La notizia del passaggio di Beppe Sala alla formazione politica dei Verdi europei ha creato non pochi malumori nell’ambiente ecologista italiano. Più che una strategia a favore delle future generazioni, con questa mossa il partito ambientalista italiano sembra non volersi distaccare da quel vecchio e stantio modo di fare della politica nostrana. I nomi (e quindi i voti) prima dei fatti. Si perché se è vero che la speranza di cambiamento non muore mai, è altrettanto vero che nel settore della tutela ambientale chi di greenwashing ferisce, di greenwashing perisce. I fatti, i numeri, gli studi, i rapporti dicono che Beppe Sala non è altro che un nome atto ad attirare voti (quanti?) di quella generazione che per decenni è rimasta indifferente alle stesse problematiche ambientali che oggi dice di voler affrontare. Ai giovani non piace Sala, o meglio, ai giovani non piace il modo di ragionare che lo ha portato a far parte dei Verdi europei. Le future generazioni sono state più che chiare: giustizia climatica, coerenza, scienza. Fatti, non masturbazioni.
Quelli che dovrebbero ascoltare le future generazioni sembrano invece fare orecchie da mercante, riempiendosi la bocca di frasi quali «attuare quel cambiamento in grado di avviare, in Italia, la transizione ecologica che affianchi la giustizia ambientale alla giustizia sociale, venendo incontro anche alle richieste delle giovani e dei giovani che hanno riempito le piazze in questi anni». Proprio con queste parole Europa Verde ha accolto tra le sue fila il sindaco di Milano. Nella lotta per la salvaguardia ambientale però i sentimentalismi che spingono il popolo a essere pro o contro Sala contano zero. Importanti invece sono i fatti: come ha operato Beppe Sala in quasi cinque anni di amministrazione? Il gioco “dentro tutti purché portino voti” vale la candela?
Beppe Sala nei Verdi europei
«Caro Beppe, insieme faremo grandi cose». Il caloroso benvenuto di Europa Verde, gruppo italiano dei Verdi europei, all’attuale sindaco di Milano Beppe Sala è carico di fiducia, speranza e buone intenzioni. Se è impossibile prevedere il futuro, è invece molto semplice valutare l’operato in materia di tutela ambientale del Comune di Milano sotto la guida di Sala. Secondo l’indagine di Openpolis sulla spesa delle amministrazioni comunali, Milano si classifica al quinto posto nella graduatoria inerente la “spesa pro capite per la tutela dell’ambiente” nelle città con più di 200.000 abitanti con 37,65 euro investiti nel 2019 e una diminuzione degli investimenti green dell’1,5% rispetto ai quattro anni precedenti.
La quantità non fa la qualità, anzi. Sono molte le voci secondo le quali grazie soprattutto a Beppe Sala, Milano parrebbe essere diventata la capitale italiana del greenwashing. Ne è un esempio simbolico la vicenda riguardante il Parco Bassini, uno dei pochi spazi verdi della città. «L’operazione condotta al parco Bassini il 2 Gennaio dal Politecnico di Milano, con il supporto di uno spropositato spiegamento delle Forze dell’Ordine, ha rivelato inequivocabilmente la debolezza e l’ipocrisia del Comune sul tema del consumo di suolo». La denuncia di Milano in Movimento fa da sfondo a una triste realtà che vede il capoluogo lombardo sempre più vittima del consumo di suolo. Altro che tutela ambientale: sotto la guida Beppe Sala, Milano ha continuato a consumare territorio. Lo conferma “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici. Edizione 2019.“, il rapporto dell’Ispra secondo cui nel solo 2018 la città, di cui il 57,5% del totale del territorio risulta essere già coperto, ha visto sottrarsi ulteriori 11 ettari di terreno.
