La VAR ha finalmente debuttato in Serie A. Una rivoluzione che migliorerà senza dubbio la serenità degli arbitri nella direzione delle partite. Una prima apparizione che di certo non è passata inosservata, considerando il numero di volte che è stata utilizzata nel corso della prima giornata. Dallo Juventus Stadium di Torino all’Ezio Scida di Crotone, la VAR è stata protagonista. E, un po’ complice la confusione soprattutto tra i non addetti ai lavori derivante da una novità così radicale, un po’ complice la normale disabitudine a situazioni di questo tipo, le polemiche non sono tardate ad arrivare, come quelle di Mihajlovic nel post-partita di Bologna-Torino.
UTILIZZO. Partiamo da una spiegazione di “genere”: la VAR è la tecnologia che viene utilizzata, il VAR è il Video Assistant Referee, ovverosia l’assistente addizionale che la utilizza. Essa viene impiegata in quattro episodi (elencati di seguito) e può correggere soltanto quelli in cui ci sia la certezza dell’errore:
- Convalida di un gol. Nel caso in cui ci fossero infrazioni nell’azione che porta ad una rete, il Var può avvertire l’arbitro per annullare la convalida;
- Cartellino rosso. Si può intervenire solo in caso di potenziale rosso e mai per il “primo” cartellino giallo;
- Calcio di rigore;
- Scambio d’identità. Nel caso in cui un arbitro sbagliasse ad ammonire un giocatore piuttosto che un altro.
Per tutto il resto, dunque, si prosegue come si è sempre fatto. In ogni caso, la decisione spetta sempre all’arbitro, perché, come già detto dal supervisore del progetto Rosetti e dal neo-capo degli arbitri Rizzoli, <<è soltanto un supporto>>.
Ma veniamo all’annosa domanda – ammesso che sia tale – che ci si sta ponendo: la VAR metterà fine agli errori arbitrali? No. Assolutamente no. La VAR non azzera le sviste arbitrali. È importante che questo concetto sia chiaro. Non è possibile che la tecnologia possa soppiantare l’occhio umano in un mondo dove la decisione è soggettiva a causa di un regolamento poco chiaro in alcuni aspetti, che in altrettante situazioni porta addirittura le moviole post-partita ad ammettere il classico dei classici “si può fischiare come non si può fischiare”. Potrà essere d’aiuto in alcuni episodi evidenti, ma non in quelli dubbi che rappresentano la gran parte delle situazioni calcistiche che generano polemiche.
I cosiddetti episodi borderline, cioè tutti quelle situazioni di gioco dove si cerca di “misurare” l’intensità di un contatto (trattenute, interventi scomposti) o si prende come punto di analisi principale la volontarietà (falli di mano), resteranno a discrezione totale dell’arbitro. Finché non si stabilisce un regolamento chiaro per ogni tipologia di circostanza che venga in supporto – come fa adesso la tecnologia – sarà sempre complicato ridurre al minimo la percentuale di errori.
Prendiamo come esempio i falli di mano. Secondo il regolamento (regola 12), il fallo di mano implica un atto intenzionale di un calciatore che con la mano o il braccio viene a contatto con il pallone. I seguenti criteri devono essere presi in considerazione: il movimento della mano verso il pallone (non del pallone verso la mano); la distanza tra l’avversario e il pallone (pallone inaspettato); la posizione della mano non significa necessariamente che ci sia un’infrazione; toccare il pallone con un oggetto tenuto nella mano (indumenti, parastinchi, ecc.) è considerato come un’infrazione. Dal momento che il regolamento non è chiarissimo, il Settore Tecnico dell’AIA ha integrato nel regolamento un documento (datato marzo 2015), nel quale si aggiunge che un fallo di mano va considerato volontario nel caso in cui un giocatore “assuma con le braccia una posizione ‘innaturale’, cioè non funzionale al movimento del resto del corpo”. Insomma un regolamento che lascia spazio a diverse interpretazioni, che naturalmente possono portare a delle incongruenze. L’episodio del fallo di mano di De Sciglio nel finale di Juventus-Milan della passata stagione è emblematico: per Sky Sport e RAI era rigore, per la Gazzetta dello Sport e Sportmediaset non lo era. Inoltre, essendo una tipologia di episodio non chiaro, il VAR in questo caso non sarebbe potuto intervenire, lasciando tutto nelle mani – ironicamente – di Massa.
Il punto focale della questione è che il gioco ha raggiunto una velocità tale per cui è sempre più complicato per i direttori di gara stabilire l’entità di determinati contatti. Ragion per cui si dovrebbe cercare di rendere il regolamento il meno interpretabile possibile.
Resta il fatto che aspettarci un campionato esente da errori (e polemiche), come abbiamo già visto del resto, non è ancora possibile. Un passo avanti è stato fatto, ma ne servono ulteriori.
Michele Di Mauro