Dal 4 al 10 giugno 2018, Milano ha reso omaggio alla fotografia con la seconda edizione della Milano Photoweek. Milano Photoweek è un modo per avvicinare i cittadini alla fotografia, facendo scoprire la sua capacità di scavare, interpretare e raccontare la realtà, sempre con senso critico, non sfociando mai nel banale.

L’edizione 2018, promossa dal comune di Milano, ha permesso di entrare in contatto con il mondo della fotografia in tutte le sue forme: dai reportage di guerra a foto di design e architettura, dai racconti di celebri fotografi agli scatti di quelli esordienti, dalle biografie per immagini degli artisti alle immagini del mondo. La città di Milano ha potuto così offrire un vasto programma di eventi e incontri, arricchiti da mostre, laboratori, progetti editoriali, opening, fissage, proiezioni, film e molto altro. Le molteplici istituzioni aderenti alla Milano Photoweek, dalla GAM a BASE, dalla Triennale a Palazzo Letta, dal museo di fotografia contemporanea ad Armani Silo, dalla Fondazione Prada ai Frigoriferi Milanesi e Fondazione Stelline, hanno permesso di diffondere l’iniziativa in tutti i punti nevralgici della città.

Uno dei luoghi più importanti di quest’edizione di Milano PhotoWeek è stato sicuramente Palazzo Reale, che ha offerto la possibilità di visitare gratuitamente diverse mostre, con la collaborazione di Musei Vaticani, Centro Ceco di Milano, Whirlpool EMETA e Artsfor in collaborazione con Expowall.
Le mostre più significative e interessanti, da noi selezionate, sono state: Praga: da una primavera all’altra. Liberazione 1945, Occupazione 1968; In piena luce. Nove fotografi interpretano i musei vaticani, Whirpool: I luoghi contano. E raccontano.

In piena luce. Nove fotografi interpretano i musei vaticani, è un progetto nato con l’intento di creare una nuova collezione, il primo fondo di fotografia contemporanea delle collezioni dei Musei Vaticani, con lo scopo di far emergere il rapporto possibile tra tradizione e sperimentazione.

Il più affascinante e famoso museo del mondo, luogo di storia e multiculturalità, diventa così oggetto di un lavoro creativo e interpretativo di nove artisti internazionali. A questi nove individui, con nove formazioni, interessi, sguardi critici e sensibilità diverse, viene data la possibilità e la responsabilità di approfondire, attraverso un reportage per immagini, la conoscenza delle collezioni e delle opere situate nel museo. Come sottolinea anche il direttore di Palazzo Reale, Domenico Piraina:

«La fotografia è quindi uno strumento usato non per immortalare semplicemente la realtà, ma per darne un’interpretazione maggiore. E allo stesso tempo il fotografo non è un semplice esecutore, ma un interprete critico di questa realtà.»


Grazie a sguardi e approcci diversi, è così possibile diventare durante questa mostra partecipi di una narrazione inconsueta, spiazzante e stimolante. La fotografia, considerata da sempre un genere artistico, non è mai del tutto obiettiva, ma è per sua natura soggetta a modifiche e trasformazioni. La realtà che riproduce è opera di un filtraggio di più azioni, dalle più tecniche alle più soggettive. E anche la sensazione che lo spettatore riceverà sarà quella di un montaggio di atti interpretativi differenti, volti alla formazione di una visione critica dell’insieme, e non di un semplice giudizio o di una semplice impressione. La critica è ciò che ci permetterà di vivere questa narrazione in modo stimolante, con una consapevolezza emotiva e strutturale, nei confronti dell’opera, del tutto superiore.
I fotografi coinvolti: Alain Fleischer, Massimo Siragusa, Francesco Jodice, Antonio Biasiucci, Martin Parr, Rinko Kawauchi, Mimmo Jodice, Bill Armstrong, Peter Bialobrzeski, agiscono tutti puntando su aspetti diversi.
Alain Fleischer dà importanza all’esperienza spaziale e temporale, Massimo Siragusa con la sequenza di immagini Spazio e Materia si concentra sulle aree più classiche del museo, Francesco Jodice si interroga sul ruolo del visitatore con il ritratto del “viandante museale”. Antonio Biasiucci è l’unico tra i nove invece a lavorare nei depositi, luogo privato e segreto di ogni realtà museale. Martin Parr scatta tra la folla, concentrandosi sugli aspetti più veri e paradossali della società, Rinko Kawauchi si cimenta sugli intervalli spaziali e temporali, mentre Mimmo Jodice volge il suo sguardo sulle opere della classicità. Bill Armstrong è l’unico a lavorare sulle opere della Cappella Sistina, in particolare sugli affreschi del Quattrocento e sui gesti che animano la Volta e il Giudizio di Michelangelo. Infine Peter Bialobrzeski si sofferma sulla configurazione architettonica dei Musei stessi.

Nove sguardi così differenti catturano in questo modo 200 scatti del luogo più affascinante ed emblematico della storia, creando un forte legame tra ciò che è tradizione e classicità con ciò che è contemporaneità, innovazione e sperimentazione.

Marta Barbera

Marta Barbera
Classe 1997, nata e cresciuta a Monza, ma milanese per necessità. Laureata in Scienze Umanistiche per la Comunicazione, attualmente studentessa del corso magistrale in Editoria, Culture della Comunicazione e della Moda presso l'Università degli Studi di Milano. Amante delle lingue, dell'arte e della letteratura. Correre è la mia valvola di sfogo, scrivere il luogo dove trovo pace.

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