Si è molto parlato, nel recente periodo, della candidatura a sindaco di Roma di Virginia Raggi. L’avvocatessa romana classe 1978 è stata scelta martedì 23 febbraio per rappresentare il Movimento Cinque Stelle alle prossime elezioni comunali, come di consueto tramite primarie on-line.

Ancor più del suo programma politico, la sua immagine e il suo background sono stati variamente evidenziati da ogni testata giornalistica italiana, e in qualche caso, come si vedrà, la Raggi è divenuta oggetto di studio addirittura fuori dallo stivale.
Quale il motivo di cotanta attenzione riversata dalla macchina mediatica sulla giovane pentastellata? Innanzitutto la presunta discontinuità con il partito del quale è membro, e poi, a parere di alcuni, la presunta continuità con l’attuale classe dirigente.

Linkiesta.it in un interessante articolo del 21 marzo analizza seppur sommariamente la “rapida evoluzione del modello donna-in-politica” in Italia, modello che con Virginia Raggi sarebbe arrivato a detta dell’autore “a uno status più normale. “Pitonesse e Fate Turchine, addio” quindi, perché la Raggi non incarnerebbe né “l’urlatrice” Santanché, né “la seduttrice” Maria Elena Boschi. In un confronto serrato con la spalla fidata di Matteo Renzi, Raggi non può dunque che apparire quanto mai distante, per studi (rinomato liceo classico la Boschi, scientifico “interclassista” Raggi), hobbies (catechista vs canili e gruppi d’acquisto solidale) e destini (padre dirigente di banca vs ragazza “casuale”, come definita da Damilano citando Ardigò).
L’Economist, direttamente dal Regno Unito, si è invece focalizzato sul video elettorale di presentazione della candidata, un video che dicono abbia provocato “un vero e proprio shock”. Si fa notare in un articolo del 14 marzo che infatti qualora dovessimo togliere l’audio, la Raggi potrebbe sembrare benissimo “un’aspirante parlamentare democratica degli Stati Uniti, o una Tory del Regno Unito”. L’Economist dunque ravvisa una discontinuità almeno a livello di immagine con il passato del Movimento Cinque Stelle, che ora, con lei, starebbe assomigliando sempre di più “a un partito normale”.
Grazie ad un articolo di Maria Corbi su La Stampa possiamo, invece, finalmente conoscere altre importanti caratteristiche della candidata m5s, che “da una delle poltroncine di Porta a Porta ha incantato con i suoi capelli lisci, la linea asciutta, la grinta, l’atteggiamento serafico e cazzuto il sole Gianroberto Casaleggio”. Quali? Appunto questi. Che ha i capelli lisci, una linea asciutta, che ha grinta…
Non mancano, poi, nel clamore mediatico che la sua candidatura sta suscitando l’immancabile richiamo al suo praticantato presso lo studio Sammarco, il cui fratello fu avvocato di Previti, e allusioni mitologiche a “occhi neri che risaltano in tv”. Riguardo al praticantato, c’è da stare certi che “6 mesi di fotocopie”, come dice Raggi, non arresteranno di certo la sua corsa, mentre sugli occhi neri… Beh, non sembra un particolare di estrema rilevanza.

Ma ci si è occupati, e tanto, anche di contenuti. O meglio, della catalogazione di contenuti. Da qualche tempo è partita infatti una sorta di gara a chi indovina il background ideologico della pentastellata, gara alla quale anche noi di Libero Pensiero intendiamo partecipare, come si vedrà in un articolo successivo.
Marco Damilano, su L’Espresso, fa notare che immagine e contenuto della campagna a Cinque Stelle di fatto coincidono: Virginia Raggi incarna il bisogno di normalità della capitale, stravolta da criminalità e pessima amministrazione, e il suo modo dimesso ma allo stesso tempo credibile di mostrarsi ai media sarebbe dunque il tassello di una strategia ben studiata che andrà avanti con successo fino alle urne. Ha poi descritto Raggi come “democristiana”, una denominazione ripresa anche da gadlerner.it, che con un articolo intitolato “L’intervista democristiana di Virginia Raggi ad Avvenire” denuncia il “cerchiobottismo” già evidenziato da Damilano, questa volta riferendosi in particolare ad un’intervista rilasciata al quotidiano della Conferenza episcopale italiana il 19 marzo.
Interrogata in merito alle questioni etiche e politiche più dibattute a livello nazionale Raggi, a detta dell’autore, ha “sfoderato un’arte democristiana 2.0” dichiarandosi fermamente contraria all’utero in affitto, invocando un referendum sulle adozioni gay, e allo sesso tempo esponendosi in maniera netta sulla regolazione delle convivenze anche omosessuali stabili.
Infine l’avvocato viene quindi accusata di “un elevato tasso di democristianità e di incoerenza ideologica, che da una parte stupisce vista la radicalità del m5s, dall’altro affascina per la consapevolezza del potere mostrata”.

“È la strategia di Virginia, prendere in modo trasversale” chiosa La Stampa, nel pezzo già citato di Maria Corbi. Qui, Raggi viene vista come capace di accarezzare l’elettorato conservatore grazie alle dicerie sul suo praticantato in orbita Previti, e convincere quello di sinistra col suo impegno nel mondo dei Gruppi d’Acquisto Solidale.

Sempre tramite La Stampa apprendiamo che la candidata sindaco ha saputo inoltre “lavorare astutamente col mondo di Sel, con associazioni come la Ex Lavanderia, con occupazioni solidali di luoghi come l’ex Manicomio Provinciale Santa Maria della pietà”, da quando nel 2013 è entrata a far parte del Consiglio Comunale presieduto da Marino.
Virginia intanto, in un’intervista rilasciata all’Huffington Post, evidenzia il passato della Meloni con Berlusconi, Alemanno e La Russa, e la prende a modello per dire che “a parte noi, nessuno di questi politici può parlare di discontinuità qui a Roma”.
Il leitmotiv della campagna a 5 stelle è quindi presto servito, date una chance a chi con le amministrazioni passate non c’entra nulla.
“Quando andremo ad elezioni noi prenderemo i voti che i cittadini vorranno darci, siano essi di destra, di centro o di sinistra” continua la Raggi. Eccola, la trasversalità.

Valerio Santori
(twitter: @santo_santori)

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