Antonio Amoretti, ultimo partigiano delle Quattro Giornate di Napoli, ci ha lasciati venerdì 23 dicembre 2022. Aveva compiuto 95 anni l’11 settembre. A rendere noto il triste annuncio è l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (ANPI), che in un lungo post pubblicato sulla propria pagina Facebook, scrive: «Salutiamo, con grande dolore, Antonio Amoretti, ultimo partigiano delle Quattro giornate di Napoli, lo scugnizzo “Tonino ‘o biondo”, componente della Presidenza onoraria ANPI, per tanti anni Presidente dell’ANPI provinciale del capoluogo campano. Antonio è stato protagonista, e perciò prezioso testimone, in particolare per i giovani, della resistenza al nazifascismo, un uomo quotidianamente impegnato affinché lo spirito repubblicano, i principi della Costituzione, fossero il pilastro della vita pubblica, motore di libertà e convivenza civile. Grazie Antonio». La camera ardente è stata allestita nella Sala dei Baroni al Maschio Angioino, dove è stato poi celebrato anche il funerale con rito laico il giorno 24 dicembre.
Antonio Amoretti e il racconto delle Quattro Giornate di Napoli
Tra il 27 e il 30 settembre 1943, a Napoli, una delle città più bombardate durante la Seconda guerra mondiale, si iniziò a combattere per la liberazione dall’oppressione nazifascista; come ricorda lo stesso Antonio Amoretti in un’intervista rilasciata a Fanpage, Napoli è stata la prima città a liberarsi da sola e coloro che contribuirono a farlo – e che oggi noi chiamiamo partigiani, designando, così, un movimento ben delineato – all’epoca venivano definiti semplicemente patrioti, insorti.
Antonio Amoretti aveva solo 16 anni quando il 27 settembre 1943 tramite il padre, che aveva partecipato a una delle riunioni di Ciccio Lanza, noto all’epoca come il dentista comunista di via Foria, apprese che il giorno successivo si sarebbe scesi in strada “a sparare e a morire”, come afferma lui stesso nell’intervista. E nonostante gli avvertimenti del padre, ammalatosi di malaria, che non voleva che il figlio rischiasse la vita durante i combattimenti, Antonio decide di prendere in mano una pistola nascosta in casa e recarsi presso una barricata per fare, così, la sua parte durante la lotta.
L’impegno che Antonio ha dimostrato quel 28 settembre 1943 non è rimasto fermo in un punto della storia, ma si è protratto nel tempo: egli, infatti, non soltanto è un esempio di coraggio, ma ha anche continuato a portare avanti i valori di libertà, democrazia e pace trasmettendoli alle nuove generazioni. Come egli, infatti, sosteneva, la sua missione era quella di andare nelle scuole a raccontare delle Quattro Giornate e di quello che hanno rappresentato non solo in quanto evento storico determinante per l’Italia, ma anche e soprattutto come espressione della resistenza di un popolo, che si è unito in nome di un unico ideale, la libertà.
I messaggi di cordoglio
Tanti i messaggi di cordoglio per la morte di Antonio Amoretti, tra cui quello di Luigi de Magistris, ex sindaco di Napoli, che scrive: «È morto l’amico e compagno Antonio Amoretti, grande partigiano, presidente per tanti anni e durante il mio mandato di sindaco dell’ANPI di Napoli. Partigiano delle quattro giornate di Napoli nel settembre del 1943, il ragazzo che a sedici anni prese il fucile per fare la resistenza armata e per contribuire a liberare Napoli dall’oppressione nazifascista. Quanti incontri, cortei, dibattiti, lotte che abbiamo fatto insieme caro Antonio, amico mio, mi mancherai assai. Lasci un vuoto enorme che solo la memoria storica può colmare. Ti ho stimato immensamente e ti ho voluto un bene profondo. Alla tua bellissima famiglia va il mio abbraccio partigiano. Addio Antonio».
Anche Gaetano Manfredi, attuale sindaco della città, scrive: «Ricordo bene quel giorno in cui Antonio Amoretti ha condiviso con me la sua Resistenza. Le sue parole erano piene di messaggi di pace, soprattutto rivolti ai giovani». E aggiunge: «Il prossimo anno in occasione degli 80 anni delle Quattro Giornate gli dedicheremo un momento di riflessione. Perché la sua testimonianza resti sempre viva».
Mariella Rivelli