Hillary Clinton, a poco più di due settimane Election Day dell’8 novembre, secondo un sondaggio Reuters/Ipsos, avrebbe ben il 95% di chance di vincere le elezioni. 

Numeri, secondo Reuters/Ipsos, che tradotti in “grandi elettori” (i delegati di ogni singolo Stato che formalmente eleggeranno il presidente il 19 dicembre) darebbero a Clinton 326 voti (ben 56 in più dei 270 sul totale di 538 necessari per conquistare la Casa Bianca) mentre Trump ne otterrebbe 212.

Se l’andamento generale dei sondaggi, anche dopo l’ultimo confronto televisivo vinto con un margine più risicato dalla ex-first lady, sembrano sorridere ai democratici, Trump pare ben lontano dal considerarsi già sconfitto. In un atteso discorso programmatico tenuto a Gettysburg, in Pennsylvania, il magnate ha elencato le linee programmatiche dei primi 100 giorni del suo incarico nel caso venisse eletto presidente.

In un programma chiamato “Contratto con l’elettore americano”, Trump ha ampliato e specificato alcune delle proposte già avanzate in campagna elettorale, come la deportazione degli immigrati irregolari “criminali” e l’approccio fermamente protezionista in materia di politica economica.

Ha ripetuto nella prima parte del suo discorso di credere nella possibilità di elezioni truccate, affermazione, questa, che segue quella ancor più clamorosa con la quale non ha escluso la possibilità di non riconoscere il risultato del voto in caso di vittoria della Clinton.

Secondo la maggior parte dei commentatori, l’ultima polemica del candidato repubblicano renderà inutile ogni tentativo di recupero, un “suicidio politico” che condanna i repubblicani a dover già pensare a un candidato credibile che possa unificare le varie anime del partito per le presidenziali del 2020.

Mettere in discussione il processo elettorale anche in un sistema costituzionalmente forte e ormai maturo come quello statunitense significa minare la credibilità e la stabilità della democrazia americana in tempi complessi segnati da una nuove turbolenze sociali e razziali. Non era mai successo nella storia politica americana, ma Trump ha preferito tenersi le mani libere aprendo l’inquietante scenario di un Paese fatto precipitare nell’incertezza, nel caos della contestazione del risultato delle urne da parte dell’esercito dei fan del miliardario conservatore.

Il Washington Post, ad esempio ha parlato di “errore-killer”, osservando che Trump “ha amplificato una delle accuse più esplosive della sua candidatura, il fatto che potrebbe attribuire la responsabilità della sua sconfitta a un elezioni truccate”. È stato anche sottolineato come sia emerso dalle sue parole un allontamento clamoroso dai principi che sono stati alla base della democrazia americana da più di due secoli.

Per la Cnn si è trattato di “un momento che lascia senza fiato, mai visto nelle settimane precedenti una elezione presidenziale moderna. È un’affermazione che minaccia di mettere dubbio un principio fondamentale della politica americana: il trasferimento del potere -pacifico, su cui non c’è contesa – da un presidente al successivo, che viene riconosciuto come legittimo dopo che ha vinto nelle elezioni”.

Gennaro Dezio

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