Europa sì, Europa no. È stata una giornata molto intensa quella vissuta ieri dalla città di Roma, che ha ospitato le celebrazioni per il 60° anniversario della firma dei Trattati di Roma.

Siglati il 25 marzo del 1957 da Italia, Francia, Germania e paesi del Benelux (Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo), questi accordi sancivano la nascita della CEE (Comunità Economica Europea) e della CEEA (Comunità Europea dell’Energia Atomica), ponendo le basi per il successivo sviluppo dell’Unione Europea.

L’importanza delle celebrazioni ha portato a Roma numerosi capi di Stato e di Governo oltre ai vertici delle istituzioni europee, richiamando quindi l’intervento massiccio di militari e forze dell’ordine per scongiurare il pericolo di attentati terroristici. Sono state quindi organizzate due “zone franche”, la zona blu e la zona verde, inaccessibili per chiunque non fosse autorizzato, mandando letteralmente in tilt la già precaria viabilità romana.

Ma quest’importante ricorrenza coincide con uno dei momenti più difficili per l’Unione Europea dalla sua fondazione, come testimoniato dalla Brexit e dall’avanzata di partiti che intercettano una sempre crescente diffidenza dei cittadini nei confronti delle istituzioni europee. Lo stesso premier Gentiloni, nel suo discorso, ha identificato nella difesa comune, nelle politiche migratorie, nella crescita e nel lavoro «gli ingredienti per restituire fiducia», mentre il presidente della Repubblica Mattarella ha parlato della necessità di una «nuova fase costituente».

Ma oltre alle celebrazioni ufficiali, svoltesi in Campidoglio, numerosi cortei e manifestazioni hanno “animato” la giornata romana. Manifestazioni minori sono state organizzate dall’estrema destra e dal Partito Comunista, ma due sono stati gli eventi principali: il raduno pro-Euro ad Arco di Costantino, dopo l’incontro dei cortei “La Nostra Europa” e quello del Movimento Federalista Europeo; e il corteo della piattaforma “Eurostop”, che sotto lo slogan “No Euro, No UE, No NATO” raggruppava diversi partiti e movimenti della sinistra radicale.

Quest’ultimo evento, in particolare, destava molte preoccupazioni per la possibilità di infiltrazioni da parte dei cosiddetti “Black Bloc”. Il timore era quello che si potesse ripetere l’esperienza del corteo No-Expo a Milano del maggio 2015, o più recentemente della manifestazione contro Salvini a Napoli, in cui questi gruppi di violenti hanno dato vita a scontri con la polizia che hanno messo a ferro e fuoco le città. Fortunatamente però il pericolo sembra essere stato scongiurato ed entrambi i cortei si sono svolti pacificamente, nonostante due pullman provenienti dal nord Italia siano stati bloccati alle porte di Roma e 122 persone fermate, di cui 13 allontanati da Roma con un foglio di via.

Questi schieramenti rispecchiano un po’ quella che è la visione di un’opinione pubblica spaccata in due sul tema Europa: da un lato chi pensa che l’Europa, pur in tutti i suoi limiti ed incompiutezze, sia una risorsa da proteggere e semmai correggere; dall’altro chi invece la considera come un giogo che sta lentamente asfissiando le popolazioni alimentando le disuguaglianze sociali, e da cui uscire il prima possibile per recuperare la sovranità nazionale. Insomma il dibattito è aperto, ma probabilmente le due posizioni potrebbero essere meno distanti di quanto si pensi.

Perché se è vero che c’è bisogno di un cambio di rotta, e anche piuttosto deciso, verso un’Europa più sociale e meno “finanziaria”, è vero anche che in un’economia che si fa sempre più globalizzata, un ritorno agli stati nazionali condannerebbe l’Europa a un ruolo da comprimario in balia di questa o quella potenza, privandola degli strumenti adatti ad affrontare le sfide del nuovo millennio.
Insomma, quel che è certo è che su questa tematica si gioca il futuro non solo dell’Italia o dell’Europa, ma dell’intera economia globale.

Simone Martuscelli

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