Amore, rapporti umani, crisi di identità, conflitti, attualità: questo e tanto altro è racchiuso nel romanzo di esordio del giovane trentenne napoletano Biagio Veneruso, “Della stessa sostanza dell’amore”.
Nato a Napoli e cresciuto prima a Bacoli e poi a Casalnuovo, Biagio Veneruso frequenta il liceo classico e dopo aver conseguito la maturità decide di frequentare la facoltà di Giurisprudenza, non trovando il coraggio di coltivare la sua vera passione: la scrittura. Dopo la laurea e dopo aver intrapreso la carriera di avvocato, si trasferisce a Milano decidendo di cambiare vita. E a Milano trova finalmente la forza e la volontà di terminare il suo romanzo lasciato troppo tempo nel cassetto: senza rivolgersi alle case editrici, sceglie di auto pubblicare il suo esordio letterario che reca il titolo “Della stessa sostanza dell’amore”.
“Della stessa sostanza dell’amore” è il romanzo che narra la storia di Matteo Larini, un giovane di vent’anni, figlio unico, abituato a vivere nel benessere economico dalla famiglia. Ma quando la crisi economica colpirà anche casa Larini, Matteo sarà costretto a chiudere il suo bunker e a rimboccarsi le maniche. E quando comincerà a lavorare come cameriere presso un famoso ristorante di Napoli incontrerà Flavia, la ragazza che lo cambierà per sempre. Matteo e Flavia metteranno insieme idee per un progetto che non sarà di facile realizzazione: i problemi economici saranno talmente gravi da dover costringere Matteo ad allontanarsi da tutto e tutti, Flavia compresa. Ma non è vero che in amore vince chi fugge: arriverà un punto in cui si troverà a scegliere se continuare la sua nuova vita, che nel frattempo gli stava regalando grandi soddisfazioni, oppure tornare da Flavia e dalla sua famiglia per realizzare quel progetto che lo aveva costretto a allontanarsi.
“Della stessa sostanza dell’amore” può apparentemente sembrare un canonico romanzo adolescenziale; in realtà Biagio Veneruso è stato capace di toccare con delicatezza e semplicità quelle che sono alcune delle tematiche della quotidianità: sentimenti, sogni, difficoltà economiche, rapporto genitori-figli. Il romanzo e l’autore riescono a aprire un velo e a fare luce su quel mondo adolescenziale che certe volte appare oscuro anche ai ragazzi stessi. E Matteo Larini risulta essere quel classico bravo ragazzo, dedito agli amici, di buona famiglia, ma capace di incorrere in qualsiasi rischio pur di realizzare un sogno che gli sta a cuore.
Abbiamo intervistato l’autore Biagio Veneruso.
Come è nata l’idea di scrivere “Della stessa sostanza dell’amore”?
«L’idea di scrivere un libro viene da lontano. Nella mia vita mi ha sempre assillato il pensiero di dover fare qualcosa che rimanesse nella memoria di chi fosse venuto dopo di me e, così, pensavo che un libro potesse rappresentare in qualche modo una traccia tangibile del mio passaggio in questo mondo. Lasciare una testimonianza, seppur minima, dei miei pensieri, dei miei ideali e dei miei sentimenti era l’obiettivo principale. L’idea di scrivere quello che sarebbe poi diventato “Della stessa sostanza dell’amore”, invece, molto banalmente, mi venne nel cuore della notte, una di quelle notti tormentate in cui non riesci proprio a prender sonno e dai la colpa al cuscino. Così, mi alzai dal letto, raggiunsi il divano, poggiando un plaid sulle gambe e il computer su uno dei braccioli, e iniziai ad abbozzare una trama: la prima trama, poi in gran parte modificata, aveva come protagonista un ragazzo che, a causa della crisi economica, non riusciva a trovare un lavoro che potesse consentirgli di vivere la propria storia d’amore. Tutto iniziò da lì. All’epoca facevo l’avvocato e l’indomani mi aspettava un’udienza importante al Tribunale di Napoli, ma in quel momento non me ne poteva fregare di meno.»
Nel tuo romanzo d’esordio il protagonista è Matteo Larini. Quanto c’è di Biagio Veneruso in Matteo?
