Palazzo Albergati a Bologna, in via Saragozza 28, apre le porte per un intricato e minuzioso viaggio all’interno dell’arte messicana del XX secolo. La mostra, inaugurata il 19 novembre 2016, resterà accessibile fino al 23 marzo e presenta la Collezione Gelman nata nel 1941, in seguito al matrimonio di Jacques Gelman e Natasha Zahalkaha. La raccolta annovera opere di autori come María Izquierdo, David Alfaro Siqueiros, Rufino Tamayo e Ángel Zárraga. Protagonisti indiscussi restano, ad ogni modo, Diego Rivera e Frida Kahlo, una delle coppie artistiche più discusse e influenti del secolo e cuore pulsante della “Rinascita messicana” (1920-1960).
Frida Kahlo aveva già varcato, tra il 2014 e il 2015, i confini italiani con due esposizioni, di cui una alle Scuderie del Quirinale incentrata sulla sua opera e i legami con la storia del tempo; e la seconda, al Palazzo Ducale di Genova che invece ha focalizzato la propria attenzione sull’arte di Frida accompagnata a quella di Rivera.
In questo nuovo iter, i due punti di vista precedenti si mischiano per dare vita ad un percorso che vede i due artisti calati appieno all’interno di un Messico febbricitante e fiorente; e li riconosce, ormai, icone fondamentali di una collezione che ha vinto l’azione obliosa del tempo.
Il primo tassello di questo ricco puzzle è il ritratto di Natasha Gelman commissionato a Diego Rivera dallo stesso Jacques. Questo è solo l’inizio. La raccolta presenta pezzi straordinari oltre i dipinti, quali disegni, litografie, abiti, gioielli e fotografie.
Novità indiscussa della mostra allestita a Bologna è la sezione dedicata all’influenza esercitata dal complesso personaggio di Frida sulla moda contemporanea: Gianfranco Ferrè, Marras e Valentino sono solo alcuni degli stilisti italiani più famosi che hanno acconsentito a partecipare.
Dopo alcune sale di introduzione alla collezione e ai cardini dell’avanguardia messicana, si entra nel cuore della mostra con le tappe dedicate esclusivamente all’artista messicana che porta il nome della friede; sale intrise della sua sensibile psiche ed del suo inimitabile tocco. Si passano a rassegna foto, abbozzi, disegni e si susseguono Autoritratto con collana (1933), Autoritratto seduta sul letto (1937), Autoritratto con scimmie (1943). Immancabili i riferimenti al suo tragico e corrosivo amore per Diego come La sposa che si spaventa vedendo la vita aperta (1943) e L’abbraccio amorevole dell’universo, la terra (il Messico), Diego, io e il signor Xolotl (1949). Un donna ferita, stroncata fisicamente da un incidente, privata della maternità, troppo spesso accantonata dal suo uomo ma che non hai smesso di lottare e che, alla fine, ha vinto: sfiancata dalla vita ma affascinante, piena di timori ma forte, donna ma artista ed insegnante, tradita ma pur sempre innamorata.
Autoritratto come Tehuana (1943) conclude questo percorso catartico nella sofferenza. Ed è impossibile, anche solo in minima parte, non aver sofferto e amato con lei.
La mostra, a cura di Gioia Mori, è stata allestita da Arthemisa Group. Sponsor del progetto, l’INBA (Instituto Nacional de Bellas Artes).
Pamela Valerio