Mirko Filippi ha 20 anni e vive a Bergamo. Si è diplomato quest’anno presso l’istituto Galileo Galilei Luxemburg di Milano in indirizzo grafico/audiovideo. Durante gli anni di studio ha lavorato come aiuto fotografo presso uno studio fotografico di Bergamo e ha creato alcuni video promozionali per la squadra di enduro mtb della quale fa parte come atleta. Ha avuto modo di svolgere diverse gare che hanno segnato la sua notorietà in Italia e in Europa.
Ma in quanti conoscono davvero cosa sia “enduro”?
Enduro è una specialità del motociclismo. Deriva dall’inglese “endurance“, cioè “resistenza”, infatti tale disciplina consiste in gare di regolarità che si svolgono su strade sterrate con qualsiasi condizione del terreno e meteorologica. Si richiede ai piloti grande resistenza fisica e, soprattutto, tanta concentrazione.
Enduro nasce in Europa per poi diffondersi in tutto il resto del mondo riscuotendo molto successo. Tuttavia, essendo un sport abbastanza costoso non viene sponsorizzato quanto gli altri, più convenzionali.
Data la sua giovane età, abbiamo deciso di intervistarlo per conoscerlo meglio e farci raccontare, a parole sue, i pro e contro di questo sport: enduro.
Ciao Mirko, com’è nata la tua passione per le bici? A che età ti sei avvicinato a questo mondo?
Mi sono avvicinato alle biciclette alla giovane età di 6 anni ereditando questa passione da mio nonno che era allenatore di una squadra locale. Dopo tre anni di bici da corsa mi sono appassionato ad altri sport (calcio e basket) fino all’età di 16 anni, quando ho scoperto di poter unire la mia passione per le bici a quella per la natura grazie all’enduro mtb. Ho iniziato così ad andare in mountain bike dapprima per divertimento e poi a livello agonistico iscrivendomi in una piccola squadra gestita da un negozio di articoli per ciclisti nei pressi del mio paese.
L’anno successivo, forte delle mie capacità di guida, sono riuscito ad entrare in una squadra di riferimento a livello nazionale: il team Fristads Mondraker Comes Dsb, sotto la guida di Bruno Zanchi, ex campione del mondo. Faccio parte tuttora di questo team e condivido la mia passione oltre che con i miei compagni di squadra, anche con mio padre che ha corso per anni in cross country. Per praticare questo sport occorre una bicicletta particolare: deve essere come prima cosa una bici biammortizzata, il che significa composta da forcella anteriore e un ammortizzatore posteriore che altre tipologie di biciclette non hanno, come la bici da corsa. Questo consente di poter pedalare fuori strada e percorrere sentieri sconnessi, con facilità, senza che il ciclista subisca grossi colpi.
Come funzionano le gare nel mondo del ciclismo? E soprattutto, a che tipo di gare hai partecipato negli anni?
Ad ogni gara viene consegnato: il numero di partenza, un dispositivo che segnala i tempi (cip), alcuni adesivi (punzonature) da posizionare sulla bici, che non consentono la sostituzione di alcune parti durante la gara, e infine una tabella con gli orari previsti per le partenze di ogni prova.
I trasferimenti per raggiungere le varie prove speciali “ PS”, non sono calcolate nel tempo gara finale, ma bisogna comunque rispettare i tempi previsti nella tabella di partenza per non prendere penalità.
In genere in ogni gara sono previste 4/5 prove speciali che variano di lunghezza, con una durata media tra i 5/10 minuti l’una. A seconda dell’importanza della gara, aumenta il chilometraggio, il dislivello e la difficoltà del tracciato.
Le mie prime gare, sono state a livello regionale, nelle quali partecipavo in autonomia con il supporto meccanico di mio padre, cercando di imparare il più possibile guardando i vari team. Seppur alle prime armi sono riuscito a posizionarmi più volte tra i primi 10 della mia categoria, e questo mi ha invogliato a cercare corsi, che mi permettessero di conoscere al meglio e mettere in pratica i trucchi di questo sport.
Per i miei 18 anni, mi sono fatto regalare un corso con Bruno Zanchi e il team Fristads, che si svolgeva in due giornate presso la località “La Thuile” in Val D’Aosta. Quell’esperienza è stata per me una grande opportunità perché ho potuto farmi conoscere, e ho avuto il privilegio di essere convocato a far parte di questa grande squadra, seguito da professionisti sia a livello atletico che meccanico .
Il secondo anno quindi ho partecipato a gare regionali e nazionali in Lombardia, Toscana, Piemonte, Liguria, Val D’aosta e in Trentino ottenendo una crescita di buoni risultati verso la fine della stagione con una vittoria nella categoria Juniores.
Il terzo anno a causa della pandemia non abbiamo avuto la possibilità di gareggiare, per metà stagione. Nel frattempo ho avuto un infortunio alla caviglia che mi ha bloccato per quasi un anno, non permettendomi di partecipare al campionato Italiano che si è svolto a Calci (PI) e alle altre gare regionali della stagione. Grazie al supporto del mio fisioterapista e al mio preparatore sono riuscito a salire in sella, pronto per affrontare le nuove gare 2021. Quest’anno infatti oltre alle gare regionali, ad un nono posto all’italiano a causa di alcune cadute, la mia grande soddisfazione finora è l’essermi qualificato al campionato del mondo “Enduro World Series” .
