L’effetto Catalogna ha comportato la rivendicazione di un equivalente e corrispondente diritto all’autodeterminazione da parte di tutte le regioni italiane in cerca di indipendenza o maggiore autonomia, tra le quali si ricordano, oltre a Sicilia, Sardegna ed altre a Statuto speciale, Veneto e Lombardia.
In un Paese come l’Italia dove il Calcio è qualcosa di profano, il discorso sull’indipendenza di una regione o di un territorio si ripercuote, inevitabilmente, sul piano sportivo. Eppure, il più delle volte i promotori e i sostenitori delle posizioni indipendentiste omettono di prendere in considerazione gli effetti sportivi derivanti da una eventuale separazione di un territorio dallo Stato Centrale, innanzitutto per una questione di priorità, essendo altri gli ostacoli principali su cui bisogna lavorare per la realizzazione dei loro desideri di secessione, in secondo luogo, anche per motivi di opportunità, in quanto trovare soluzioni organizzative e strutturali calcistiche nell’eventualità dell’indipendenza di una regione Italiana è alquanto complicato, pertanto, meglio non parlarne.
Le circostanze che, all’occorrenza, andrebbero prese in considerazione corrispondono a quelle già oggetto di attenzione nell’ambito della polemica legata all’indipendenza della Catalogna, e cioè: la squadra rappresentativa di una regione che si è dichiarata o ha ottenuto l’indipendenza potrebbe ancora far parte della Federazione Calcistica Italiana? In caso negativo, in quale Lega e, di conseguenza, campionato militerebbe? Sarebbe necessaria la costituzione di una nuova Lega nazionale/regionale alla quale dovrebbero prendere parte tutte le squadre della “nuova” regione? Più probabile è lo scenario di indipendenza di una regione, più aumentano le perplessità legate al futuro calcistico/sportivo dei gruppi che risiedono al suo interno.
Orbene, a questo punto occorre chiedersi quali sono le squadre di calcio che la Federazione Italiana di Calcio o, comunque, il campionato di Serie A rischierebbe di perdere nel più che remoto scenario dell’indipendenza di alcune regioni italiane.
Partiamo dalla Sardegna, una regione dotata di una peculiare collocazione geografica che, in effetti, la rende emarginata dal resto del territorio italiano. Le rivendicazioni di indipendenza che da tempo popolano le strade del capoluogo Cagliari e di altre città, importanti mete turistiche mondiali, sono supportate da argomenti che vanno dalla unicità della lingua all’autonomia finanziaria e legislativa, in parte già riconosciuta dallo Stato Italiano come dimostra il possesso dello Statuto Speciale. D’altra parte, in alcune zone della Sardegna, in particolare Alghero, il catalano è uno degli idiomi ufficiali, parlato dalla quasi totalità dei cittadini, a causa della vecchia appartenenza della città all’Impero Aragonese. Basti pensare che in occasione della campagna referendaria in Catalogna, gran parte dei sardi, riuniti all’interno di appositi movimenti o espressione di partiti politici, hanno sostenuto le ragioni dei colleghi di Barcellona attraverso cortei o manifestazioni di piazza, durante le quali alle richieste di indipendenza si è accompagnata una strenua difesa del diritto di voto. Ma quale sarebbe il futuro delle squadre calcistiche sarde nel caso di indipendenza della Regione Sardegna? La creazione di un apposito campionato racchiuso all’interno dei confini regionali consentirebbe senza dubbio ai giocatori di evitare i lunghissimi viaggi che solitamente affrontano per scontrarsi con le altre squadre di Serie A. Tuttavia, il campionato sardo, già da qualcuno paventato, sarebbe senza dubbio caratterizzato dallo strapotere del Cagliari e dalla lotta tra altre squadre minori come Olbia e Torres, da anni militanti in lega Pro. Caratteristica e competitiva sarebbe la Nazionale di Calcio Sarda, con Zola possibile allenatore e Sirigu tra i pali, mentre in avanti ad assicurare i gol ci penserebbero Marco Sau o Matteo Mancosu.
