Durante la Cop23 arriva l’appello di 15 mila scienziati: le condizioni del pianeta procedono spedite verso un punto di non ritorno. Mettere in pratica gli accordi di Parigi, presi alle fine del 2015, appare sempre più una decisione improrogabile.
L’appello dei 15mila ricercatori arriva durante la Cop23, la Conferenza sul Clima che anticipa l’incontro in Polonia programmato per il 2018, e scuote l’opinione pubblica: il destino della Terra è vicino al punto di non ritorno, affermano i preoccupati firmatari sostenendo che non si tratta di un falso allarme. Questo genere di iniziative non è nuovo nel mondo scientifico, ma appare per la prima volta, grazie anche all’accesso a mezzi di comunicazione trasversali e senza intermediazioni come i social network, che l’appello raggiunge un consenso e una condivisione potremmo definire virale. La salvaguardia del clima è un’esigenza che va al di là di credo, etnia, classe sociale o schieramento politico.
Era il 1992 quando i Premi Nobel riuniti nell’organizzazione ‘Union of Concerned Scientists’ assieme a oltre 1.700 firmatari misero in guardia sull’impatto che le attività umane avrebbero avuto sull’ambiente danneggiando il Pianeta in modo potenzialmente irreversibile. Oggi il numero dei firmatari è cresciuto notevolmente e l’appello, pubblicato sulla rivista scientifica americana Bioscience, degli oltre 15mila scienziati di 184 Paesi manifesta chiaramente la progressiva convergenza del mondo scientifico verso il problema clima e ambiente. Non più una preoccupazione di pochi, ma una certezza per molti.
Qualcosa dal 1992 è certamente cambiato: l’opinione pubblica è estremamente più sensibile al problema, molti influencer sono impegnati nella battaglia per il pianeta; non si contano le prese di posizione di registi, cantanti, attori: basti pensare al discorso di Leonardo DiCaprio durante la premiazione agli ultimi Oscar oppure il documentario ”Punto di non ritorno” prodotto dallo stesso attore. Tutto questo ha contribuito ad alcuni risultati come la riduzione del buco nell’ozono, l’aumento dell’energia da fonti rinnovabili e il calo del tasso di deforestazione.
Eppure questo non basta: particolarmente preoccupante è il cambiamento climatico potenzialmente catastrofico che non è stato minimamente intaccato. L’appello partito da William J. Ripple, ricercatore della Oregon State University, analizza dati provenienti da agenzie governative, organizzazioni e da singoli studi, e tira delle somme a tinte molto fosche: la condizione del pianeta Terra non solo resta molto preoccupante, ma sta addirittura peggiorando. Ma qual è la posizione espressa dei grandi del pianeta durante la Cop23?
Per Angela Merkel il problema climatico è “ la sfida centrale per il destino dell’umanità”, ma contemporaneamente ha dichiarato la dipendenza della Germania dal carbone che ne impedirà la chiusura delle centrali in tempo breve. Non si tratta, dichiara, soltanto di un problema ambientale ma anche sociale. Emmanuel Macron non usa mezzi termini e citando proprio l’appello dei 15mila dichiara che “[..] continuando così è come se accettassimo tacitamente e collettivamente la sparizione di popolazioni rappresentate qui”. Prospettiva più che realistica, considerando l’innalzamento dei livelli dei mari, siccità, carestie, conflitti, epidemie che ne deriverebbero.
Altrettanto semplice è la posizione dei firmatari: non stiamo facendo abbastanza per il clima. Il punto nevralgico che secondo gli scienziati viene sottovalutato è l’incremento demografico. “Stiamo mettendo a repentaglio il nostro futuro non mettendo un freno al nostro consumo materiale intenso ma geograficamente e demograficamente irregolare e non percependo la rapida e continua crescita della popolazione come un fattore chiave di molte minacce ecologiche e anche sociali” dichiarano.
Il peggioramento della condizione della Terra può facilmente leggersi attraverso questi dati:
- La quantità di acqua dolce disponibile per la popolazione mondiale è diminuita del 26%;
- il numero delle zone morte oceaniche è aumentata del 75%;
- circa 120 milioni di ettari di foreste sono state distrutte per far posto a terre agricole
- le emissioni di gas serra sono aumentate più del 60%;
- la temperatura media terrestre è salita del 167%;
- la popolazione umana è aumentata del 35%;
- la popolazione animale è diminuita del 29%;
Forse ancora più semplici eppure allo stesso tempo difficili da attuare sono le misure attive proposte: limitare la crescita della popolazione, riesaminare il ruolo dell’economia radicata nella crescita, ridurre i gas serra, incentivare le energie rinnovabili, proteggere l’habitat, ricostruire gli ecosistemi, ridurre l’inquinamento, bloccare la defaunazione e il disboscamento.
Il punto di non ritorno è molto più vicino e alcuni temi messi in evidenza nel nuovo appello rappresentano una priorità per molte aziende, altri sfuggono richiedono un costante impegno delle istituzioni a livello mondiale. Eppure, concludono i ricercatori, nessuno si senta escluso né dalla minaccia né tanto meno dalle responsabilità.
Francesco Spiedo