La particolarità delle gare “EWS” è quella che le prove speciali possono essere provate dai rider solo una volta nel giorno precedente alla gara. Sta quindi all’abilità dell’atleta ricordarsi e memorizzare in quell’unica prova i tratti del percorso più critici. Grazie alla mia qualificazione, nel mese di settembre e ottobre prenderò parte ad altre gare “EWS” a Crans Montana (Svizzera), a Finale Ligure e a Tweed Valley (Scozia), cercando di ottenere il miglior risultato nella categoria Under 21.
Qual è stata, tra tutte, la gara che più porti nel cuore e perché?
Sicuramente la mia prima vittoria a Oasi Zegna nel circuito 4Enduro.
Durante l’inverno mi ero preparato moltissimo; la mattina mi alzavo alle 5 per allenarmi nel garage di casa mia, che avevo attrezzato con tappetini, pesi e i rulli per poter pedalare, per poi alle 6.30 prendere il bus e recarmi a scuola e nel pomeriggio uscivo ad allenarmi nei sentieri vicino a casa. Il giorno della gara, ero molto concentrato.
La prima prova l’ho affrontata con cautela cercando di non commettere errori, nelle altre ho dato il tutto per tutto. Solitamente i risultati sono in live di conseguenza tra una prova speciale e l’altra so in che posizione della classifica mi trovo. Durante la penultima prova il mio pensiero non era molto positivo, mi sembrava di essere sempre poco veloce e non ero soddisfatto, ma quando ho visto che potevo raggiungere la prima posizione, ero talmente emozionato che nella mia ultima prova ci ho messo testa, gambe e concentrazione, e finalmente la vittoria è arrivata, anche io per la prima volta ero sul gradino più alto del podio.
Essendo giovanissimo ed avendo ottenuto già tanti riconoscimenti sorge spontaneo chiederti: cosa ti piacerebbe diventare “da grande”?
Per quanto riguarda il mio domani, questi anni di formazione mi hanno fatto capire che tutte le conoscenze acquisite a livello grafico mi aiuteranno sicuramente nel mio futuro lavoro, ma in particolare per le mie passioni. Ambisco ad una formazione universitaria, in “Scienze economiche”, che mi possa permettere di poter dirigere, un giorno, un’azienda nel campo ciclistico, così che passione e lavoro possano intrecciarsi e permettermi di realizzarmi in campo professionale e sportivo.
Cosa consiglieresti a tutti i giovani che come te hanno una passione diversa dagli sport convenzionali che invece vengono sponsorizzati molto di più?
In effetti non è semplice affrontare questa scelta se non si hanno determinazione e passione.
All’inizio mi sono ritrovato ad affrontare gli allenamenti e mi sono documentato su internet visionando video, ma non solo: spesso e volentieri, ancora oggi, mi munisco di decespugliatore e attrezzi per pulire i sentieri, che spesso rimangono abbandonati, per potermi allenare. Nonostante tutto non ho mai rinunciato perchè la mia passione è molto più forte, quindi consiglierei a chi vuole intraprendere uno sport poco conosciuto come il mio, di non mollare mai! Oggi ho la fortuna di essere seguito dai miei genitori e da una grande squadra che mi sostiene, ma come in tutti i settori gli sponsor sono fondamentali per la sopravvivenza. Purtroppo è uno sport costoso, per le attrezzature, gli spostamenti e le iscrizioni alle gare che necessitano di molto personale per la sicurezza e per l’organizzazione.
Ho un progetto che mi piacerebbe tanto realizzare nel mio paese, per promuovere questo sport: costruire una piccola pista Pump-track, dove poter insegnare ai bambini le basi di questa disciplina, e poter trasmettere loro la mia passione, ma anche per questo purtroppo il volontariato non è sufficiente.
È normale che la maggior parte delle persone punti a sport più conosciuti, come calcio, basket o pallavolo, che sono anche più semplici ed economici da praticare. Ritengo però che l’enduro mi abbia fatto crescere sotto tanti punti di vista molto importanti:
– organizzativo: nella mia squadra è richiesto anche un buon livello scolastico, ed ogni quadrimestre dobbiamo inviare la scheda di valutazione al capitano, quindi devo cercare di far coincidere allenamenti, studio e gare; questo comporta andare a letto presto, rinunciare a volte a serate con gli amici, mangiare sano;
– manualità: ho imparato a montare e smontare la mia bicicletta, conoscendo la funzione di ogni singolo pezzo, grazie ai meccanici della squadra ma anche alla ricerca online per la soluzione dei vari problemi che mi si presentano;
– responsabilità: essendo, come ho già detto uno sport oneroso, cerco di contribuire alle mie spese con qualsiasi lavoro che riesca a trovare;
Ognuno di noi è responsabile della sua attrezzatura, quindi abbiamo imparato a mantenere al meglio tutto ciò che abbiamo a disposizione;
– spirito di squadra: pur essendo uno sport singolo, essere squadra è fondamentale. Ci si aiuta a preparare la bicicletta; si condividono le difficoltà delle varie prove e si cerca insieme il modo migliore per affrontarle. Prepariamo e condividiamo i pasti durante i trasferimenti; ci immergiamo in una competizione “sana” e gareggia per vincere ma siamo tutti amici anche tra team diversi, e questa è la cosa che più mi piace nell’enduro; il rispetto.
Sono cose che probabilmente in ogni sport si possono ottenere, ma nel nostro c’è quel giusto mix tra squadra e individualità, tra passione per lo sport e passione per il mondo che ci circonda, e per questo credo meriti più attenzione mediatica.
Sabrina Mautone