Napoli– Alla Zona Teatro Naviganti (ZTN), Vico Bagnara 3°, si è tenuto nei giorni 31 ottobre e 1 novembre, lo spettacolo “ Scacco matto in cinque mosse ”.
Si tratta di un noir dai temi particolarmente forti, che tocca con mano delle piaghe che esistono e continueranno a distruggere la dignità della nostra società: la violenza e la pedofilia.
“Ho deciso di utilizzare la metafora degli scacchi perché l’ho sempre visto come un gioco dannato, machiavellico. Chi è davvero appassionato mette tutto se stesso in un’unica partita, dimentica tutto il resto e pensa solo allo scopo finale.
Il protagonista dello spettacolo è un regista dannato, gioca con le sue vittime, crea un blef nel blef, finché non perde di vista il suo obbiettivo e diventa lui stesso vittima.”
Il regista Salvatore Maiorino ci presenta in questo modo la sua opera, uno spettacolo teatrale che segue una linea narrativa dettataci da un forte climax ascendente che riesce a bipartire l’intera vicenda.
La metafora del gioco apre il sipario e scopre il regista Mauro Spagnuolo (alias Massimiliano Rossi) che si presenta con il suo aspetto da artista dannato, con il suo stile da bohemien, con la sola compagnia della sua dose di droga giornaliera.
Mauro ha una segretaria, la signora Francesca Prisco, una donna visibilmente stanca, che sogna di prendere parte al nuovo spettacolo del suo capo “Scacco matto in cinque mosse”, ma da lui subito messa in panchina perché non abbastanza competente nelle vesti da attrice.
Fuori la stanza del regista si presentano quattro attrici e una bambina, ansiose per il provino che stanno per affrontare.
La scena è qui in balia dei colori, dei pettegolezzi e delle risa, tutto amalgamato con un senso di malinconia e di amarezza che lascia il continuo comportamento menefreghista e approfittatore del regista. Si legge tra le righe che qualcosa non va, i provini non si affrontano come consuetudine e alle donne, oltre a qualche richiesta sconveniente, è chiesto solo di far la loro mossa sulla scacchiera.
Si presenta d’un tratto una ragazza muta, che avanza accompagnata dalle note di una musica melanconica e straziante e, dopo la sua comparsa, il buio avvolge la sala per poi far fronte ad un capovolgimento di scena.
Duilio A. Vaccari nelle vesti di un poliziotto inizia la sua indagine in una scena che si fa più cupa e svela il marciume attecchito nei tristi passati delle attrici.
Una alla volta, sotto l’occhio di bue, iniziano i loro monologhi che svelano tutti i soprusi che hanno dovuto subire durante la loro vita. Si mette qui a dura prova l’integrità dello spettatore, colpito della violenza delle loro parole che fanno quasi male a sentirle.
Così la hippy Altea Ramirez (interpretata da Melania Esposito), la segretaria Francesca Prisco (alias Maria Rosaria Virgili), la giovane Stella De Angelis (Felicia Del Prete), l’attrice Poletti (Lidia Ferrara) raccontano i loro moventi.
Un ultimo colpo di scena svela quell’inganno che porta lo spettacolo ad una vena tragica. Ottiene un ruolo chiave Sarah Nettis, l’attrice bambina che incarna quella purezza capace di scagionare l’oscurità e la cattiveria dell’uomo.
“Ho affrontato un tema particolarmente forte, molto attuale. Ho voluto fare una denuncia alla società: si deve reagire, essere forti e diretti, si devono dire le cose come stanno e magari dare a tutti un messaggio di speranza.” ci risponde Salvatore Maiorino. “Ho utilizzato un tipo di scenografia essenziale (uno sfondo nero e una scacchiera) perché a far da protagonista deve essere la storia con ogni suo singolo personaggio. Le voci dovevano esaltare in qualche modo, ma in più ho introdotto anche un personaggio muto. Si tratta di una ragazza lasciata all’altare che soffre tanto da non riuscire a comunicare con il mondo.”
Felicia Sannino è quindi continuamente accompagnata da un motivo musicale, simbolo della violenza psicologica non meno grave di quella fisica.
Notevole l’interpretazione dell’attrice Maria Rosaria Virgili che ci rivela:
“Sono stata particolarmente fortunata perché dopo la mia parte ad ‘Amore criminale’ sono come rimasta incatenata al personaggio della donna abusata. Il tema mi scosse particolarmente e ho da subito cercato di dare tutta me stessa. Appena ho letto il copione, inoltre, ho avuto una certa empatia con il personaggio di Francesca, una madre che poteva avere tanto nella sua carriera ma che poi ha assistito alla sua disgregazione. Penso che il messaggio più forte che possa giungere agli spettatori sia quello della complicità e della solidarietà che possono instaurare tra loro le donne.
La violenza esisterà sempre finché non si fa qualcosa. Noi siamo donne, non siamo oggetti. Ma forse con la poca femminilità che dimostriamo noi siamo le prime ad averlo dimenticato.”
Il personaggio più ambiguo è forse il commissario, così descritto da Duilio A. Vaccari:
“Si tratta di una persona che doveva riscattarsi, si vede tradito, ha in serbo un odio represso. È un manipolatore occulto che non rispetta nessun cliché e per questo mi ha divertito molto interpretarlo. Non dovevo essere il classico commissario dal comportamento rigido per non smorzare il ribaltamento di scena, né far trapelare troppo quello che sarebbe successo dopo.”
Il commissario è imparziale nel suo voltar bandiera, si allea con gli altri per giocar poi da solo. Ma cosa avrebbe voluto fare se avesse potuto aiutare qualcuno?
Vaccari ha così risposto:
“Penso si sia notato che durante il racconto di Ramirez ho cambiato tono di voce, ero di fronte ad un racconto di pedofilia e la cosa mi ha sconvolto. Con la Poletti ero invece indispettito, volevo solo le mie prove. La risposta quindi è palese. Forse per il fatto che sono padre di una bimba di 8 anni non avrei mai accettato e non accetto che una violenza possa essere subita da una donna, figurarsi da un bambino.
Comunque sia ho trovato particolarmente utile ed importante l’aver affrontato questo tema.
Oggi per ridere c’è di tutto, ma dobbiamo anche imparare a riflettere”.
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Alessia Sicuro