the witcher recensione

The Witcher è ambientato nel mondo immaginario noto come il Continente e segue le peripezie di Geralt di Rivia mutante con abilità sovrumane (chiamati Strighi in italiano) le cui vicende si intrecciano con quelle di Cirilla, la principessa umana di Cintra il cui regno è decaduto in seguito all’invasione da parte dell’Impero di Nilfgaard.
Tenete a mente bene questo incipit della recensione perché vi servirà se e quando inizierete a vedere The Witcher, o sicuramente sarà un buon punto partenza per chi è nel bel mezzo della visione ma non ha ancora ben chiara la storia.

Perché The Witcher – la serie è un puzzle narrativo

Un mondo nuovo, autonomo, con proprie leggi  di natura e non solo. E come sempre, l’approccio in questo tipo di storie non è dei più semplici. Questo vale ancor di più nel mondo oscuro e fiabesco di The Witcher dove la narrazione cade a valanga sull’ignaro spettatore, avida di spiegoni e distesa sui point of view dei protagonisti, sfasati temporalmente per poco chiare esigenze “filologiche”.
Ma se quello dei libri è un medium dove il lettore ha la possibilità di indugiare, prendersi i tuoi tempi, riflettere e aprirsi al nuovo solo quando ha chiarito le informazioni, nell’audiovisivo la narrazione scorre come un fiume (intensificata dalla pratica del binge watch) a meno che lo spettatore non decida di stoppare e fare ordine e informarsi altrove (aprire Wikipedia o simili). Qualcuno dopo le prime puntate effettivamente si è perso, e ancora lo stanno cercando per la Palude del Gobbo..

The Witcher Netflix

D’altronde in ambito esiste una massima che dice “se la devi spiegare allora non funziona”. E The Witcher dal punto di vista della vendibilità semplicemente.. non funziona. Essendo alla prima stagione, è una serie che ha bisogno di una buona pubblicità per spingere alla visione il pubblico indeciso o quello non avvezzo al fantasy (o fidelizzare quello avvezzo). Ma gli showrunner hanno deciso – non per esigenze artistiche, non per esigenze poetiche, non per esigenze commerciali – di rendere complicata la fruizione, sia a livello puramente narrativo sia a livello di tempistiche, non chiarendo, fin dal principio, la collocazione temporale degli eventi che scorrono sullo schermo.
Ciò obbliga chiunque si avvicino al prodotto uno sforzo cognitivo che semplicemente non compirà. Dinamiche proprie del pubblico di massa che i produttori testimoniamo di non aver seguito. The Witcher, infatti, ambisce e si propone come una serie che punta alla massima diffusione ma poi manca proprio negli aspetti che gli permetterebbero di essere tale.
La cosa diventa curiosa e respingente per chi, invece, il franchise di The Witcher lo conosce e sa che queste scelte sono figlie di una timorosa devozione nei confronti dell’opera madre.

The Witcher recensione: Netflix non valorizza il patrimonio letterario a disposizione

Ma la serie Netflix sugli Strighi rimane in qualche modo attrattiva. Se fosse un influencer di Instagram sarebbe uno di quelli con foto aestethic che spingono al like per quanto avidi di contenuti. La serie gode, infatti, di un grande magnetismo in quanto attinge da un immenso cosmo di fantasia (che è la mente di Andrzej Sapkowski) e perché poggia sul divismo e sulla muscolarità di Henry Cavill, l’attore protagonista che divora letteralmente lo schermo. Basta uno sguardo o una parola dell’attore per chiudere gli occhi e soprassedere su tutti i difetti della serie.

The Witcher recensione

Si ma poi lo stordimento finisce. Ad uno sguardo non così dedito, infatti, non sfuggerà l’elementarità della sceneggiatura, la sciatteria nella regia e la poca ispirazione dei dialoghi. E non basta una fotografia altalenante (a volte ottima nelle sequenze cupe, pessima in quelle più luminose) né le scene di combattimento avanguardistiche da effetto wow (per dinamismo, montaggio..) a bilanciare queste mancanze.
Mancanze riscontrabili in particolar modo negli eventi principali della storia. Non c’è climax, manca un’adeguata costruzione dei momenti chiave, manca quel senso epico che i fantasy moderni , a partire da Peter Jackson, hanno imparato ad orchestrare.

The Witcher Netflix

Malinconia. Senso di Colpa. Bilanciamento del bene e del male. Il peso dei sentimenti. Il vero valore del franchise di The Witcher è quello di saper raccontare attraverso grandi metafore il limbo dell’animo umano odierno, i difetti riscontrati all’interno della propria bussola morale, i punti di rottura. E questo la serie riesce a restituirlo ancora, sebbene in maniera poco brillante.
Ma in tv come nella vita, ci sono alcuni frutti che hanno bisogno del tempo per maturare. Speriamo che questa tiepida recensione di The Witcher sia anticipatrice di un vero salto di qualità.

Enrico Ciccarelli

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