alluvioni per straripare. Al coro di filastrocche canzonatorie si unisce Il Giornale, che s’inalbera (il verbo è scelto apposta) sulla narrazione del “comunismo verde” (magari!) e rilancia lo spauracchio dei “gretini”. Il quotidiano di Sallusti ha gioco facile nell’incunearsi in un solco già tracciato. La parola d’ordine è demolizione, destrutturazione. Alle rivendicazioni di Greta Thunberg e Fridays For Future si ribatte cantilenando che esistono altre priorità, che ci sono problemi più gravi, e che tanto esaurire le scorte di petrolio fra 50 o 55 anni non cambierebbe nulla.
Non posso soffermarmi sull’inaudita fallacia di questa logica, occorrerebbe un’enciclopedia più che un articolo. Ma giova insistere sulla terminologia parodistica così accuratamente scelta dalla stampa di destra: il “gretinismo” dovrebbe rappresentare un insulto da cui rifuggire, ma finisce per qualificare soltanto chi si prostra a bassezze da sketch televisivi di terz’ordine, più che da carta stampata.
Una menzione la merita anche Il Messaggero, con la sua presunta operazione-verità che è un calderone ribollito e risputato di materiale pubblicato altrove. Secondo la teoria da scafati complottisti, Greta Thunberg sarebbe una marionetta manovrata da sua madre, la famosissima e potentissima cantante svedese Malena Ernman. Ora: chi di voi ha mai ascoltato una canzone di un’autrice scandinava dopo Lene Marlin nel 1999? Già. E cosa appare su Google digitando “Malena”? Lasciamo stare.
Si tira poi in ballo il think thank We Do Not Have Time, che ha raccolto quasi 3 milioni di euro in crowdfunding, ma non ci si preoccupa di specificare che attraverso un comunicato stampa Greta e la sua famiglia hanno annunciato di aver interrotto da tempo ogni rapporto con la fondazione.
Si menzionano i socialdemocratici svedesi, come se da noi non avessero provato tutti ad appropriarsi della sua aura di sacralità, da Zingaretti che le ha dedicato la vittoria alle primarie a Civati che ci ha scritto un libro. A proposito, i libri. Greta avrebbe commesso l’enorme sciacallaggio di scrivere e pubblicare un libro. In compenso, non una parola ai premi in denaro da lei ricevuti e devoluti in beneficenza.
Morale dell’incubo: non è solo il fenomeno psicologico, per cui non tolleriamo chi si mostra migliore di noi al punto da sentire l’esigenza di corromperlo, demonizzarlo, trascinarlo al nostro livello. È anche, e soprattutto, il fenomeno sociale e di costume per cui ad alcuni fra i giornali più diffusi in Italia è consentito neutralizzare la deontologia, svilire “una ragazzina” perché donna o giovane o nello spettro dell’autismo e insultare con sciattezza nell’impunità più totale. È la materializzazione dialettica di una subcultura smargiassa, prepotente, che bolla nella bolla social come “radical chic” qualsiasi derivato dell’educazione, e più che parlare al ventre parla alla vescica dei lettori.
Non lo scrivo per difendere Greta Thunberg, perché l’unica cosa da difendere è il pianeta. Si può essere d’accordo o in disaccordo con la causa, personalmente reputo che ignorare le conseguenze catastrofiche del sistema capitalistico sia folle, ma se le argomentazioni a detrimento devono limitarsi allo sfottò da banchi d’asilo non ha più senso parlare di libertà di stampa, informazione e via dicendo. È soltanto una caciara. Ma il giornalismo non ammette condimenti, né tradimenti. Vuoi vedere che è tutta una mossa per difendere il formaggio sui maccheroni della propaganda?
Emanuele Tanzilli