Calcio georgiano Urss

L’Unione Sovietica è sempre stata una terra innamorata del calcio, sin dagli albori di questo sport, all’interno di un territorio fortemente multietnico e in cui ognuno aveva le proprie tradizioni. Nel calcio però c’era un filo conduttore comune, ovvero la forte influenza russa nello stile di gioco delle principali squadre dell’URSS, tra cui possiamo nominare la Dinamo Minsk e la Dinamo Kiev, oltre ovviamente alle due squadre di Mosca che per forza di cose erano portatrici di esempio di calcio vincente che in molte volevano imitare. Tuttavia c’era una voce fuori dal coro, una squadra e un territorio che erano lontani dal modo di giocare “alla russa”: la Dinamo Tbilisi, l’esempio del calcio georgiano, una squadra nata per rappresentare solo ed esclusivamente l’identità di questo popolo.

I georgiani si discostavano completamente dal modo di vedere il calcio nelle altre parti del territorio sovietico. La Tbilisi era una squadra nata e forgiata in Georgia e con una fortissima identità territoriale, che per lungo tempo aveva preoccupato il governo centrale proprio per questa sua anima completamente diversa da quella degli altri Stati dell’URSS, ben consci di come i successi sportivi influenzassero fortemente anche l’orgoglio identitario di un paese, come era accaduto in Argentina e in Brasile.

Nell’epoca della Guerra Fredda, l’URSS inziò a convocare sempre più calciatori georgiani nella Sbornaia, quello che noi oggi chiameremmo “all stars” del calcio sovietico. Pur continuando a lasciare i ruoli di “comando” in campo e fuori ai russi, l’Unione si servì per anni dei georgiani come figure rappresentative “non sovietiche” e “non slaviche” per dimostrare una malsana vicinanza al mondo post-coloniale. Quello che però avvenne fu l’ennesimo punto di contatto dei georgiani con un calcio estremamente lontano da quello sovietico e sempre più vicino a quello sudamericano, culminato col match del 1961 tra il Brasile e la Sbornaia.

Il calcio georgiano, tra estetica ed efficacia

La Dinamo Tbilisi giocava un calcio tecnico, in cui dribbling e qualità erano elementi chiave, in totale antitesi rispetto alla fisicità e alla durezza del calcio sovietico. Una continua danza sul pallone, sulla falsariga dei balli tipici georgiani, che il Cremlino desiderava avessero luogo anche a Mosca, per ribadire l’appartenenza all’Unione Sovietica di tutti i popoli. Ma la differenza era lampante ed evidente agli occhi di tutti: in Georgia si giocava un calcio molto più simile a quello sudamericano che a quello sovietico, tanto da essere paragonati al grande Uruguay degli anni ’20. E il senso di appartenenza a quel tipo di gioco andava ben oltre i limiti che il governo sovietico poteva stabilire.

Ma come tutto ciò che c’era in quell’epoca, anche la Dinamo era legata alle vicende del governo, in particolare nella figura di Lavrentii Beria, presidente della squadra, amico di Stalin e non esattamente una delle figure più amabili dell’URSS di quegli anni. E non è un caso che la squadra si ritrovò senza il suo presidente, dopo la morte di Stalin avvenuta nel 1953. Questo tuttavia non scalfì minimamente la bellezza e la forza della squadra di Tbilisi, che furono derubati di un titolo del campionato sovietico, dopo essere stati costretti a rigiocare un match già vinto contro la Torpedo Mosca, per una decisione puramente politica del Cremlino, che non vedeva di buon occhio la vittoria del calcio georgiano contro quello russo. Nulla poté però il governo nel 1964, quando i golden boys vinsero finalmente il campionato sovietico dopo essere arrivati 4 volte secondi, vendicandosi così per i fatti del ‘53, ed elevandosi a quello status quasi mitologico di squadra culto, a cui vennero poi dedicate canzoni e film. Il successo della Tbilisi non era solo un trionfo di campo. Era un trionfo della nazione Georgia nei confronti del mondo sovietico, un moto d’orgoglio nazionalista che possiamo riassumere con le parole di una tifosa che viveva nell’URSS: “da oggi il calcio in Europa si parlerà con accento georgiano”

I successi del calcio georgiano nella Vyssaja Liga preoccuparono notevolmente il governo centrale, per via dell’enorme spinta ideologica che portavano con sé, e ogni vittoria della Dinamo Tbilisi era abbastanza per scatenare risentimenti nell’Unione. Allo stesso tempo, i tifosi della squadra erano stufi di essere identificati non come una squadra georgiana, bensì come una squadra sovietica o addirittura russa, e questo portò a una forte separazione tra il pubblico e la squadra, accusata di non essere abbastanza forte per essere ricordata come “georgiana”.

La fine dell’URSS

L’escalation di ciò che stava succedendo nel mondo, unito al forte desiderio di essere identificati con il nome del proprio paese e non sotto l’Unione, spinsero la squadra più rappresentativa del calcio georgiano a staccarsi dal campionato dell’URSS nel 1990, e le conseguenze di questo gesto si rifletterono ovviamente anche su quella che poi fu la spinta separatista decisiva che culminò nel 1991. Il calcio georgiano, staccatosi definitivamente dalla pressione del Cremlino, si aggrappò ai suoi due migliori talenti dell’epoca: Georgi Kinkladze e Shota Arveladze (divenuto poi il miglior marcatore nella storia della Nazionale georgiana), simboli di una squadra e di una nazione che finalmente era solo Georgia.

Ma mentre la Georgia iniziava la sua nascita come Nazione, il calcio era andato troppo avanti, e la qualità tecnica che da sempre aveva contraddistinto i georgiani si era persa negli anni. Non si poteva più parlare di un calcio alla sudamericana, non c’erano più i giocatori che danzavano come nei balli tipici georgiani. Bisognava rifondare un movimento che per anni era stato magico, quasi mitologico. E il simbolo di questa rinascita è stato senza dubbio Khakhaber Kaladze. L’ex Milan è stato il primo e unico giocatore “interamente” georgiano, e riconosciuto come tale in tutto il mondo, a vincere in Europa e nel Mondo con la maglia rossonera, e anche il primo giocatore dell’ex Unione Sovietica a vincere la Champions League, assieme al suo compagno Andriy Shevchenko. E come per dare una continuità al fortissimo legame tra le vicende calcistiche e politiche in Georgia, oggi Khaladze è il sindaco di Tbilisi, la città in cui il calcio georgiano ha vissuto il suo massimo splendore.

Il sindaco di Tbilisi Kaladze a colloquio con il presidente azero Ilyaev nel 2021. Fonte: Wikicommons


Ora dopo anni di assenza, e la delusione per la mancata esplosione di Zhano Ananidze nel calcio che conta, il calcio georgiano sembra aver trovato nuovamente qualcuno capace di ballare sul pallone come si faceva 60 anni fa. Non sappiamo cosa riserverà il futuro per Kvicha Kvaratskhelia, perché a 21 anni è presto per fare qualunque tipo di previsione o analisi, ma la Georgia ha nuovamente una locomotiva a cui agganciare il treno per la rinascita del suo calcio. Un calcio che sia solo georgiano, un calcio in cui si può ballare con il pallone.

Andrea Esposito

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