Ventuno elementi chimici. Ventuno racconti. Un numero indeterminato di analisi microscopiche, di ricordi puntuali, di scomposizioni. Scomposizioni di miscele, di anime che tornano a combinarsi per generare qualcosa di scientificamente e poeticamente ordinato: è così che prende forma Il sistema periodico, la quinta fatica letteraria di Primo Levi.

Uscito per Einaudi nel 1975, Il sistema periodico non è un semplice trattato di chimica, né una pura autobiografia. È, invece, una storia di passioni che crescono simultanee, di amori potenti che, in ogni modo, tentano di opporsi al caos del mondo, dilaniato dalla guerra e deturpato dalle disumani Leggi razziali.

«La chimica rappresentava una nuvola indefinita di potenze future, che avvolgeva il mio avvenire in nere volute lacerate da bagliori di fuoco […] da quella nuvola attendendo la mia legge, l’ordine in me e attorno a me […]».

«Scrivevo poesie concise e sanguinose, raccontavo con vertigine […] scrivendo trovavo breve pace e mi sentivo ridiventare uomo, uno come tutti».

Il sistema periodicoDa un lato vi è la Scienza, o meglio la cosiddetta scienza centrale, quella che studia la materia per scoprirne precetti e segreti, per dominarne le strutture; dall’altro la Letteratura e una smania irrefrenabile di mettere per iscritto le proprie esperienze, di conferire un senso a un’esistenza segnata dalle atrocità, di rendere giustizia agli anni trascorsi tra fabbriche e laboratori in compagnia di vite strambe, grigie, eppure in grado di colmare vuoti e assenze.

Insperabili, dunque, ne Il sistema periodico sono lo scrittore e lo scienziato.

Due facce della stessa medaglia, due profili accomunati dal medesimo spirito di osservazione e riflessione: si dissezionano elementi della tavola periodica e, ugualmente, tasselli di memoria.

Tasselli che si susseguono secondo una linea cronologica, che disegnano nitidamente il percorso esistenziale di Levi mettendone in risalto gli episodi più significativi: il risultato è una raccolta di straordinaria dinamicità e purezza, colorata a tratti da un’ironia e da una dolcezza che, insieme, lasciano affiorare il lato più umano dell’autore, quello che il Lager non ha saputo e potuto reprimere.

E profondamente umana è anche la visione che del lavoro si restituisce, finalmente depurato dal carattere punitivo e derisorio affibbiatogli dagli artefici di Auschwitz. Gli esperimenti, gli incontri in officina e le consulenze diventano così strumenti di crescita – personale, oltre che professionale –, che aiutano Levi nel superamento dei mille ostacoli del regime fascista e nell’annientamento delle sue fasulle verità: pensare, dubitare dei dogmi, agire costituiscono nei tempi storicamente infelici l’antidoto contro la corruzione della propria dignità.

Il sistema periodico è, però, non solo sintesi di un’individualità, bensì quadro di una cronaca collettiva: come in Se questo è uomo, Levi si impegna a tracciare i ritratti di amici e colleghi, persone autentiche, animate da fragilità e desideri, rappresentanti di una generazione che, malgrado le innumerevoli difficoltà, sa come cavarsela. Emblematica è la figura di Sandro, ragazzo solitario col quale Levi, ancora studente, instaura un rapporto che è di confronto, di scambio di saperi e culture, prima ancora che d’amicizia:

«Sandro mi ascoltava, con attenzione ironica, sempre pronto a smontarmi con due parole garbate e asciutte quando sconfinato nella retorica: ma qualcosa maturava in lui […]. Lui che fino ad allora non avevo letto che Salgari, London e Kipling, divenne di colpo un lettore furioso […]. Nello stesso tempo, per inconscia gratitudine, e forse anche per desiderio di rivalsa, prese a sua volta ad occuparsi della mia educazione […]. Potevo anche aver ragione: poteva essere la Materia la nostra maestra, e magari anche, in mancanza di meglio, la nostra scuola politica; ma lui aveva un’altra materia a cui condurmi […] l’autentica Urstoff senza tempo, la pietra e il ghiaccio delle montagne vicine.»

Conoscenze come queste forniscono nutrimento interiore, arricchiscono la narrazione, regalando sprazzi di luce a un’era di buio tirannico, quella che poi inghiottirà lo stesso Sandro: la chimica lo unirà a Levi; la penna dell’amico gli riconsegnerà la vita che prematuramente gli sarà strappata.

Ne Il sistema periodico si mescolano quindi sogni privati, tragedie pubbliche, politica, storia, etica; tutto si incrocia in una scrittura concreta, limpida, che di rado si fa tecnica, conservando la sua chiarezza anche in quei pochi momenti in cui il Levi letterato si lascia sovrastare dal fervore del Levi chimico, impegnato, ad esempio, nella spiegazione del miracoloso recupero di vernici solidificate o nella descrizione dell’allossana. 

Mai, però, l’uomo di scienza prevale totalmente, sempre parla la duplice anima leviana, che proprio con un racconto di ossequio alla sua natura molteplice decide di chiudere la raccolta:

«Questa cellula appartiene ad un cervello, e questo è il mio cervello, di me che scrivo, ed in essa l’atomo in questione, è addetta al mio scrivere, in un gigantesco minuscolo gioco che nessuna ha ancora descritto. È quella che in questo istante […] fa sì che la mia mano corra in un certo cammino sulla carta […] un doppio scatto, in su ed in giù, fra due livelli d’energia guida questa mia mano ad imprimere sulla carta questo punto: questo.»

Un punto che non è la fine. Un punto che è l’indelebile traccia di sé lasciata nell’infinito universo della Materia.

Anna Gilda Scafaro

Laureata in Filologia Moderna presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, sogno da sempre di tramutare la mia passione per la Letteratura in un mestiere. Mi emozionano la poesia, gli affreschi e le tinte rosate del tramonto. La scrittura è il mio rifugio, il mezzo con il quale esprimo liberamente la mia essenza e la visione che ho del mondo. Attualmente coordino la sezione Cultura di Libero Pensiero News.

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