Il valore politico arte: perché bellezza è partecipazione
Fonte immagine: https://www.ondarossa.info/tag/lucha-y-siesta

La Premio Nobel Toni Morrison affermava nel suo saggio “Rootedness: The Ancestor as Foundation” del 1984 che «l’arte migliore sia politica, e che si debba riuscire a renderla al contempo indubbiamente politica e irrevocabilmente bella». Oggi a riflettere sul valore politico della bellezza e dell’arte, declinate secondo il paradigma femminista, scendono in campo diversi collettivi, da Lucha y Siesta a CHEAP.

L’associazione e centro antiviolenza del romano Lucha y Siesta promuove lo scambio nutriente tra chi produce arte e chi abita lo spazio politico e anche culturale della Casa delle Donne, e lo fa attraverso numerose iniziative. Recentemente sulla cresta dell’onda, il fumettista Zerocalcare, noto per la serie del momento “Strappare lungo i bordi“(Netflix), ha preso parte ad uno dei progetti di Lucha: “Al di là degli stereotipi (a fumetti)“, tenendo un workshop unitamente a Carola Susani e Rita Petruccioli. Con la scelta del fumetto si indaga un linguaggio popolare e «capace, nel mettere in relazione immagine e testo, di restituire […] un immaginario che non sta mai fermo». Un immaginario in movimento è un immaginario in cui è possibile cambiare le cose e combattere delle battaglie anche sul piano comunicativo, dove maggiormente entrano in gioco arte e bellezza. «Lucha dialogando con Bande de Femmes e CHEAP delinea le prerogative del fare arte “al servizio” di battaglie politiche».

CHEAP è un progetto di public art fondato da 6 donne a Bologna nel 2013, di cui si vuole qui menzionare l’iniziativa HER NAME IS REVOLUTION: nuovo progetto di arte pubblica con Rebecca Momoli, che vede alcuni poster su Bologna, dallo scorso 1° Ottobre 2021, per rivendicare lo spazio urbano. Inglobate in questo progetto tutta una serie di realtà come ERT / Teatro Nazionale, e il progetto europeo Atlas of Transitions e Matria – Immaginari della maternità contemporanea, e prospettive tradotte poi in slogan, tra i quali: «In un mondo che ci vuole piccole rivendicare spazio è un atto rivoluzionario», sintesi del tema della città femminista con la prospettiva body positive.

Questi ultimi due temi portano alla luce l’urgenza di un bello artistico che sia politico, inclusivo e partecipativo. Un unico grande dialogo tra corpi, personalità e spazio che questi vanno a occupare, anche in termini di presenza sulla grande piazza del dibattito pubblico. La stessa Momoli, artista visiva del progetto sopracitato, vive il suo lavoro nell’interconnessione della pratica artistica con l’attivismo e l’urgenza politica dei messaggi che vuole trasmettere.

Altra artista che, di sicuro, approfondisce i temi delle battaglie delle donne nella sua poetica è la napoletana Marisa Albanese, deceduta lo scorso agosto all’età di 74 anni, e attualmente in istallazione al Museo MADRE di Napoli con Le Tre Combattenti: parte di un lungo progetto sull’energia delle donne e sul loro ruolo nella storia culturale e politica del nostro tempo, sviluppato nel corso degli anni. Nell’anno 2000, ad esempio, queste figure femminili si declinano in un’opera dedicata alla memoria delle donne di Napoli cadute lottando contro il nazifascismo durante le “Quattro Giornate di Napoli” del 1943, e destinata all’omonima stazione della Metropolitana di Napoli, tra le prime della nascente “Metropolitana dell’Arte”, che da allora le ospita definitivamente.

Come per i tanti -ismi del passato, anche oggi non sfugge il grande potere comunicativo dell’arte, una carica dialettica esponenziale che ci riporta allo slogan femminista old but gold «il personale è politico». Da ciò si vogliono dedurre dei comuni denominatori alla base sia della creazione artistica che del sociale e dell’economia, riprendendo quel pensiero di Beuys secondo cui per cambiare il mondo bisogna partire da sé stessi, dalle idee e iniziative delle persone: «Arte e creatività giocano un ruolo decisivo, aiutando la civiltà a progredire nel suo sviluppo e il singolo a partecipare creativamente all’azione collettiva, resa così opera, scultura sociale. Beuys ritiene che ciascuno debba essere “artista” partecipando creativamente alla politica» – come scrive Martina Corgnati su Cariplo.

La nuova bellezza che scaturisce dalla partecipazione creativa diventa altra, altra dai canoni estetici massmediatici, altra dalle forzature di un pinkwashing edulcorato. Si aprono così le porte ad una bellezza profonda, come il bianco delle combattenti, decolonizzata come propugnava Morrison, e femminista nel senso più largamente intersezionale del termine. Una bellezza che non ha paura di rivendicare i suoi spazi, fisici e ideologici, ricostruendo canoni e proporzioni in modo itinerante, di battaglia in battaglia.

Ivana Rizzo

Femminista, laureata all'Orientale di Napoli, appassionata di linguistica e di musica, osservo come queste due influiscono sulla vita di tutti i giorni. Amo i giochi di parole e il sarcasmo.

1 commento

  1. Titolo intrigante, scrittura decisa, documentazione che incoraggia il lettore a riflessioni ed approfondimenti.
    Complimenti

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