«Quello che il napoletano chiama “a fine d’o munno”, il resto del mondo lo chiama Napoli»

Venerdì 6 aprile 2018, al Multicinema Modernissimo è stato presentato “La fine del mondo”; un cortometraggio promosso da #CUOREDINAPOLI dedicato a Napoli, curato dagli studenti del corso di Nuove Tecnologie dell’Arte dell’Accademia di Belle Arti – con la voce narrante di Renato Carpentieri e l’interpretazione di Ilario Franco.

Attraverso questo cortometraggio si racconta la bellezza, storia, cultura, l’arte, la lingua, e la gastronomia che rappresentano la vera essenza di una città che arricchisce a sua volta chiunque la vive. Oltretutto, si svela anche la parte più oscura della realtà partenopea, la parte più indisciplinata, trasgressiva, che in fondo è da sempre radicata in ogni napoletano e con la quale gli stessi studenti dell’accademia si rapportano. Una moltitudine di persone, abitanti, stranieri, turisti, luoghi dove accadono cose, dove c’è un continuo confronto con la realtà quotidiana che permette di guardare nel profondo del cuore di Napoli, espressione da cui prende il nome – tra l’altro – l’iniziativa che ha promosso la proiezione del filmato.

#CUOREDINAPOLI nasce dall’idea che Napoli è una realtà ormai pronta ad accogliere le bellezze e le differenze di ogni cultura così che ogni flusso relazionale venga costruito attraverso l’arte e il coinvolgimento delle persone. Ci sono stati diversi interventi tra cui quello dello stesso Renato Carpentieri – attore e regista teatrale italiano – a sostegno degli spazi per la creatività, la cui istruzione è ritenuta di fondamentale importanza.

Ecco cosa ci riporta l’assessore alla cultura e al turismo Gaetano Daniele:

Secondo lei, in una società martoriata, in piena crisi come la nostra, che ruolo e che importanza ha la cultura?

«Dal mio punto di vista attribuisco – e di questo faccio un po’ il centro anche della mia attività di promozione culturale come assessorato alla cultura – in questo tempo in cui tutto ruota intorno alle lacerazioni, alle solitudini, l’idea che la cultura è lo strumento attraverso cui si può ricostruire una comunità; di solito faccio riferimento a un libro scritto dai due psichiatri Miguel Benasayag e Gérard Schmit che si chiama “L’epoca delle passioni tristi, che sostiene che i giovani vivono in un mondo globalizzato, fatto di minacce, di angosce, di paure, in cui è quasi impossibile declinare la parola futuro,e quasi impossibile pronunciare la parola speranza, e questo li demotiva,li sfiducia,li avvilisce – come dice il grande filosofo Aldo Masullo “non si può vivere senza ricevere e soprattutto senza dare fiducia “, per cui la cultura è riscoprire il senso di stare insieme. Questi stessi autori hanno scritto poi un secondo libro, secondo cui la risposta a quest’epoca delle passioni tristi è la comunità creativa, ragion per cui la cultura è proprio questo, ritornare ad essere una comunità creativa, e in un clima di solidarietà e di rinnovata attività ritrovare un senso nelle cose che facciamo.»

Come diceva Peppino Impastato “bisognrebbe insegnare le persone alla bellezza…”

«Se insegnassimo le persone alla bellezza avremmo meno volgarità, omertà, paura, soggezione verso i potenti – coloro che vogliono affermare il loro potere con la violenza, l ‘arroganza e la prepotenza»

In conclusione “La fine del mondo” è il quadro di una Napoli che parla attraverso quello che arte, immagini, cultura e comunicazione hanno costruito durante questi anni di crisi, ed è la proiezione di una realtà che, pur presentando i suoi lati più ostili, è fonte di ispirazione per molti giovani europei che hanno bisogno di costruire la propria personalità.

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Ilaria Cipolletta

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