La morte di Alika Ogorchukwu e gli effetti della propaganda razzista
fonte: Facebook

Nelle scorse ore il video dell’uccisione di Alika Ogorchukwu ha fatto il giro del web. Ancora un volta abbiamo dovuto assistere alla violenza più brutale esercitata sul corpo di una persona vittima di razzismo. Nel frattempo i media italiani hanno iniziato a parlare di Alika come un “ambulante”, “immigrato”, “straniero”, “nigeriano” e “disabile” che è stato ammazzato “a colpi di stampella”.

Inizialmente, la “colpa” di Alika era stata quella di “importunare la compagna” dell’uomo (Filippo Ferlazzo) che lo ha aggredito e ucciso utilizzando la stampella che usava per camminare. In quest’ottica il razzismo si è unito ad una visione patriarcale che continua a regnare con l’idea di dover difendere la “propria donna” dal pericoloso straniero (basti pensare ai manifesti anti-immigrazione di Forza Nuova, presi dalla propaganda razzista in epoca fascista e riproposti dal partito qualche anno fa).

Questo movente è stato poi smentito dalla stessa fidanzata dell’assassino. Successivamente si è iniziato a parlare dell’insistenza con cui Alika stava chiedendo l’elemosina e, secondo alcune forze dell’ordine, sarebbe morto per “futili motivi”. Mentre in base a quanto riferito da altri giornali, l’assassino, dopo aver ucciso Alika, si sarebbe allontanato con il suo cellulare venendo accusato di rapina – oltre che di omicidio volontario. Tra un’ipotesi e l’altra, la polizia ha dichiarato che era da escludere “energicamente” il movente razzista.

In Italia non esiste ancora un dibattito intorno al razzismo e ogni tentativo di crearlo viene bloccato. Il Paese si limita ad osservare i fatti che accadono oltreoceano – come è avvenuto lo scorso anno con la morte di George Floyd e le successive manifestazioni che dagli Stati Uniti si sono diffuse in tutto il mondo – ma non vuole concentrarsi su ciò che accade in patria, davanti agli occhi di tutti. Alika Ogorchukwu è solamente l’ultima vittima di un sistema basato sulla xenofobia, la paura dello straniero, che viene costantemente alimentata dai media e da una specifica parte della classe politica.

Nel corso degli anni, purtroppo, in Italia tragedie come questa si sono susseguite con un notevole aumento della violenza nei confronti delle persone nere. Dall’omicidio di Ahmed Ali Giama che, nel 1979, è stato bruciato vivo mentre dormiva in un vicolo di Roma, a Mohamed Sow, ucciso e sepolto nel 2001 dopo aver chiesto un aumento di stipendio alla ditta per cui lavorava. Dalla strage camorrista di Castel Volturno in cui sette ragazzi africani hanno perso la vita nel 2008, alla sparatoria effettuata da Luca Traini, militante di estrema destra, che ha ferito sei persone nere nel 2018. Fino alla morte di Willy Monteiro Duarte due anni fa. Questi sono solo alcuni dei casi. Oltre alle morti si registrano molti casi di aggressioni quotidiane, per non pensare ai suicidi (e tentati suicidi) che avvengono nei Cpr in cui le persone sono costrette a vivere in condizioni deplorevoli.

Quando si inizierà a parlare veramente del problema del razzismo? E, soprattutto, quando si smetterà di parlare di immigrazione solamente attraverso la retorica dell’emergenza e della sicurezza? In un Paese in cui politici come Matteo Salvini condividono senza sosta post in cui si dipinge un’Italia messa in ginocchio dai crimini commessi dagli stranieri e dai continui sbarchi irregolari dei migranti che, una volta arrivati in patria, verrebbero accolti in hotel sotto lo sguardo dei partiti rivali che, a quanto pare, non pensano ai cittadini italiani, la paura e l’odio verso l’altro, il diverso, lo straniero non può fare altro che crescere.

La prima preoccupazione del commissario della Lega Marche Riccardo Augusto Marchetti in seguito all’omicidio di Alika Ogorchukwu è stata elogiare Salvini per essere stato «L’unico Ministro dell’Interno a garantire la sicurezza del Paese azzerando gli sbarchi e investendo ingenti risorse per aumentare l’organico delle Forze dell’Ordine». Nel comunicato, inoltre, il commissario ha accusato la sinistra di «combattere un nemico inesistente come il fascismo». Un nemico che, in realtà, non è mai stato sconfitto e continua ad essere supportato da determinate dichiarazioni. Le morti descritte precedentemente sono la triste prova dell’esistenza di una mentalità fascista, razzista e xenofoba che i partiti di estrema destra cercano di tenere nascosta in modo maldestro e che al contempo fomentano in modo quanto mai calcolato.

La morte di Alika Ogorchukwu, stando alle parole di Marchetti e della Lega Marche, è diventata un problema di sicurezza, sì, ma per «gli italiani». Per il commissario, ciò che rende la vicenda vergognosa è il fatto che Alika sia stato ucciso «nel pieno centro di una città turistica e molto frequentata come Civitanova Marche». Nonostante in città si respiri già da tempo una certa tensione, frutto dell’unione tra disagio economico e propaganda razzista effettuata proprio dai partititi di estrema destra. Il “migrante”, “straniero”, “ambulante” è diventata la figura in cui vengono fatte convergere le paure e le ansie dei cittadini e che finisce con l’essere spersonalizzato.

Cindy Delfini

Cindy Delfini
Classe '97, Milano. Studio scienze Politiche, Economiche e Sociali, con un forte interesse verso i diritti civili. Sono appassionata di arte nelle sue diverse forme di espressione: musica, danza, cinema, serie TV, letteratura.

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