Chiaramente un solo anno di dati non può raccontare in pieno l’operato di un’amministrazione comunale. Lo chiarisce Michele Munafò, responsabile del rapporto Ispra, che in un’intervista ha dichiarato: «Il fenomeno del consumo di suolo dovrebbe essere valutato su un periodo temporale più ampio di un singolo anno. Per esempio bisogna considerare che nei sette anni della rilevazione di Ispra, Milano ha aumentato il consumo di suolo di 125 ettari e il trend discendente dovrà semmai essere confermato nei prossimi anni». I numeri non sono incoraggianti. Accogliendo Beppe Sala senza un neanche un minimo di esitazione, i dirigenti di Europa Verde dimostrano di avere molta fiducia nella “strategia della speranza” più che in un piano di reclutamento basato su numeri reali. Col rischio di sembrare banali, non esiste occasione più adatta per ricordare la strada per la sesta estinzione di massa è lastricata di buone intenzioni (e di greenwashing).
Capitolo inquinamento atmosferico. La classifica AQI (World Air Quality Index) posiziona Milano tra i primi venti posti nella graduatoria delle aree urbane con il peggior inquinamento dell’aria al mondo. Pessime notizie anche dal rapporto “Mal’aria di città 2021” che conferma il costante sforamento dei limiti previsti per le polveri sottili (Pm10 e Pm2.5) in 35 capoluoghi di provincia su 96. Secondo il report di Legambiente, tra le dieci peggiori città italiane, Milano è al sesto posto con 79 giorni di sforamento nel 2020. Ancora una volta i dati non danno ragione a Beppe Sala. I Verdi europei dovranno mettere pressione al sindaco di Milano e aiutarlo a mettere in pratica le misure ecologiche necessarie.
Tutela ambientale o greenwashing?
Con la convinta adesione di Beppe Sala, i Verdi europei, rappresentati in Italia da Europa Verde, si ritroveranno ad affrontare una sfida fondamentale non solo per Milano, ma anche e soprattutto per il futuro di altre città metropolitane europee. Rendere ecosostenibile il capoluogo lombardo non è roba da poco e una svolta green in tal senso potrebbe rappresentare un’incoraggiamento per altre amministrazioni comunali. Progetti quali Forestami, che prevede la piantumazione di tre milioni di alberi entro il 2030, rappresentano un buon passo in avanti nella lotta all’inquinamento e ai cambiamenti climatici.
A tali piani devono però seguire strategie di contenimento delle attività antropogeniche. In parole povere, non basta piantare alberi se si continua a consumare suolo, non basta riforestare aree degradate se non si affrontano in maniera diretta le maggiori cause di inquinamento. Pensare che gli interventi compensativi di rimboschimento possano in qualche modo giustificare la continua aggressione alla natura non ha niente a che vedere con la tutela ambientale, ma rappresenta un chiaro esempio di greenwashing e questo i Verdi europei lo sanno bene.
Un esempio su tutti lo fornisce Greenpeace con caso emblematico riguardante gli interventi per la ristrutturazione e l’ampliamento degli impianti sciistici nel comprensorio sciistico del Monte Terminillo (TSM2), nel Lazio. Per l’associazione ambientalista infatti «Il progetto TSM2 rischia di avere un impatto inaccettabile sui boschi: secondo il WWF ROMA, si stima l’abbattimento di circa 17 ettari di bosco, 1.700 alberi vetusti e la perdita di circa 6.5000 metri quadri di praterie primarie. La Regione pensa di poter ovviare a questa perdita con interventi compensativi di rimboschimento non ben specificati: un’idea che non ci convince per niente, visto che questo tipo di interventi spesso è inutile o addirittura dannoso».
Ai non pochi malumori degli attivisti ambientali ha risposto il co-presidente dei Verdi europei secondo cui «La scelta di Sala dimostra che tante persone di diversa origine politica stanno capendo la necessità di un cambiamento fondamentale nel modo in cui vanno governate le città». Se Beppe Sala riuscirà a mettere in pratica le buone intenzioni che lo hanno portato a far parte dei Verdi europei solo il tempo potrà dirlo. La speranza di una evoluzione ecologica da parte di quei politici affermati che negli ultimi anni hanno dimostrato poca affinità con la vera tutela ambientale, nascondendosi dietro il greenwashing, sarà l’ultima a morire, ma, citando Greta Thunberg «C’è una cosa che ci serve più della speranza: è l’azione!».
Marco Pisano