Si punta alle strette: il green pass diventa obbligatorio. Dopo giorni di discussione il Governo introduce, tramite decreto, l’obbligo di certificazione per svolgere alcune attività. Lo fa in modo soft. Basterà infatti una sola dose di vaccino, almeno per il momento, o un tampone negativo. Non hanno scoraggiato le proteste francesi dei giorni scorsi: diverse erano state le manifestazioni contro le restrizioni di Macron. L’Italia ha comunque puntato su una linea non completamente uguale ma simile. E a nulla sono servite le resistenze all’interno della maggioranza al Governo, quelle di Matteo Salvini in primis. Se vaccinarsi resta una necessità e l’unica via possibile, diversi restano gli interrogativi sulle nuove limitazioni introdotte dal green pass. Perplessità che riguardano la liceità di un tale obbligo – si può limitare la libertà dei cittadini? – ma anche più pratiche – è corretto che siano i ristoratori già impegnati col loro lavoro a controllare i pass?
Green pass: cosa prevede
Dal 6 agosto ai cittadini che hanno più di 12 anni. È a loro che servirà una dose di vaccino o un tampone negativo per accedere ai luoghi al chiuso: nei ristoranti e bar con consumazione al tavolo, per andare al cinema, al teatro o in palestra. Incluse nella lista delle attività anche fiere, sagre, convegni e concorsi. La bozza, presentata dal ministro della Salute Roberto Speranza e dalla ministra degli Affari Regionali Maria Stella Gelmini, è stata approvata dal consiglio dei ministri. Niente obbligo di green pass, al momento, per i trasporti pubblici. L’introduzione della misura punta a incentivare le vaccinazioni. L’obiettivo resta immunizzare i cittadini ed evitare la diffusione di nuove varianti. Il rischio di una nuova chiusura autunnale spaventa non poche persone.
Lo scontro politico e non solo
No all’obbligo e no al modello francese, ha tuonato Giorgia Meloni in questi giorni. A spingere per il green pass è stato il PD. Movimento 5 stelle e Lega hanno chiesto nei giorni scorsi scelte diverse per non intaccare la ripresa.
«Non possiamo fermare a metà luglio una stagione turistica che sta faticosamente ripartendo.» Lo ha detto Salvini durante la puntata di “Agorà” su Raitre. «Il green pass è uno strumento che ci consentirà di salvare noi e altre vite. Non sarà il menefreghismo di Salvini ad aiutarci», le parole del segretario Enrico Letta in occasione della Festa dell’Unità svoltasi a Roma pochi giorni fa. L’ultima parola è del Presidente Mario Draghi che in conferenza stampa ha dichiarato: «Il green pass non è un arbitrio ma una condizione per non chiudere le attività produttive».
Più chiare sembrano essere le idee dei cittadini, almeno nei numeri. Secondo un sondaggio realizzato da SWG tra il 24 e il 16 luglio, su 800 intervistati uno su due ha dichiarato che il Governo avrebbe dovuto spingere per un green pass. Che fosse una decisione sbagliata a prescindere lo ha dichiarato il 19%, meno di un italiano su 5. Ma già poche ore dopo l’approvazione del green pass in alcune città le persone si sono riversate per strada gridando all’unisono “libertà”, com’è accaduto a Torino.
Riflessioni necessarie
Al di là dello scontro politico, il green pass solleva diverse questioni. Lo Stato non può obbligare i cittadini a fare qualcosa contro la loro volontà, ma d’altro canto la Costituzione tutela la salute come interesse della collettività. Se qualcosa hanno lasciato le morti giornaliere, gli incessanti rumori delle ambulanze, le ansie, le paure e le difficoltà fisiche, psicologiche ed economiche, è che la salute deve essere salvaguardata. E bisogna farlo con gli strumenti di cui si dispone. La posizione è apparentemente inattaccabile, ma accettarla in modo totale può banalizzare sfumature nascoste. È innegabile che un obbligo limita una libertà individuale. Se la soluzione è utile allo scopo – il bene collettivo e la salute pubblica – la necessità prevale. La limitazione però non dovrebbe essere eterna quanto limitata nel tempo e proporzionale allo scopo. Per evitare degenerazioni ed esasperazioni, non soltanto antidemocratiche ma anche discriminatorie.
I dubbi sono anche pratici, con la gestione della campagna vaccinale che ha avuto alcune lacune: per esempio, pochi studenti fuori sede sono riusciti a vaccinarsi e, se ce l’hanno fatta, hanno passato ore al telefono o in giro per le Asl. Inoltre il controllo del green pass spetterà agli esercenti. Nel caso in cui i clienti non ne fossero in possesso, potrebbero sanzione che va dai 400 ai 1000 euro. In linea teorica tutto fila, ma la pratica è sempre complessa. Basta osservare quanto già accade. Al momento un prototipo di green pass esiste ed è quello dei matrimoni, ma i controlli stanno funzionando poco e la certificazione non ha impedito che si sviluppassero focolai. E poi ci sono i comportamenti individuali: con l’allentamento delle restrizioni l’obbligo di utilizzare la mascherina sui mezzi e nei luoghi chiusi è lasciato alla libera scelta delle persone.
C’è già tanta fragilità psicologica. Ci sono disagi economici e sociali. La traduzione in violenza o in alienazione è già realtà. Un’esplosione sociale non è così impensabile. Per questo è necessario agire tempestivamente ma anche essere realisti e lungimiranti.
Alba Dalù