Riviste
Fonte: scuola.repubblica.it

Il XX secolo è stato indubbiamente un periodo ricco di avvenimenti di diverso tipo: politico, economico, culturale e sociale. Per seguirne i cambiamenti le riviste del primo novecento costituiscono un importante punto di riferimento dal quale partire. Un luogo ideale in cui sono riscontrabili le voci di collaboratori di diversa provenienza geografica e ideologica, (socialisti, antipositivisti, cattolici) che risultano essere tra i nomi più celebri della cultura italiana.

Attraverso la loro diffusione, le riviste del primo novecento diventano lo specchio di un’inquietudine generale e dell’esigenza di mettere in atto un cambiamento culturale e sociale. Premessa fondamentale è la crisi del Positivismo, filosofia dominante nella seconda metà dell’Ottocento. L’approccio positivista aveva conferito certezza e sicurezza esclusivamente alla realtà visibile e tangibile, al contempo guardava con fiducia al progresso  scientifico e tecnologico come strumento inteso ad affrancare dalla miseria e dalla superstizione. Le idee positiviste entrano in crisi per una serie di cause: le scoperte sulla relatività di Einstein, l’attività di Freud, le lotte sociali e l’imperialismo degli stati più forti.  Da queste premesse nascono il Decadentismo, le ideologie totalitarie, imperialiste e le ideologie irrazionalistiche che porteranno ai due conflitti mondiali.

In proporzionalità diretta con questo ribollente clima di mutevolezza fioriscono numerose riviste, tra le prime «La Critica» di Benedetto Croce. «La rivista di letteratura, storia e filosofia», questo era il sottotitolo, uscì la prima volta il 20 gennaio del 1903 e ad essa collaborarono personalità come Giovanni Gentile e Francesco Flora. Negli anni bui della storia italiana ed europea, la rivista rimase l’unico richiamo alla libertà e alla ragione. Questo fu possibile grazie all’attivismo dl fondatore e alla sua notorietà che gli forniva una protezione dinanzi al regime fascista che temeva di metterlo a tacere. Il 20 di ogni mese pari, il filosofo pubblicava le sue battaglie in difesa della libertà, propugnava il proprio idealismo storicistico, vale a dire una concezione della storia come progressiva realizzazione dei più alti valori di civiltà, ma intanto conduceva le sue battaglie letterarie contro il «vuoto» del Decadentismo e la filosofia del Positivismo.

Contro il positivismo e in favore di un’apertura della cultura italiana alla cultura europea d’avanguardia si levarono altre riviste come «Leonardo», fondata dal fiorentino Giovanni Papini e dal perugino Giuseppe Prezzolini.  Questi, nel 1908, in collaborazione col primo, inoltre, fondò una delle riviste più celebri del tempo: «La Voce». La rivista somigliava a un vero e proprio salotto letterario in cui erano raggruppati diversi autori: Benedetto Croce, Giovanni Gentile, Luigi Einaudi, Gaetano Salvemini, Aldo Palazzeschi, Dino Campana e altri. Di volta in volta dibattevano di questioni culturali e dei problemi concreti della società italiana: suffragio universale, questione meridionale, scuola.

Contemporaneamente a «La Voce», a Firenze viene pubblicata una nuova rivista: «Lacerba», fondata da Papini e Ardengo Soffici. Il titolo allude a un poemetto trecentesco condannato al rogo per eresia. La rivista ne assume il carattere anticonformista per polemizzare contro i miti vigenti nella società borghese, denunciare la falsità e l’ipocrisia per esaltare le forze istintive dell’uomo. Ad essa collaborarono nomi come Ungaretti, Marinetti, Govoni e Sbarbaro.

Nel immediato primo dopoguerra, nel 1919, nasce a Roma una nuova rivista: «La Ronda». I collaboratori si definivano «i sette savi» (tra i quali: Cardarelli, Cecchi, Montano e Saffi), un modo romanzato per alludere all’intento di avversare i movimenti avanguardisti per restaurare, invece, la tradizione classica avente come modelli Manzoni e Leopardi. La rivista, già nel titolo e nell’immagine recante un soldato che richiama a raccolta i commilitoni, vuole sottolineare il richiamo all’ordine, in particolare ad una restaurazione classicistica che consisteva in una prosa musicale ed equilibrata descrivente paesaggi, avventure fantastiche e personaggi del passato, difendendo, al contempo e con forza, il proprio disimpegno politico.

Alla piccola serie di riviste del primo Novecento se ne aggiungo tante altre, «Solaria» di Alberto Carocci; «Novecento» di Bontempelli; «Ordine Nuovo» di Gramsci e «Il Regno» di Corradini, ognuna importante per diverse ragioni, ma sopra di tutte il confronto col valore della cultura e della poesia, ad oggi fiumi in caduta libera verso un mare spesso vuoto.

Alessio Arvonio

Classe 1993, laureato in lettere moderne e specializzato in filologia moderna alla Federico II di Napoli. Il mio corpo e la mia anima non vanno spesso d'accordo. A quest'ultima devo la necessità di scrivere, filosofare, guardare il cielo e sognare. In attesa di altre cose, vivo.

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