Controllo elegante al limite dell’area di rigore, due passi in avanti, palla spostata verso destra a disorientare Poli ed un meraviglioso tiro a giro che si insacca alle spalle di un incolpevole Mirante. Il primo gol in questa stagione di Federico Chiesa è una fotografia da tenere nell’album di famiglia, una famiglia che ha già visto foto molto simili a questa dal padre, Enrico, che di gol così ne ha fatti e tanti, nei 216 segnati in carriera.

Ridurre il giovane Chiesa (o Chiesino, com’è chiamato affettuosamente dai tifosi) alla stregua del paragone con il padre è però una grave ingiustizia nei suoi confronti. Non solo perché papà Enrico giocava da prima o seconda punta, quindi molto più vicino alla porta, ma soprattutto perché Federico sembra esser diventato già leader della sua Fiorentina, cosa che Chiesa sr. non ha avuto la possibilità di fare. In una viola rivoluzionata dalle fondamenta, con le partenze di TatarusanuGonzaloBorja ValeroKalinic e l’alto “tradimento” di Bernardeschi (che incrocerà il suo passato già alla quinta giornata) e con l’età media più bassa di tutta la Serie A (24,2), Chiesa si è preso la copertina e la guida spirituale della squadra, caricandosi di quelle responsabilità che i tifosi viola volevano veder riposte in Bernardeschi. Il gol dell’1-0 contro il Bologna, a sbloccare una partita che i felsinei erano riusciti a tenere ferma sul punteggio iniziale, sintetizza meglio delle parole ciò che il giovane Chiesa rappresenta per la sua Fiorentina: un faro verso cui rivolgersi mentre si è in difficoltà.

Chiesa in azione contro il Bologna

Non è però solo l’aspetto più romantico a fare di Chiesa il secondo capitano di questa squadra. La scorsa stagione agli ordini di Sousa, come esterno di destra a tutto campo nel 3-4-2-1, lo aveva responsabilizzato tatticamente, costringendolo ad abbandonare il suo ruolo naturale di ala destra per sacrificarsi in fase difensiva e permettere a Bernardeschi di esprimere il suo talento offensivo. Un utilissimo jolly per la squadra in difesa, ma estremamente limitato in fase d’attacco, dove spesso si presentava poco lucido dopo aver percorso anche 60m di campo e magari dopo aver recuperato lui stesso palla, ed i 3 gol segnati lo scorso anno sono la testimonianza delle poche chance che Chiesa aveva di attaccare la porta. L’avvento sulla panchina della Fiorentina di Stefano Pioli, unito alle partenze dei big d’attacco dello scorso anno, sono stati una manna dal cielo per il classe ’97. Nel 4-2-3-1 disegnato dall’ex tecnico dell’Inter, Chiesa è diventato una splendida ala sinistra, che continua a non disdegnare i ripiegamenti in fase difensiva (la cavalcata dopo aver superato 4 uomini contro il Bologna ne è un esempio) ma che è finalmente slegato da compiti di marcatura e può ricevere il pallone diversi metri più avanti rispetto a quando faceva l’esterno per Sousa, accentrarsi per puntare verso la porta con il suo destro ed allargarsi per servire i compagni, chiamare la profondità o cercare la sovrapposizione. La disciplina tattica dell’allenatore portoghese ci ha consegnato un Chiesa quasi perfetto in entrambi le fasi, Pioli invece ci sta regalando un giocatore capace di fare la differenza per la sua squadra, a neanche 20 anni di età.

Chiesa durante lo stage con la Nazionale maggiore

Il gol di sabato è solo la prima perla che il numero 25 regalerà alla sua Fiorentina, che su Chiesa ha puntato la maggior parte delle speranze di disputare una stagione migliore di quella che i nastri di partenza prevedono, ovvero di una squadra che ha venduto tutti i pezzi pregiati eccetto uno: il giovane figlio d’arte che sta per scrollarsi il nome del padre. E chissà che questa stagione non possa portarlo a disputare il mondiale in Russia con la Nazionale, che di questa fame e di questa umiltà, in campo e fuori, ha estremamente bisogno.

Andrea Esposito

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