Agricoltura e cambiamenti climatici: l'insicurezza alimentare italiana

Il riscaldamento globale e i conseguenti cambiamenti climatici non sono più un problema che riguarderà le future generazioni. Gli eventi meteorologici estremi che proprio in questi giorni hanno colpito il Messico lo dimostrano chiaramente. In Italia non ce la passiamo meglio, considerando che fino alla metà di maggio sono stati ben 175 gli eventi meteo estremi che hanno flagellato il Belpaese. Il settore economico che più risente di tali cambiamenti è senz’altro l’agricoltura che, secondo la Coldiretti, «…è stata compromessa con costi per oltre 14 miliardi di euro in un decennio, tra perdite della produzione agricola nazionale e danni alle strutture e alle infrastrutture nelle campagne».

Il circolo vizioso del comparto agricolo

Per l’Eea, l’Agenzia europea dell’ambiente, l’agricoltura contribuisce al cambiamento climatico e, a sua volta, ne subisce gli effetti. Prendendo atto del fatto che entro il 2050, con l’incremento della popolazione mondiale, la produzione agricola dovrà aumentare del 50% rispetto ai valori del 2012 e che nel contempo fenomeni come le ondate di calore, la riduzione delle precipitazioni, la salinizzazione e la desertificazione stanno distruggendo e distruggeranno sempre più il patrimonio di suoli agrari dell’umanità, ci rendiamo conto di trovarci di fronte all’ennesimo problema che sconvolgerà lo stile di vita a cui siamo abituati e da cui, sembra, non abbiamo nessuna voglia di distaccarci.

Secondo il Cnr il 70% delle aree siciliane è a rischio desertificazione

Analizzando lo studio condotto da un team di ricercatori delle università del Minnesota, di Oxford e di Copenaghen, “Climate change has likely already affected global food production“, pubblicato sulla rivista scientifica PLOS ONE, apprendiamo che l’Europa è tra le zone in cui l’impatto dei cambiamenti climatici avrà un effetto sempre più disastroso. «I rendimenti per tutte le colture dominanti (non tropicali) nell’Europa occidentale e meridionale sono diminuiti del 6,3-21,2% a causa dei cambiamenti climatici», dichiarano i ricercatori. Questo è solo uno degli innumerevoli studi che confermano ciò che abbiamo accennato ad inizio articolo: dobbiamo smetterla di credere che il global warming e il climate change rappresentino problemi per le future generazioni. La distruzione della vita come la conosciamo è già in atto!

L’agricoltura italiana è quindi in grave pericolo. Non solo la desertificazione, che secondo la Coldiretti colpirà un quinto del territorio nazionale nel giro di qualche decennio, anche altri fenomeni come la grandine preoccupano gli agricoltori italiani. Consultando la banca dati europea Eswd, l’associazione di rappresentanza e assistenza dell’agricoltura italiana ha attestato che, a causa della tropicalizzazione del clima, «…nel 2019 sono state rilevate fino ad oggi 135 grandinate lungo la Penisola, il 69% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno». Ecco a cosa si riferiscono gli scienziati quando parlano di emergenza climatica ed eventi estremi.

Soluzioni per un’agricoltura sostenibile

Da dove verrà il nostro cibo? Continuare su questa strada, come se nulla stesse accadendo, non è un’opzione da prendere in considerazione. Considerando la crisi climatica, la riduzione delle risorse naturali, fra cui quelle idriche, e quindi la possibilità limitata di espansione dell’impiego agricolo di terreni, un aumento della produzione agricola che soddisfi la crescita della domanda alimentare dovrà passare obbligatoriamente per un miglioramento della produttività che tenga conto del rispetto e della salvaguardia dell’ambiente. In una parola: agroecologia.

È possibile creare un sistema agricolo che abbia come obiettivo principale la mitigazione dei cambiamenti climatici e la conservazione delle risorse naturali e della biodiversità e che al contempo riesca a sfamare l’intera Europa? Lo studio “An agroecological Europe in 2050: multifunctional agriculture for healthy eating” prende in considerazione proprio questa ipotesi e dimostra come, in soli 10 anni, sarebbe possibile trasformare l’agricoltura europea, puntando sull’agroecologia per sfamare l’intera popolazione entro il 2050.

Ipotesi scientifiche a parte, sono molti i modelli di agricoltura già applicati che hanno un sguardo sul futuro. Dalla rinomata agricoltura biologica che ammette solo l’impiego di sostanze naturali, presenti cioè in natura, escludendo l’utilizzo di sostanze di sintesi chimica, all’agricoltura biodinamica che, oltre a escludere le sostanze di cui sopra, punta ad accrescere la fertilità del suolo tramite la cura del suo fattore fondamentale: l’humus. Fondato sull’interconnessione tra terreno e cielo, questo metodo agricolo punta a rendere la fattoria un luogo in cui le relazioni tra gli elementi che la compongono ne permettono la sopravvivenza reciproca. Un ecosistema indipendente che favorisce la biodiversità e utilizza strumenti quali la rotazione delle colture, l’osservazione delle fasi lunari e dei cicli planetari nella semina e nella coltivazione e l’utilizzo di compost autoprodotti per la concimazione. Altro modello agricolo di cui sempre più spesso sentiremo parlare è la permacultura, ovvero quel metodo di coltivazione che, seguendo strategie ecologiche ben definite, consente di progettare insediamenti agricoli somiglianti agli ecosistemi naturali, capaci quindi di mantenersi autonomamente e di autorinnovarsi con un bassissimo impiego energetico.

L’agricoltura è in prima linea nella guerra contro i cambiamenti climatici. Le soluzioni esistono, quello che deve essere necessariamente potenziato è l’accesso ad esse e ad altre informazioni in favore degli agricoltori. Denunciare la distruzione di interi raccolti non basta più, le organizzazioni che dicono di rappresentare i contadini italiani devono abbandonare l’idea secondo la quale c’è tempo per rimediare agli errori commessi dalla stessa agricoltura in passato. Il cambiamento è già in atto, il disfacimento del settore primario è già in atto. Continuando così, l’insicurezza alimentare busserà presto alle porte del Belpaese.

Marco Pisano

Marco Pisano
Sono Marco, un quasi trentenne appassionato di musica, lettura e agricoltura. Da tre e più anni mi occupo di difesa ambientale e, grazie a Libero Pensiero, torno a parlarne nello spazio concessomi. Anch'io come Andy Warhol "Credo che avere la terra e non rovinarla sia la più bella forma d’arte che si possa desiderare". Pace interiore!

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