Marina Confalone, straordinaria attrice napoletana di fama internazionale, ha esordito con Eduardo De Filippo che per lei è stato un padre sia sul palcoscenico che fuori dal teatro.
Chi è Marina Confalone
Nasce a Napoli nel 1951. La sua carriera inizia a teatro con la compagnia di Eduardo De Filippo, suo Maestro – che la considerava l’erede di Titina, con cui partecipa a numerosi spettacoli: “Natale in casa Cupiello”, “Gli esami non finiscono mai”, “L’arte della commedia” e “Gennareniello”. Approda al Granteatro di Carlo Cecchi, dove interpreta mirabili personaggi, fra cui la serva ne “L’uomo, la bestia e la virtù” di Luigi Pirandello. Negli anni ’70 il suo debutto cinematografico, con “L’infermiera” di Nello Rosati, l’anno successivo sarà diretta da Steno in “Febbre da cavallo”. Ha recitato in “La città delle donne” di Federico Fellini, “Il Marchese del Grillo” di Mario Monicelli, e nel 1985 ha ricevuto il Nastro d’argento e il David di Donatello come miglior attrice non protagonista per la sua interpretazione in Così parlò Bellavista di Luciano De Crescenzo. Il regista/scrittore l’ha poi voluta anche ne “Il mistero di Bellavista (Oi Dialogoi)” e in “Croce e delizia”.
Approda anche in tv: lavora per Sergio Citti nella miniserie “Sogni e bisogni” (1985) e per Antonello Falqui in “Un altro varietà” (1986), anche se rimane sempre molto più attiva e molto più acclamata sul palcoscenico dove porta “L’isola di Rancho” (1984), “Amanda Amaranda” (1988), “Mamma” (1988, del quale firma anche la regia), “Noi due” e “La musica in fondo al mare” (1991, della quale è anche autrice).
Nel 1992 l’incontro con Lina Wertmüller che la dirigerà “Io speriamo che me la cavo”, e nello stesso anno un’altra vittoria importante grazie a Daniele Lucchetti che la sceglie per “Arriva la bufera”, film con cui vincerà il suo secondo David come miglior attrice non protagonista. E sarà poi la superba madre collerica e moglie tradita in “Parenti serpenti” diretta dal Maestro Mario Monicelli che la vorrà anche per “Panni sporchi”.
Marina Confalone è un’attrice molto amata e da molti registi: per Nanni Loy reciterà in “Pacco, doppiopacco e contropaccotto”, per Mimmo Colapresti reciterà ne “La seconda volta” – che le farà vincere il terzo David di Donatello come miglior attrice non protagonista, e in “La parola amore esiste”; nel 2002 è una madre in “Incantesimo napoletano” di Paolo Genovese e Luca Miniero, interpretazione con cui vincerà il suo quarto David di Donatello, questa volta come miglior attrice protagonista. Nel 2019 vince il suo quinto David – come miglior attrice non protagonista – grazie alla sua interpretazione ne “Il vizio della speranza” di Edoardo De Angelis.
Il 2020 è stato l’anno del suo ritorno sul piccolo schermo: in “Mina Settembre” – serie Rai liberamente tratta dai racconti di Maurizio De Giovanni – e nella discussa trasposizione di “Natale in casa Cupiello”.
Blumunn
Marina Confalone e il suo Blumunn hanno debuttato durante lo scorso Campania Teatro Festival: autrice e protagonista di questo spettacolo, ha affidato la regia a Francesco Zecca, mentre suoi compagni di avventura sono Lello Giulivo e Giovanni Scotti. Blumunn è un ex piano bar ormai completamente abbandonato, spazio in cui si incontrano il giovane Malachia, che sta per trasformare il locale in un market per la vendita di pesce surgelato, e Susy, l’anziana cantante storica del locale che non vi tornava ormai da anni. «Nel rapporto che li coinvolgerà – scrive Marina Confalone – metteranno in atto l’energia di due poli in opposizione per carattere ed intendimenti, avendo contemporaneamente l’occasione di indagare in fondo ai loro cuori. Il “Blumunn” è lo spazio di una vita, quella di ognuno di noi, coi ricordi scanditi dalle canzoni della giovinezza, che hanno segnato il momento in cui ci era promessa la felicità e hanno saputo infiammare la forza d’amare in ciascuno di noi. Tra le sue mura avvolte nell’oscurità riaffiorano ricordi che possono attanagliare il presente nella morsa della rassegnazione oppure, ripescando la musica sommersa in fondo al cuore, farci ritrovare lo slancio d’inseguire ancora la gioia». Malachia rinuncia ai propri sogni, Susy invece continua a rincorrerli: il Blumunn rappresenta la sua vita e i suoi ricordi, è uno spazio vitale per cercare di capire se abbandonare per sempre i nostri desideri o continuare a inseguirli per provare a trovare la gioia. Questo spettacolo apre una riflessione su quanto possono essere penosi gli errori della nostra esistenza e su quanta forza sia necessaria per realizzare i propri sogni.
Dal 2 al 7 novembre al Teatro Mercadante.
Valentina Cimino