Oltre alla Sardegna, da tenere d’occhio è la insistenza nel rivendicare l’indipendenza mostrata da parte di un’altra regione, la Sicilia, sul cui territorio spopolano movimenti indipendentisti come il famosissimo Movimento dei Forconi, che nel 2012 mise a soqquadro la regione nel quadro di una partecipatissima, anche se in parte oscurata dai media, protesta popolare contro il Governo locale e quello Centrale. Anche in questo caso la posizione geografica e lo Statuto Speciale sono argomenti su cui buona parte dei cittadini fonda le proprie pretese indipendentiste, alludendo ad un autosostentamento economico e legislativo. Mentre, però, nel caso della Sardegna, a lasciare la Serie A o, comunque, le serie inferiori, sarebbero poche squadre importanti o conosciute, nel caso della Sicilia la Federazione Calcistica Italiana si priverebbe di storiche compagini come Palermo, Catania, Messina e Trapani, ciascuna delle quali ha militato almeno una volta in tornei professionistici. Competitivo sarebbe, conseguentemente, un eventuale campionato di calcio regionale autonomo, accompagnato dalla creazione di una apposita nazionale di calcio Siciliana che avrebbe come protagonisti i vari Ragusa, Calaiò e, “udite udite”, Mario Balotelli, che a Palermo ci è nato.
Non vi è dubbio che le due isole italiane verrebbero prese a modello da parte di altri territori da sempre noti per le loro posizioni secessioniste, i quali seguirebbero a ruota gli, a quel punto, ex connazionali per emulare le loro azioni e costituire territori indipendenti sia dal punto di vista politico che sportivo. Ma, naturalmente, in entrambi i casi analizzati, così come nel caso di qualsiasi regione italiana che riuscisse nell’intento di rendersi indipendente, la creazione di un apposito campionato e di una apposita nazionale di calcio, più che una conquista rappresenterebbero la causa di ingenti perdite soprattutto in termini economici, causate dalla poca visibilità e dalla conseguente poca disponibilità degli sponsor ad investire.
E se, nonostante l’indipendenza, le squadre delle regioni indipendenti fossero, comunque, ammesse a partecipare al campionato italiano? Difficile, ma non da escludere del tutto, la percorribilità di una tale strada, fondata da qualcuno su argomenti e paragoni poco consistenti.
C’è chi sostiene la teoria che una squadra residente all’interno di un territorio indipendente potrebbe, addirittura, prendere parte ad un campionato estero. Infatti, qualche tempo fa, qualcuno ha addirittura prospettato la partecipazione del Barcellona alla Serie A, a margine del processo di indipendenza della Catalogna. Nel dare inutile linfa alle speranze degli indipendentisti, i sostenitori di questa teoria hanno utilizzato come punto di riferimento la Ligue 1 francese e la Premier League inglese, che garantiscono la partecipazione al loro campionato a due squadre appartenenti formalmente a due stati separati, rispettivamente, da Francia e Inghilterra. Stiamo parlando, naturalmente, dell’AS Monaco FC, compagine rappresentativa del ben noto ed indipendente Principato di Monaco, che pur milita nel campionato nazionale francese, e dello Swansea AFC, squadra della omonima città del Galles che prende parte ormai da anni al famosissimo torneo Inglese (senza contare la presenza di altre numerose squadre gallesi all’interno della Championship inglese, tra cui il Cardiff FC). Al di là della complessità legata alla attuabilità di una tale soluzione in Italia, che richiederebbe anni di trattative e di modifiche agli statuti calcistici nazionali, ad escludere una soluzione del genere è soprattutto l’impraticabilità all’interno del nostro paese del modello preso in considerazione: infatti, la militanza del Monaco e delle altre squadre gallesi all’interno di campionati “esteri” ha delle radici antichissime, ed è stata la inesistenza dei rispettivi campionati nazionali di riferimento a determinare la loro partecipazione ai tornei, per così dire, stranieri. In particolare, quando nel 1992 fu creata la Welsh Premier League (il campionato Gallese), Cardiff e Swansea, ed altre squadre di origine gallese, erano già militanti nella Premier inglese a causa della inesistenza di un campionato nazionale gallese al momento della loro nascita; pertanto, si rifiutarono di iscriversi alla Federazione Calcistica del Galles, decidendo di continuare a far parte di quella inglese.
Insomma, le difficoltà sul piano calcistico legate all’eventuale compimento del processo di indipendenza di una regione sono tante, così come sono tanti i motivi che sembrerebbero suggerire ai sostenitori dell’indipendenza di seguire l’esempio dei colleghi lombardi e veneti ed accontentarsi, così, della già riconosciuta autonomia. Dopotutto, sarebbe un vero peccato frammentare dopo circa un secolo di attività uno spettacolo come quello del Campionato italiano di Calcio solo a causa dell’insofferenza di alcuni abili “rappresentanti politici”.
Amedeo Polichetti