L’avvento e la diffusione dello smart working dopo la pandemia ha portato alla luce una serie di benefici generali che rendono preferibile questa modalità di lavoro per aziende e dipendenti. Dal maggiore rendimento dei lavoratori ai costi minori per le aziende (in termini di bollette e manutenzione di strutture fisiche), sembra che adottare lo smart working sia la soluzione del futuro.
Ma quali sono i lavori per i quali la modalità smart è già una realtà consolidata?
Digitale: modalità smart tra i must per i candidati
La modalità full remote è già possibile per alcuni dei lavori più richiesti del momento, primi fra tutti i cosiddetti “lavori digitali”, per i quali è previsto un aumento di richiesta del 14%. Questo tipo di professioni infatti non richiede la presenza obbligatoria in sede, motivo per cui la modalità di lavoro “smart” è sempre più richiesta dai lavoratori del settore; basti pensare che a ritenerlo indispensabile è ormai la quasi totalità dei candidati per questi ruoli professionali.
Lo smart working è possibile grazie alla volontà delle aziende di conformarsi agli standard europei, aziende che con incentivi statali mirati alla digitalizzazione stanno investendo pesantemente nella conversione e nella formazione dei dipendenti. In notevole ascesa in questo senso risultano essere i ruoli legati alla cyber security, eseguibili completamente da remoto, oltre alla digitalizzazione di ruoli legati al settore sociale ed economico.
Tra passato e futuro: la forma ibrida resiste
Per quanto riguarda gli altri settori, sia aziende che lavoratori concordano sul mantenimento di una forma di lavoro almeno ibrida: a sostenerlo sono soprattutto i lavoratori nella fascia compresa tra i 20 e i 30 anni, secondo quanto emerge dall’indagine condotta a marzo 2022 da Reverse.
Sebbene per il 90% delle aziende lo smart working sia ormai una forma di lavoro definitiva, la modalità più gettonata è proprio quella ibrida: secondo lo studio del Centro Ricerche AIDP, il 38% delle aziende permetterà ai dipendenti di lavorare da casa due giorni a settimana. Attualmente, inoltre, la proroga delle norme per lo smart working totale riguarda solo la fascia dei “lavoratori fragili” e durerà fino al 31 marzo.
Secondo i lavoratori, però, lo smart working va ottimizzato e regolarizzato attraverso nuovi termini contrattuali, come il diritto alla disconnessione, il lavoro per obiettivi, formazione e spazi di lavoro. I lavoratori sostengono che sia necessario un ridimensionamento della “reperibilità”, aumentata notevolmente data la flessibilità, e la mancanza di un vero e proprio termine della giornata lavorativa. Una programmazione del lavoro per obiettivi potrebbe sopperire al problema.
Inoltre, è necessario implementare gli spazi di lavoro e per l’80% dei lavoratori l’azienda dovrebbe partecipare alle spese degli strumenti necessari, oltre alla creazione di percorsi di formazione digitali.
Pasquale De Laurentis