È iniziata la COP26, la Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite che si tiene da quasi tre decenni e raggruppa tutti i paesi del mondo per discutere dei cambiamenti climatici. Quest’anno si tiene a Glasgow, nel Regno Unito, per la durata di dodici giorni. Durante la seconda giornata di incontri si è discusso dello stop alla deforestazione.
La deforestazione è un fenomeno cresciuto sempre di più negli anni a causa dell’industrializzazione: serve ulteriore spazio per le industrie a causa dell’enorme richiesta di prodotti come la carne, la soia – utilizzata maggiormente come foraggio per il bestiame da macello – e l’olio di palma. Secondo uno studio del WWF, entro il 2030 ben undici luoghi – Amazzonia, Nuova Guinea, Bacino del Congo, Australia e Africa Orientale – rappresenteranno l’80% della perdita di foreste a livello globale ed entro il 2050 oltre 230 milioni di ettari di foresta scompariranno. È la distruzione delle zone boschive a causare un quarto dell’emissione di gas serra – i principali sono CO2 e metano – l’estinzione di numerose specie di animali e piante e l’aumento del rischio di frane e alluvioni.
Secondo gli Accordi di Parigi, entro la fine del secolo bisogna mantenere i livelli di temperatura entro 1,5°C, ma ormai raggiungere questo numero sembra impossibile se non si attua un piano ferreo: dagli ultimi studi scientifici si apprende che con la concretizzazione di uno stop alla deforestazione, con il ripristino degli ecosistemi e attraverso il miglioramento delle pratiche agricole tra il 2020 e il 2050, si potrebbe effettivamente diminuire del 20-30% la temperatura terrestre rientrando nei limiti dell’Accordo.
Durante la COP26 è stata stilata la dichiarazione dei Paesi sulla deforestazione, dove tutti i leader dei Paesi firmatari promettono di unire le forze per «conservare le foreste e altri ecosistemi e accelerare il loro ripristino; implementare e, se necessario, ridisegnare la politica e i programmi agricoli per incentivare un’agricoltura sostenibile e promuovere cibo sicuro e dare beneficio all’ambiente». Firmando questo progetto, i Paesi coinvolti si impegnano a finanziare 15 miliardi di sterline: 8,7 coperti dai fondi pubblici e 5,3 da investimenti privati, di cui un miliardo verrà usato per proteggere il bacino del Congo, che ospita la seconda foresta tropicale più grande al mondo. Tra i firmatari troviamo Xi Jinping, Joe Biden, Jair Bolsonaro e Vladimir Putin. Da guardare con occhio attento è la firma di Bolsonaro che non è conosciuto per essere un grande amico dell’ambiente, avendo ripetutamente colpito la foresta amazzonica causando in questo modo una grande deforestazione. Il presidente degli Stati Uniti d’America Joe Biden, dopo aver mostrato il progetto americano per salvare l’ambiente – l’America concederà 9 miliardi di dollari per risanare le zone disboscate e ripopolarle – non ha perso l’opportunità di criticare la Cina e la Russia per non essersi presentati alla conferenza «Penso sia stato un errore per la Cina non presentarsi, hanno perso l’opportunità di influenzale le persone di tutto il mondo e le persone qui presenti, come si può fare così e poi rivendicare una leadership mondiale? Lo stesso vale per la Russia di Putin». Sebbene Biden con le sue parole abbia voluto spostare il riflettore sull’America come Paese da cui ripartirà la lotta alla crisi climatica, il non aver firmato l’accordo per abbandonare l’energia elettrica proveniente da fonti fossili (carbone) mina la credibilità degli Usa.
Il carbone è uno dei principali responsabili delle emissioni di gas serra. Diminuire l’utilizzo di tale fonte fossile è necessario per limitare l’aumento della temperatura globale. Ad accompagnare l’America di Biden c’è la Cina di Xi Jinping il quale, non solo non ha firmato l’accordo per diminuire l’uso del carbone, ma ha aumentato la produzione giornaliera di oltre un milione di tonnellate.
Gli accordi raggiunti durante la COP26 sullo stop alla deforestazione sono un grande passo in avanti per la salvaguardia dell’ambiente, ma bisognerà avere massima attenzione sull’operato dei Paesi che se da un lato dicono di essere a favore di un cambiamento green, dall’altro rimangono fermi nelle loro inquinanti abitudini.
Gaia Russo