Dopo qualche giorno dalla presentazione dello studio-shock in occasione del Quarto Forum dell’Unione per il Mediterraneo tenutosi a Barcellona il 10 Ottobre, in cui si rivela che il clima dell’area mediterranea si sta riscaldando il 20% più velocemente del resto del mondo, un’ondata di maltempo ha messo in ginocchio moltissime città italiane. Prima fra tutte, Venezia si è trovata a fare i conti con un’alta marea da record che ha causato morti e gravi danni all’ingente patrimonio artistico-culturale. Si tratta dunque di un caso fortuito? Sicuramente, se i Paesi dell’Europa del Sud e quelli dell’Africa del Nord non riusciranno a cooperare il nostro clima diventerà del tutto simile a quello del Sahara e il livello del mare subirà un notevole innalzamento.
Secondo i risultati provvisori del rapporto di valutazione sul cambiamento climatico e ambientale “Risks Associated to Climate and Environmental Changes in the Mediterranean Region”, la temperatura potrebbe aumentare di 2,2 gradi nel 2040 causando un incremento del livello del mare pari a un metro entro il 2100, rendendo il bacino del Mediterraneo un prolungamento del Sahara. Dunque, le previsioni sono alquanto preoccupanti se si considera che un terzo della popolazione risulta a rischio (37 milioni di persone solo nel Nord Africa) e che l’aumento delle temperature sarà accompagnato da una serie di drammatiche conseguenze non soltanto dal punto di vista ambientale, ma anche economico, sociale e geopolitico. Di fatti le due sponde del Mediterraneo saranno particolarmente colpite dagli effetti nefasti del cambiamento del clima, dal momento che la regione ha già raggiunto +1,5 gradi dai livelli preindustriali e che entro il 2100 potrebbe arrivare fino a 3,8 gradi in alcune aree, sebbene alte concentrazioni di gas a effetto serra potrebbero alzare la temperatura fino a +5 gradi.
Il rapporto segnala i principali impatti del riscaldamento del clima su:
- Ecosistema con l’introduzione di più di 700 specie animali non-indigene dovuta al clima caldo, la morte in massa delle specie marine a causa dell’acidificazione del mare, la desertificazione di alcune aree con condizioni paragonabili a quelle del Sahara e l’intensificazione dei grandi incendi, che minacceranno le aree boschive del Mediterraneo;
- Livello del mare che potrebbe innalzarsi al punto da mettere a serio rischio le infrastrutture costiere e metà delle 20 città globali entro il 2050 e superare un metro entro il 2100;
- Risorse idriche con una disponibilità d’acqua dolce che diminuirà più del 15% in tutta la regione, mettendo in pericolo 180 milioni di persone nel 2013 e oltre 250 milioni in 20 anni. La regione arida del Sahara si estenderà fino a sciogliere i ghiacciai delle Montagne dell’Atlante in Marocco e delle Alpi italiane e francesi.
- Sicurezza alimentare dovuta all’aumento della domanda di alimenti e al declino nella produzione di colture, pesce e bestiame. In particolare, il 90% degli stock di pescato è attualmente prodotto in eccesso e il peso medio dei pesci si ridurrà della metà entro il 2050.
- Salute e sicurezza umana in quanto con l’aumentare della frequenza, l’intensità e la durata delle ondate di calore, soprattutto nelle città, i gruppi più vulnerabili potrebbero essere esposti a gravi rischi per la salute. Inoltre l’aumento delle alluvioni ha già avuto un ruolo chiave nell’attuale crisi regionale e in futuro potrebbero verificarsi migrazioni di larga scala e conflitti per accaparrarsi le scarseggianti risorse naturali.
Gli 85 scienziati provenienti da 20 paesi e appartenenti alla rete di esperti MedECC (Mediterranean Experts on Climate and Environmental Change), formatasi in occasione della COP21 di Parigi, hanno lavorato a questo report con l’obiettivo di avviare uno scambio di esperienze tecniche e di informazioni con gli attori politici. Risulta centrale per questo team di ricercatori sviluppare una maggiore consapevolezza sulla necessità di costruire una regione green, a bassa emissione di CO2 e resiliente ai cambiamenti climatici. La questione dovrebbe essere pertanto inserita all’interno delle agende politiche dei paesi del Mediterraneo, affinché si possa promuovere uno sviluppo sostenibile a livello socioeconomico e ambientale.
Questa consapevolezza sembra tuttavia mancare ai politici nostrani, come dimostra l’allagamento dell’aula del Consiglio regionale del Veneto dopo pochi minuti dalla bocciatura da parte della maggioranza, formata da Lega, FdI e FI, degli emendamenti utili a far fronte ai cambiamenti climatici. La foto dell’aula consigliare sommersa dalle acque fa il giro del web e diviene il simbolo tragicomico di una classe politica che nega il climate change mentre un paese intero si trova letteralmente con l’acqua alla gola. Il maltempo ha difatti provocato ingenti danni in tutta la Penisola da nord a sud, dai Sassi di Matera all’Alto Adige.
Il sospetto che non si tratti di un caso fortuito viene alimentato dai dati provenienti dallo European Severe Weather Database che registra i fenomeni metereologici estremi, come mostra Beatrice Brignone in un tweet, in cui mette a paragone gli eventi estremi avvenuti nel Regno Unito e in Italia nell’arco di venti anni. I numeri sono sconvolgenti: i fenomeni violenti nel nostro Paese sono passati da 17 nel 1999 a 1543 nel 2019, mentre in Gran Bretagna sono aumentati da 27 a 190. L’anno scorso sono stati rilevati più di mille eventi avversi, triplicando la cifra di 10 anni prima e testimoniando il cronicizzarsi dell’emergenza climatica sui nostri territori.
I paesi affacciati sul Mediterraneo hanno dunque l’arduo compito di bloccare le emissioni di CO2 e di attuare strategie di mitigazione e adattamento ai cambiamenti drastici che avverranno in futuro, raggiungendo una solida cooperazione fra Paesi del Sud e quelli del Nord. Solo così la sponda meridionale del bacino potrà stabilizzare la propria economia e attuare la transizione verde, affinché l’area non diventi simile al Sahara e possa affrontare gli impatti del cambiamento climatico sull’ecosistema e sulla sicurezza nella sua multidimensionalità. Per ora, la mancata presa di decisioni urgenti e il negazionismo del cambiamento climatico hanno avuto la meglio sugli avvertimenti della scienza.
Rebecca Graziosi