«Le emissioni globali di CO2 legate all’energia sono cresciute dello 0,9% o di 321 Mt nel 2022, raggiungendo un nuovo massimo di oltre 36,8 Gt». Il primo messaggio chiave del report “CO2 emissions in 2022” redatto dall’IEA, l’Agenzia internazionale dell’energia, potrebbe apparire come l’ennesimo inascoltato avvertimento della scienza sulla crisi climatica. Eppure, da questo avviso emerge una piccola speranza per il futuro della specie umana. Le emissioni di CO2 derivanti dalla produzione e dal consumo di energia, principale fonte di inquinamento atmosferico, sono cresciute dello 0,9%, o meglio, solo dello 0,9% nel 2022. Non si tratta di un messaggio incoraggiante, se si pensa che, secondo l’IPCC, le emissioni correlate al settore dell’energia dovrebbero diminuire del 7% ogni anno, affinché si raggiunga l’obiettivo del dimezzamento delle emissioni totali entro il 2030. Tuttavia, la notizia dell’IEA fa ben sperare, poiché la crescita delle emissioni energetiche registrate nel 2022 risultano essere di gran lunga minori alle stesse emissioni del 2021, anno in cui si registrò un aumento del 6%.
Se le emissioni di CO2 dovute dall’utilizzo dell’energia hanno subito un incremento di 423 megatonnellate (Mt), durante lo scorso anno l’inquinamento dovuto ai processi industriali è addirittura diminuito di 102 Mt. Un piccolo passo che di certo non rappresenta un segnale di svolta, ma che in fondo, considerato anche il passaggio dal gas al carbone effettuato in molti Paesi, indica che la crescita globale delle emissioni è stata inferiore di quanto previsto.
La riduzione della produzione industriale in Cina ed Europa non è l’unica causa della riduzione dell’inquinamento atmosferico. La grande diffusione di tecnologie a basso impatto ambientale e di energie rinnovabili (veicoli elettrici, pannelli solari, pompe di calore etc.) ha sottratto dall’atmosfera circa 550 Mt di CO2. Buone notizie, accompagnate però da dati di fatto, smorzano qualsiasi facile entusiasmo. Il rapporto dell’IEA è chiaro: il caldo estremo si traduce in un maggior consumo di energia che nel 2022 ha contribuito all’emissione di 60 megatonnellate di CO2. Ulteriori 55 Mt di anidride carbonica sono state rilasciate nell’atmosfera a causa della chiusura di centrali nucleari.
La riduzione dell’uso del nucleare e l’ancora insufficiente produzione energetica delle rinnovabili comportano l’utilizzo di altri tipi di materie, in particolare gas e carbone. Inoltre, l’invasione russa dell’Ucraina ha implicato una diminuzione dell’uso del gas e dell’inquinamento ad esso correlato (-1,6%). Un calo compensato dalla crescita dell’utilizzo del carbone e delle emissioni associate (+1,6%), aumento generato soprattutto dalla crisi energetica che ha riguardato proprio il gas.
La specie umana è ben lontana dal raggiungere gli obiettivi climatici dell’Accordo di Parigi. Nonostante ciò, il messaggio emerso dallo studio redatto dall’Agenzia internazionale dell’energia è lievemente incoraggiante. Lo afferma anche il direttore esecutivo Fatih Birol secondo cui «Gli impatti della crisi energetica non hanno portato al forte aumento delle emissioni globali inizialmente temuto e questo grazie a l’eccezionale crescita delle energie rinnovabili, dei veicoli elettrici, delle pompe di calore e delle tecnologie ad alta efficienza energetica. Senza energia pulita, la crescita delle emissioni di CO2 sarebbe stata quasi tre volte superiore».
I numeri che emergono dal report d’IEA saranno oggetto di discussione durante la COP28 di Dubai, la Conferenza delle Nazioni Unite sul clima che si svolgerà dal 30 novembre al 12 dicembre di quest’anno e che è al centro delle polemiche, poiché presieduta da Sultan Ahmed al Jaber, amministratore delegato del colosso petrolifero ADNOC.
Marco Pisano