«Matteo ha vent’anni, io ormai 33. Diciamo che non mi si può identificare col protagonista perché i comportamenti e i pensieri di un ventenne, con i tutti i pro e contro, non possono più essere i miei, anche se una parte importante del suo carattere, in particolare l’energia e l’istintività, fanno o hanno fatto parte di me. Nel romanzo, tuttavia, sono disseminate qua e là, tante esperienze, ma soprattutto tante emozioni, vissute in prima persona oppure da persone a me vicine, distribuite magari tra i vari personaggi, come ad esempio quando parlo del nonno di Flavia, affetto da Alzheimer. Quindi, direi che di autobiografico c’è abbastanza.»
Nel tuo libro vengono affrontate tematiche forti quali il gioco d’azzardo e l’usura. Come mai hai scelto di porre Matteo di fronte a tali difficoltà piuttosto che metterlo in conflitto con i suoi genitori?
«In realtà, in conflitto col padre ci va eccome. Solo che non arriva mai a uno scontro diretto, preferendo fare di testa sua e aggirare il “no” del genitore al suo progetto. Forse, se avesse avuto il coraggio di affrontarlo faccia a faccia, le cose sarebbero andate diversamente, ma sicuramente Matteo non avrebbe compiuto quel percorso che poi lo ha fatto diventare un uomo consapevole di quello che voleva dalla sua vita.»
Quello di Matteo è fondamentalmente un processo di formazione. Credi che i giovani d’oggi siano tutti motivati a realizzare i propri sogni?
«Sì, considero anch’io, questo, un romanzo di formazione. Matteo, ma anche Flavia, compiono delle scelte difficili, talvolta sbagliate, pur di realizzare il proprio sogno. I giovani d’oggi, a mio avviso e parlando in generale, sono soggetti a troppe distrazioni, a partire dai social, e sono un po’ sfiduciati rispetto a quello che la società (non) offre loro in termini di opportunità lavorative. Ho già avuto modo di dire che, tra gli altri, dovrebbero leggere questo libro quei ragazzi che sono capaci di mettere da parte lo smartphone, il computer o la Playstation per coltivare le proprie passioni, studiando o allenandosi duramente, evitando il più possibile tentazioni e falsi miti, con l’obiettivo di trasformare un talento o un istinto interiore in qualcosa che possa dare un senso alla propria vita.»
Flavia è la ragazza che cambia la vita di Matteo: entrambi viaggiano sulla stessa lunghezza d’onda e si scoprono simili. A tuo avviso, quanto è realmente importante avere accanto una persona che cammini in parallelo a te senza intralciare i passi?
«Diciamo che Matteo, per amore, si allinea sulla lunghezza d’onda di Flavia, facendo proprio il sogno più grande della ragazza. Da quel momento, si muovono uniti come mai gli era capitato prima. Fino a quando, però, il sogno non svanisce e i due, loro malgrado, si separano. Non credo alla teoria che gli “opposti si attraggono”. Credo, invece, che due persone siano destinate a stare insieme a lungo se condividono il maggior numero di interessi possibile ma, soprattutto, se hanno una medesima visione di vita e, infine, degli obiettivi personali che non siano incompatibili.»
Ci sono altri progetti futuri a cui stai lavorando?
«Sì, diciamo che potrei iniziare la stesura del secondo romanzo, la cui trama è già delineata, così come i personaggi. Però, dopo la pubblicazione di “Della stessa sostanza dell’amore”, è capitata una cosa del tutto inattesa: siccome ricevevo recensioni super positive da chi lo aveva letto, senza però che le vendite decollassero, un bel giorno ho creato un gruppo su Facebook per riunire gli altri autori auto-pubblicatisi come me con il portale Streetlib. Da quel giorno, sono passato dal cercare di far conoscere alla meglio il mio romanzo al pubblicizzare più di 100 titoli su Libersfera, la pagina che espone i nostri libri. Stanno nascendo tante belle iniziative, tra cui la partecipazione alle maggiori fiere del settore, con l’obiettivo di portare a conoscenza del pubblico tanti autori meritevoli che hanno fatto la scelta di non sottostare alle logiche imposte dalle case editrici.»
Arianna Spezzaferro