Di derivazione scozzese, Simona Barbieri McKenzie canta e scrive canzoni da quando era una preadolescente. Gli assidui spostamenti in diversi Paesi europei, per esigenze lavorative del padre, l’hanno portata ad arricchirsi dal punto di vista culturale e personale, a comprendere alla perfezione ben quattro differenti idiomi (inglese, spagnolo, francese e norvegese) e ad avere una sola ed unica costante fissa: la seconda arte.
Per la sua incessante ricerca musicale, la cantautrice, art director e musicoterapeuta è approdata a Oslo, dove ha avuto modo di completare gli studi universitari, interfacciarsi con numerosi artisti locali e comporre canzoni ispirate alla luce del Nord. È dalla sua storia singolare, che nasce la sua musica mistica ed edificante, un’onda sinuosa nella quale le sonorità degli strumenti della tradizione gaelica di matrice celtica-folk alzano svettanti profili melodici, contendendosi lo spazio con quelli elettrici ed elettronici. I motivi struggenti e le vocalità fuori dal tempo, dalle quali traspare l’incanto della natura, spostano l’asse armonico di Simona Barbieri McKenzie su traiettorie innovative, richiamando atmosfere sognanti, intime ed arcane.
Il rumore del vento che si infiltra ovunque sulla cima dei monti, lo sciabordio del mare, la nebbia sulle verdi colline tra piante perenni sempreverdi e cespugli di uva spina: visioni suggestive e sensazioni evocate dagli arpeggi sfiorati sulle corde dell’arpa celtica, dai gorgheggi del flauto irlandese che rimandano al frusciare incessante delle foglie, dal lamento della cornamusa e del Fiddle, dall’energia del Bodhran che emulano violente tormente.
È proprio a Simona Barbieri McKenzie che noi di Libero Pensiero abbiamo rivolto qualche domanda, riguardo la magia del suo stile musicale, noto per il suono ancestrale ed il mood della musica, quale forte identità sonora che crea empatia tra le persone, che sprigiona, attraverso vere e proprie reazioni enfatiche, nuove relazioni interpersonali.
Simona, nella tua biografia ufficiale sei definita una “piccola strega”. Perchè?
«In realtà è un nomignolo che mi trascino fin da bambina. Mio padre, da giovane, soleva chiamare affettuosamente mia madre “strega”; quindi, per lui sono stata la “piccola strega”. In seguito, per la mia maniera del tutto personale di guardare alla realtà, anche tutti i miei fidanzati mi hanno affibbiato questo nomignolo. Ritengo che l’essere “strega”, sia una caratteristica di tutto l’universo femminile: noi donne appariamo agli occhi dell’altro sesso, per la nostra sensibilità e modo di concepire la vita, come creature con caratteristiche sovrannaturali. A rafforzare questa tesi, la presenza nella mia quotidianità di tre amatissimi gatti neri; il che fa di me una strega perfetta!»
Parliamo ora della tua attività artistica. Come è arrivata Simona Barbieri McKenzie a sviluppare questo progetto?
«Il progetto è nato tantissimi anni fa. Ho iniziato a collaborare con il mio attuale produttore Marco Zangirolami con dei lavori per la televisione e per la radio; poi a forza di rompergli le scatole, di fargli sentire i miei pezzi, di dirgli che volevo fare la mia musica ed esprimere ciò che sento, si è convinto che era arrivato il momento di raccogliere, nel mio primo album “Ridatemi le nuvole”, i brani che ci sembravano più rappresentativi, anche dal punto di vista emotivo, di quella che fino ad allora era stata la mia attività musicale. Ci siamo trovati sempre molto d’accordo: entrambi condividiamo lo stesso principio di fondo, il far musica perché la si ama. Sono felice di non essere mai scesa a compromessi. Ho iniziato a comporre all’età di sedici anni; subito tutti quanti mi stavano intorno hanno cercato di indirizzarmi da una parte e dall’altra. Come potrei cambiare genere o scrivere in italiano come suggeritomi? Simona Barbieri McKenzie è quella che è, le mie canzoni rispecchiano quanto ho dentro, non sarei capace di far diversamente. Fortunatamente i miei discografici mi hanno lasciato la massima libertà possibile, richiedendomi, come è giusto che sia, solo delle minuscole modifiche in fase di produzione. Se avessi accettato altri accordi, il percorso sarebbe, indubbiamente, stato meno travagliato. Tutto sommato non posso, però, che dirmi soddisfatta di come siano andate le cose!»
Quanto di ogni luogo in cui hai vissuto, al di là dei testi in lingua inglese, rientra nella personale concezione di musica di Simona Barbieri McKenzie?
«Nonostante le influenze nordiche siano decisamente evidenti, quello che mi sono portata appresso e che rientra e traspare in ogni mio singolo brano, è lo spazio immenso che ho incontrato in ogni paese in cui ho messo piede. Il quotidiano è spesso vissuto con un senso di claustrofobia; io, attraverso la mia musica, cerco di allontanarmi da questa sensazione di soffocamento. Il mio intento è proiettare la mente dell’ascoltatore verso infinite distese, portarlo, con il pensiero, in posti lontani. Per me è questo che di più conta: significa che il mio lavoro è “arrivato”.»
Ti occupi anche di musicoterapia. Simona, come è nato l’interesse per la disciplina?
«In questo ci ha messo lo zampino il caso: stavo leggendo una rivista arrivatami a casa per sbaglio, non indirizzata a me; mi sono imbattuta in un articolo sulla musicoterapia in gravidanza. Ci sono evidenze scientifiche che attestano come l’ascolto prenatale faccia nascere il bambino con più sinapsi, aiutando a sviluppare un miglior rapporto madre-figlio/a. Questa scoperta è stata una folgorazione! Mi sono informata e iscritta al centro di cui c’era l’indirizzo nell’articolo. Dopo all’incirca quattro anni di studi, ho ricevuto l’abilitazione all’insegnamento e la specializzazione nel prenatale, ossia lavoro con donne in stato di gravidanza. Visitando il mio sito personale, troverete un’apposita sezione dedicata alla mia attività di musicoterapeuta, con indicazioni delle attività in programma e dei vari corsi. Al di là di tutto questo, insegno anche canto e canto armonico. Quest’ultimo non serve ad imparare a cantare alla perfezione, ma è legato all’espressività personale. È una disciplina antichissima, molto utile per chi soffre di disturbi quali stato di ansia, attacchi di panico, insonnia o, più semplicemente, per chi non riesce, nella vita quotidiana, ad estrinsecarsi.»
Vincenzo Nicoletti